domenica 27 dicembre 2015

Giusy Balatresi - Giusy Balatresi (1970)












 Una cantante che sicuramente avrebbe meritato maggior fortuna, Giusy Balatresi: un solo album inciso, quello di cui parliamo oggi, più tre 45 giri, tutti realizzati in un paio d'anni.
Pur non essendo una cantautrice, il suo 33 giri è però un disco che è dedicato alla canzone d'autore, italiana e straniera: il primo paragone che mi viene, pur nelle inevitabili differenze stilistiche, è con un LP di Donatella Moretti, "Storia di storie" (che però, al contrario di questo della Balatresi, è stato ristampato in CD).
Pisana, Giusy si mette in luce nel 1967 al Cantapiper, manifestazione organizzata dall'RCA Italiana per individuare nuovi talenti, ed ottiene un contratto con questa casa discografica; l'album arriva nel 1970, ed è prodotto da Vincenzo Micocci, che sappiamo attento alla canzone d'autore.
La canzone di apertura (che però ritorna nel corso del disco, anche se ciò non è indicato né nel retro di copertina né sull'etichetta) è una sorta di annuncio programmatico dell'album, scritta da Giuseppe Lo Bianco per il testo e dai fratelli De Angelis (che si occupano anche degli arrangiamenti del disco) per la musica, si intitola "Canzoni" e sfuma nel brano successivo, "Magnifica età" di Ugolino (con la musica del suo collaboratore dell'epoca, Pino Cappelletti), che fu pubblicato anche su 45 giri (sul retro "Mi piace la tua faccia"); l'altra canzone di Ugolino, il valzer "Come per miracolo", si trova sul lato B.
"Sola in città" è la versione (con testo di Lo Bianco, come peraltro quasi tutte le cover di canzoni straniere) di "I guess the Lord must be in New York City" di Harry Nillson, canzone che ricorda molto nell'arrangiamento un suo successo precedente, "Everybody's talking" (che però era stata scritta da Fred Neil), nota per essere stata inserita nella colonna sonora di "Un uomo da marciapiede".
"Sole", canzone scritta da Mickey Newbury, era stata incisa da Gene Vincent, mentre nel 1973 la inciderà anche il suo autore (nell'album "Heaven help the child") e nel 1975 Ray Charles ne darà una sua versione.
Con "Gira la terra" inizia una trilogia di canzoni di Donovan, il cui cognome sul retro di copertina è storpiato in Leitche: la prima è una versione di "Sun", mentre "Lo sai" è "Oh gosh!", entrambi i brani tratti dall'album del 1967 "A gift from a flower to a garde", uno dei dischi più belli dello scozzese; infine "Lalena", con il testo di Daniele Pace, sfuma nella ripresa di "Canzoni", mentre gli altri due brani di Donovan sono "il granchio e il vagabondo", cioè "The thinker and the crab" (dal già citato disco del 1967) e "Colori", cioè "Colours", con il testo di Herbert Pagani già inciso da altri artisti (i Corvi, ad esempio). 
Il lato B si apre con una cover di "Leabvin' on a jet plane", uno dei primi successi di John Denver, seguito dalla celeberrima "Amore che vieni, amore che vai", una delle poche canzoni di Fabrizio De André di cui è autore unico, sia del testo che della musica.
Il Don Powell autore della musica della bella "La donna del lago" non è il batterista degli Slade, ma un omonimo, cantante dei Folkstudio Singers, celebre gruppo gospel che partecipò anche al Festival delle Rose nel 1967 e che si dedicò poi alla carriera da solista.
Bob Dylan è presente con "Lay lady lay", su cui Luigi Albertelli scrive un testo che si allontana dall'originale e intitolato "Sei come sei"; il brano sfuma nella terza ed ultima parte di "Canzoni", che conclude il bel disco della Balatresi.


LATO A

1) Canzoni (Giuseppe Lo Bianco-Guido e Maurizio De Angelis)
2) Magnifica età (Guido Lamberti-Giuseppe Cappelletti)
3) Sola in città (Giuseppe Lo Bianco-Harry Nillson)
4) Sole (Giuseppe Lo Bianco-Mickey Newbury)
5) Gira la terra (Giuseppe Lo Bianco-Donovan Leitch)
6) Lo sai (Giuseppe Lo Bianco-Donovan Leitch)
7) Lalena (Daniele Pace-Donovan Leitch)
8) Canzoni (ripresa) (Giuseppe Lo Bianco-Guido e Maurizio De Angelis)

LATO B

1) Tra poco volerò via (Giuseppe Lo Bianco-John Denver)
2) Amore che vieni, amore che vai (Fabrizio De André)
3) Il granchio e il vagabondo (Giuseppe Lo Bianco-Donovan Leitch)
4) La donna del lago (Giuseppe Lo Bianco-Don Powell)
5) Colori (Herbert Pagani-Donovan Leitch)
6) Come per miracolo (Guido Lamberti-Giuseppe Cappelletti)
7) Sei come sei (Luigi Albertelli-Bob Dylan)
8) Canzoni (finale) (Giuseppe Lo Bianco-Guido e Maurizio De Angelis)

giovedì 24 dicembre 2015

Roberto Balocco - Le canssôn dla piola 2 (1965)












Nonostante i tanti anni di attività, credo che in questo blog non abbiamo mai parlato di Roberto Balocco, ed è un peccato, perchè si tratta senza alcun dubbio di uno dei massimi esponenti della canzone in lingua piemontese, che si è dedicato per molti anni sia a recuperare il vecchio patrimonio popolare folk sia ad arricchire con nuove composizioni questo repertorio.
Negli anni '60, quando la sede della Fonit-Cetra era in via Bertola 34 a Torino, Balocco ha pubblicato una serie di 33 giri intitolati "Le canssôn dla piola", traducibile come "Le canzoni dell'osteria": quello che presentiamo oggi è il secondo, pubblicato nel 1965.
Sul retro di copertina vi è una presentazione del disco e dell'artista, curata da Guido Boursier, e delle note per ogni brano che, per chi non capisce il piemontese, consentono di seguire l'argomento della canzone.
Il disco contiene alcuni brani che sono diventati molto noti nel repertorio di Balocco, ad esempio "Tango dla soma d'aj" (per gli amici del blog del Centro Italiam, la "soma d'aj" è l'equivalente della bruschetta con l'aglio), con il testo di Piero Novelli, "Neto Paracchi" e "La rampa d' Cavôret", già presentata nel blog nell'interpretazione di Mario Piovano: quest'ultimo è in realtà un brano popolare, ma se provate a cercare nell'Archivio Siae potete trovare ben tre depositi....
La canzone che preferisco io è invece "Sôn ses meis", un triste brano d'amore.
Balocco è accompagnato al basso da Gino Luone (già incontrato nel blog in un post su Beppe d'Môncale') mentre collabora agli arrangiamenti il Maestro Giancarlo Chiaramello, anche alle tastiere, musicista in forze alla Fonit-Cetra.

 LATO A

1) Tango dla soma d'aj (Piero Novelli-Roberto Balocco)
2) Giacôlin (Roberto Balocco)
3) Capôral Trômbetta (tradizionale)
4) Sôn ses meis (Roberto Balocco)
5) 'l blagheur (Roberto Balocco)
6) 'l marziano (Piero Novelli-Roberto Balocco)

LATO B

1) La rampa d' Cavôret (Roberto Balocco)
2) La famija numerôsa (tradizionale)
3) 'l filobôs (Piero Novelli-Roberto Balocco)
4) Mi sai tut (Roberto Balocco)
5) Gioanin pe' d bosch (Roberto Balocco)
6) Neto Paracchi (Piero Novelli-Roberto Balocco) 

domenica 13 dicembre 2015

Gian Pieretti - Cianfrusaglie (1974)




Dopo l'album "Il vestito rosa del mio amico Piero" Dante Pieretti, che tutti conoscono come Gian, ritorna alla Vedette per un solo 45 giri, e passa poi alla Dig-It, etichetta per cui pubblica a novembre 1974 questo disco, "Cianfrusaglie", che vede la collaborazione di Ivan Graziani, anche lui in quel periodo con la Dig-It, che suona le chitarre, il banjo e il flauto (e di cui si ascolta qui e là anche la voce).
Dalle canzoni del disco emerge l'interesse di Gian Pieretti verso i cantautori della West Coast: la canzone d'apertura, "Dolce negli occhi", se cantata in inglese potrebbe venir fuori da un disco di Neil Young...ed infatti è seguita da una cover di "Harvest", con un testo che si differenzia totalmente dall'originale.
In "Io pazzo no" a un certo punto c'è un verso, "Io vendo la mia pazzia", che mi fa venire in mente "Venderò" di Bennato, di due anni successivi; il testo è comunque interessante, con molti spunti pacifisti.
In "Ragioni di vita", bella canzone acustica, è in evidenza la chitarra di Graziani, che si sente nel coro, mentre in "Viola" lo si ascolta anche al flauto e, nella coda strumentale, alla chitarra elettrica.
"Io di chi" mi ricorda un po' certe canzoni di Drupi del periodo, cose come "Sereno è": è forse la canzone in cui è più evidente il controcanto di Graziani nel ritornello.
"Periferia" è una ballata un po' più ritmata della media del disco, con un bel testo, mentre sono acustiche "Undici di sera", canzone d'amore e di solitudine, e "Francesca no", uno di quei ritratti femminili tipici di Graziani.
Conclude questo bel disco, che andrebbe riscoperto (e ristampato in CD) "Fammi vivere", con un inizio di pianoforte e armonica.
Ivan Graziani collabora con Pieretti alle musiche di "Viola" e scrive quelle di "Francesca no", mentre in altre due canzoni, "Io di chi?" e "Fammi vivere" collabora nella scrittura Claudio Damiani, chitarrista che collabora ancora oggi con il cantautore; infine "Ragioni di vita" e " Undici di sera" hanno le musiche di Bruno Longhi, che suona il basso e l'organo.
Oltre ai già citati Graziani e Longhi, completano il gruppo dei musicisti Sergio Poggi (componente dei Flora Fauna Cemento, come Longhi) alla batteria e al pianoforte, Maurizio Preti alle percussioni e lo stesso Pieretti all'armonica a bocca.
La produzione è curata da Pippo La Rosa, uno dei quattro titolari della Dig-It (gli altri sono il già citato Damiani, Vitaliano Caruso ed Eugenio Del Sarto)


LATO A

1) Dolce negli occhi (Gian Pieretti)
2) Canada (Gian Pieretti-Neil Young)
3) Io pazzo no (Gian Pieretti)
4) Ragioni di vita (Gian Pieretti-Bruno Longhi)
5) Il viola (Gian Pieretti-Ivan Graziani-Gian Pieretti)

LATO B

1) Io di chi? (Gian Pieretti-Claudio Damiani-Gian Pieretti)
2) Periferia (Gian Pieretti)
3) Undici di sera (Gian Pieretti-Bruno Longhi)
4) Francesca no (Gian Pieretti-Ivan Graziani)
5) Fammi vivere (Gian Pieretti-Claudio Damiani-Gian Pieretti)

martedì 8 dicembre 2015

AA.VV. - Gli Italiani cantano i Beatles (1995)












Come sapete, oggi è l'anniversario dell'assassinio di John Lennon: sono già passati 35 anni, e nel frattempo se n'è andato anche George Harrison....ho pensato quindi di dedicare il post di oggi ad una compilation pubblicata nel 1995 dalla Mercury e dedicata appunto ai Beatles, per meglio dire ad alcune cover in italiano dei quattro di Liverpool (ed infatti il disco si intitola "Gli Italiani cantano i Beatles").
L'idea della raccolta venne a Vincenzo Mollica, che la propose a Stefano Senardi, allora alla Polygram (la Mercury era infatti una delle etichette del gruppo, con la Philips, la Polydor ed altre), ed in breve venne fatta la selezione dei brani, privilegiando ovviamente gli artisti più famosi: mancano quindi i nomi più sconosciuti dei tanti gruppettini che negli anni '60 avevano inciso cover dei Beatles (mi riferisco a nomi come Danny Lorin, Cico Mauro e i Quattro dell'Iride, i Birilli e i Castellani); i Soliti Ignoti che propongono una versione di "With a little help from my friends" sono in realtà Ricky Gianco con alcuni musicisti milanesi (tra cui alla batteria Massimo Boldi).
Il disco si apre e si chiude con due cover di "Let it be": la prima è del 1970 di Patrick Samson, mentre la seconda risale al 1988 ed è dei Powerillusi (era il lato B del nostro primo 45 giri): devo dire che il testo di Minellono non regge il paragone con quello di Ricotta (ma non so quanto sono credibile con questa affermazione....).
Dicevamo che si tratta di cover in italiano, ma c'è un'eccezione, ed è "Nowhere man", che è riproposta dagli Shampoo in napoletano, "N'omme 'e niente": come tutto il loro disco, del resto, su cui prima o poi ritorneremo.

Artichoke fields forever

Particolare la versione di "Yesterday" di Claudio Villa: il testo è di due componenti dei Marcellos Ferial, che per primi avevano inciso la canzone con il titolo "Ieri": e credo che sia l'unica occasione in cui Villa convive sullo stesso supporto con Demetrio Stratos, voce solista dei Ribelli in "Oh darling".
Il paroliere più presente è Mogol, con ben quattro pezzi, mentre gli altri che lo seguono (Vito Pallavicini, Don Backy e Felice Piccarreda) firmano due canzoni.
Oltre a noi, l'unico torinese presente è Domenico Serengay, che traduce "Norwegian wood" per i Camaleonti, ancora con Ricky Maiocchi alla voce.
Il libretto interno presenta alcuni errori, ad esempio "Cambia tattica" di Gianco è datata 1974 invece di 1964, Felice Piccarreda è citato come "Piccaredda"....cose del genere che danno l'idea di un lavoro grafico un po' approssimativo.
Il disco è da anni fuori catalogo, ovviamente.....!

  1) Patrick Samson - Dille sì (Let it be) (Cristiano Minellono-J. Lennon-P. McCartney)
  2) Peppino Di Capri - Girl (Mario Cenci-John Lennon-Paul McCartney)
  3) Gianni Morandi - Una che dice di sì (Here, there and everywhere) (Bruno Lauzi-Lennon-McCartney)
  4) Ricky Gianco - Cambia tattica (From me to you) (Roberta Leonardi-Vito Pallavicini-Lennon-McCartney)
  5) Augusto Righetti - Michelle (Ricky Gianco-Vito Pallavicini-John Lennon-Paul McCartney)
  6) Fred Bongusto - Non ti cambierei (Golden slumbers) (Felice Piccarreda-Paolo Limiti-Lennon-McCartney)
  7) Patty Pravo - La tua voce (And I love her) (Don Backy-Mogol-John Lennon-Paul McCartney)
  8) I Bit Nik - Hello goodbye (Mogol-John Lennon-Paul McCartney)
  9) I Soliti Ignoti - Un piccolo aiuto dagli amici (With a little help from my friends) (Mogol-John Lennon-Paul McCartney)
10) Fausto Leali - Lei ti ama  (She loves you) (Giuseppe Cassia-P. Salinelli-John Lennon-Paul McCartney)
11) I Nuovi Angeli - Obladì obladà (Felice Piccarreda-Mogol-John Lennon-Paul McCartney)
12) I Camaleonti - Se ritornerai (Norwegian wood) (Domenico Serengay-Luigi Menegazzi-John Lennon-Paul McCartney)
13) I Ribelli - Oh darling (Luigi Albertelli-John Lennon-Paul McCartney)
14) Dino - Cerca di capire (I should have know better) (Don Backy-J. Lennon-P. McCartney)
15) Shampoo - N'omme 'e niente (Nowhere man) (Shampoo-J. Lennon-P. McCartney)
16) Rolando Giambelli - Cos'hai (I'll be back) (Rolando Giambelli-J. Lennon-P. McCartney)
17) Claudio Villa - Yesterday (Marcelllo Minerbi-Tullio Romano--J. Lennon-P. McCartney)
18) Powerillusi - Lato B (Let it be) (Vince Ricotta-John Lennon-Paul McCartney)

domenica 6 dicembre 2015

I 20 dischi più rock della musica italiana (secondo Federico Guglielmi)


Premesso che questo post è uno spot (ah ah ah) per una rivista, "Classic Rock", che consiglio a tutti e che è realizzata da molti amici miei e di questo blog (Francesco Coniglio e Maurizio Becker, ad esempio...), volevo cogliere l'occasione di una lista fatta da Federico Guglielmi, con i relativi commenti, dei venti dischi più rock della musica italiana, pubblicata nei numeri 35 e 37 (l'ultimo, quello di cui vedete la copertina qui sopra) della rivista.
Come peraltro lo stesso Guglielmi scrive, questo tipo di liste sono legate anche a criteri soggettivi, premettendo che più o meno tutti questi dischi hanno un valore indiscusso, e questa che segue è la sua lista, in rigoroso ordine alfabetico per artista (per gli approfondimenti vi rimando ai due articoli cartacei):

"20 album italiani veramente rock" (da Classic Rock n° 35 e 37)

  1) Afterhours - Hai paura del buio?
  2) Area - Crac!
  3) Boohoos - Moonshiner
  4) Calibro 35 - Ritornano quelli di...
  5) CCCP Fedeli alla linea - Affinità-divergenze...
  6) Cheap Wine - Crime story
  7) Carmen Consoli - Mediamente isterica
  8) Death SS - Heavy demons
  9) Fast Animals and slow kids - Hybris
10) Eugenio Finardi - Diesel
11) Garybaldi - Nuda
12) Gianluca Grignani - La fabbrica di plastica
13) Litfiba - 17 re
14) Not Moving - Sinnermen
15) I Ragazzi dai capelli verdi
16) Raw Power - Screams from the gutter
17) Stepplejack - Serena Maboose
18) Timoria - Viaggio senza vento
19) Uzeda - Different section wires
20) Verdena - Requiem

Per quel che può valere, a parte qualche disco, su molti non sono d'accordo, in particolare per alcune esclusioni riguardanti album (e artisti) secondo me fondamentali per lo sviluppo del rock nella penisola, che magari poi in seguito hanno deluso realizzando dischi di scarso valore ma che, in certi periodi, sono stati sicuramente dei riferimenti (penso ad esempio a Bennato). Mi è venuta quindi l'idea di preparare la mia lista dei venti dischi rock italiani fondamentali....in pochi casi ci sono state delle coincidenze, che non ho motivato, mentre negli altri ho anche provato, nela maniera più sintetica possibile (non avendo a disposizione pagine e pagine di carta), a motivare la scelta: ovviamente mi aspetto critiche e, perchè no, le liste di chi segue il blog (premettendo che ovviamente sappiamo tutti che si tratta di un gioco e che queste liste lasciano il tempo che trovano....!); sempre in rigoroso ordine alfabetico per artista, ecco a voi

 I 20 dischi più rock della musica italiana (secondo Vito Vita)

  1) Area - Arbeicht macht frei - A mio parere, pur essendo "Crac!" un gran disco, questo è superiore, innanzitutto per l'impatto innovativo.
  2) Avvoltoi - Il nostro è solo un mondo beat - Credo che Moreno Spirogi sia uno dei più importanti musicisti rock italiani, più di tanti altri (molto più celebrati da certi critici musicali). Un gruppo che ha rivitalizzato e riattualizzato le sonorità sixties.
  3) Franco Battiato - Pollution - Dei dischi Bla Bla di Battiato, ero incerto tra "Pollution" e "Sulle corde di Aries", credo che tutti però meritino; forse "Pollution" è quello in cui le sperimentazioni sonore sono più equilibrate e musicalmente riuscite.
  4) Lucio Battisti - Amore e non amore - Quattro strumentali vicini al prog orchestrale e quattro canzoni, di cui un rock'n'roll, "Se la mia pelle vuoi", ed una lunga cavalcata sonora, "Dio mio no", con coda strumentale; musicisti del calibro di Radius, Di Cioccio, Mussida, Baldan Bembo, Premoli, Mussida.
  5) Edoardo Bennato - Io che non sono l'imperatore - Il rock'n'roll di "Meno male che adesso non c'è Nerone", il rock-blues di "Signor censore", il blues di "Il professor Cono", le ballate "Feste di piazza" e "Ci sei riuscita", per non parlare dei testi (l'irriverente "Affacciati affacciati" e il divertissement "Io per te Margherita") e della copertina. In seguito Bennato inciderà dischi di maggior successo (tra il 1977 e il 1980), poi avrà delle cadute repentine, ma questo disco, insieme al precedente "I buoni e cattivi" e al successivo "La torre di Babele", segna una via italiana al rock completa. Tra l'altro credo che Bennato sia stato il primo musicista italiano etichettato come "punk": nella recensione del 45 giri "Salviamo il salvabile/Ma che bella città", pubblicata su "Ciao 2001" n° 5 del 3 febbraio 1974 Manuel Insolera scrive: "Ci troviamo forse di fronte al primo musicista italiano autenticamente e genuinamente punk?Parrebbe proprio di sì".
  6) CCCP Fedeli alla linea "Affinità-divergenze..."
  7) Adriano Celentano - Adriano Celentano con Giulio Libano e la sua orchestra - Il disco d'esordio del Molleggiato, dopo moltissimi 45 giri (alcuni contenuti nell'album): non sarà stato il primo (Ghigo, per esempio, inizio qualche tempo prima), ma sicuramente è stato il rocker italiano della prima ondata che ha avuto il successo maggiore, e con canzoni come "Il tuo bacio è come un rock", "Il ribelle", "Blue jeans rock" (attenzione! Non cover, ma brani originali italiani) ha contribuito a svecchiare e a modernizzare la scena musicale italiana.
  8) Carmen Consoli - Mediamente isterica
  9) Equipe 84 - Stereoequipe - Alcuni lo hanno definito il "Sergent Pepper" della musica italiana: ma qui a Torino siamo soliti dire "Esageroma nen...". Rimane un disco (con 7 originali e 5 cover) che traccia una strada al beat italiano, in cui si mischiano il Battisti di "29 settembre" e "Nel cuore, nell'anima" con il Guccini di "E' dall'amore che nasce l'uomo" e "Per un attimo di tempo", il jazz di Stan Kenton con i Traffic di Winwood, l'orchestra del Teatro La Scala con il sitar e le tabla.
10) Eugenio Finardi - Diesel
11) Franti - Non classificato - Un gruppo che ha raccolto meno legna di quella che abbia seminato (e se mi legge Stefano Giaccone capirà a cosa mi riferisco). Di loro consiglierei tutto: ma qui, in effetti, trovate di loro tutto (o quasi).
12) Ivan Graziani - Pigro - Un ponte tra il rock e la canzone d'autore, come altri (il già citato Bennato, e il citato più sotto Maolucci), ma con un attenzione alla provincia italiana che lo rendono unico, insieme alla capacità di raccontare in musica delle storie e dei personaggi (indimenticabili in questo disco il ladro di "Monna Lisa", il bandito di "Fango", l'intellettualoide di "Pigro", il disadattato di "Scappo di casa") ed all'originalità come chitarrista.
13) Litfiba - Desaparecido - Questo è secondo me l'unico disco vero dei Litfiba: a mio parere, in "17 re" emergono di più le individualità che non il gruppo. E poi canzoni come "Eroi nel vento", "Istambul" e "Tziganata".
14) Enzo Maolucci - L'industria dell'obbligo - Oggi dimenticato (anche qui a Torino lo ricordano in pochi), eppure uno dei più originali cantautori rock italiani, soprattutto in questo disco e nel successivo "Barbari e bar". Belle canzoni, con tematiche scomode (come in "Rita Fenu") e in un brano, "Omicidio e rapina", quasi un'anticipazione del punk, nel 1976
15) Napoli Centrale - Napoli Centrale - Il "nero a metà" James Senese è sicuramente più vicino al jazz che al rock, ma con la seconda versione degli Showmen prima (l'album di "Abbasso lo zio Tom") e con i Napoli Centrale poi ha creato una fusione (parola non scelta a caso) tra vari elementi, in un jazz rock melodico ("Campagna" resterà una delle più belle canzoni italiane).
16) Premiata Forneria Marconi - Storia di un minuto - Sicuramente altri dischi sono stati pubblicati prima ("Collage" delle Orme), qualcuno preferisce altri gruppi (il Banco del grandissimo Di Giacomo, ad esempio), tuttavia la PFM ha portato nel mondo, anche negli Stati Uniti, quello che alcuni avevano definito lo "spaghetti rock". In questo disco ci sono, tra le altre, "Impressioni di settembre" e quella "E' festa" in cui il rock si fonde con la tarantella (e che inglesi e americani conoscono come "Celebration").
17) Massimo Priviero - San Valentino - Alcuni credono che il rock italiano sia Vasco Rossi e Ligabue. Credo che Priviero sia, visto anche il resto della sua produzione successiva a questo primo album (con la collaborazione di Little Steven), più sincero e genuino, pur con meno riscontri dal punto di vista del successo di pubblico rispetto ai due "mostri sacri" citati prima.
18) Clem Sacco - In action - Ogni lista deve avere qualche elemento fuori dalle righe: in questa c'è questo CD antologico, pubblicato dalla On Sale Music, che racchiude alcuni 45 giri di quello che è stato, tra i primi rocker italiani (i già citati Ghigo e Celentano, ma anche Brunetta, Ricky Gianco, Little Tony e tanti altri) con i suoi testi stralunati il vero precursore del rock demenziale: ascoltatevi canzoni come "Mamma voglio l'uovo alla coque" o "Baciami la vena varicosa"....d'altronde il rock nasce come demenziale (leggetevi i testi tradotti di "Blue suede shoes", "Tutti frutti" o "Be bop a lula".....).
19) Skiantos - Kinotto - Forse la dimenticanza più grossa della lista di Guglielmi è questa: la totale assenza di un qualsiasi disco degli Skiantos, che con il loro rock demenziale sono stati i veri artefici del punk in Italia. Imprescindibili i primi album, "Kinotto" forse è però il più completto: e poi ricordiamoci che un kinotto ogni due ore fa passare il malumore
20) Le Stelle di Mario Schifano - Dedicato a.... - Concludiamo questa lista con un disco nato a Torino, registrato negli studi della DKF e pubblicato nel novembre 1967: uno dei dischi più importanti della musica italiana, non solo del rock, con una suite che occupa tutto il lato A. Nulla da invidiare alle sperimentazioni di altri artisti d'oltremanica e d'oltreoceano

martedì 1 dicembre 2015

Sergio Caputo - Sergio Caputo (1981)












L'RCA aveva lanciato nel 1980 il Q Disc, che come ricorderete aveva le dimensioni di un normale 33 giri ma soltanto quattro canzoni, due per lato, con una durata, più o meno, la metà di un normale LP; la Ricordi rispose con gli Ep30, una serie di vinili che avevano la caratteristica di essere incisi da un solo lato; il primo fu quello di Ettore Sciorilli, il figlio del maestro Eros, un altro fu quello dei Divieto di Sosta.....ma avremo modo di ritornarci in seguito
Stando alla copertina, Ep sta per "estremamente pallido", mentre 30 era, più o meno, la durata del disco.
Sergio Caputo era reduce da un contratto con la IT di Micocci, per cui aveva inciso un 45 giri in stile cantautore (maggiori notizie le potete trovare nel blog del Vampiro), dopodichè aveva deciso di trasferirsi a Milano, città in cui lavorava come grafico pubblicitario e in cui era riuscito ad ottenere un contratto con la Ricordi, per cui pubblicò solo questo disco prima di raggiungere il meritato successo passando alla CGD con "Un sabato italiano".
Parliamo delle quattro canzoni: "Ehi ehi tu" ricorda ancora lo stile del periodo romano, ed è sicuramente il momento più dimenticabile del minialbum, mentre il brano successivo, "Meglio così", è invece la canzone più riuscita del disco, ed è quella che forse ricorda di più il Caputo dei dischi CGD, almeno musicalmente.
"Il professore" è  basato su una chitarra acustica, mentre il testo descive un personaggio solitario che frequenta i bar, probabilmente conosciuto da Caputo nel corso delle sue scorribande romane notturne tra night ed Hemingway Caffè Latino; il sax è in evidenza (ma purtroppo non sappiamo chi lo suona, mancando i crediti dei musicisti in copertina).
"Mentre il sole se ne andava via" ha una ritmica quasi reggae, raccontando le vicende di una serie di personaggi, ma in questo senso in seguito Caputo farà di meglio.
Gli arrangiamenti sono di Roberto Puleo  (che presumibilmente suona le chitarre) e la produzione di Kiko Fusco (della Schola Cantorum) e Riccardo Rinetti, il Rino di cui Caputo (autore dei testi e delle musiche di tutti e quattro i brani) racconterà le gesta in "Io e Rino" e in altre canzoni.
Curata la grafica: in una busta trasparente vi è il disco, che dal lato non inciso ha una fotografia di Caputo con i capelli lunghi in un quadrifoglio, ed una copertina con da un lato i testi delle canzoni e dall'altro, il retro, una "autobiografia muriatica" dell'artista.

1) Ehi ehi tu
2) Meglio così
3) Il professore
4) Mentre il sole se ne andava via

mercoledì 25 novembre 2015

The Ander's Quartet - Nessuno al mondo/Bella bimba (1960)













Claudio Cavallaro, veronese, è conosciuto come compositore di evergreen come "Applausi" per i Camaleonti o "Lisa dagli occhi blu" per Mario Tessuto, oltre che di molti altri brani per la Vanoni, Marisa Sacchetto, i Profeti, la Caselli e tanti altri; pochi però sanno che il suo ingresso nel mondo della musica leggera avvenne come cantante di un complesso, The Ander's Quarte, che debuttò con il 45 giri di cui parliamo oggi, pubblicato nel novembre 1960.
"Nessuno al mondo", sul lato A, è la cover del celebre successo di pochi mesi prima di Peppino Di Capri, versione italiana del brano "No arms can ever hold you", scritto da Art Crafer e Jimmy Nebb e portata al successo da Pat Boone; non appaiono in copertina gli autori del testo in italiano, che sono Nino Rastelli e Mauro Gioia.
"Bella bimba" è invece un brano ritmato in levare, scritto da Luciano Beretta su musica di Arturo Casadei, che era stato inciso l'anno precedente dall'egiziano Bob Azzam.
Cavallaro è la voce solista in entrambi i brani; il disco mi risulta essere stato pubblicato solo con la copertina forata consueta dell'Excelsius, etichetta torinese del gruppo Fonit-Cetra.

1) Nessuno al mondo (Nino Rastelli-Mauro Gioia-Art Crafer-Jimmy Nebb)
2) Bella bimba (Luciano Beretta-Arturo Casadeu)

sabato 21 novembre 2015

Ivana Cosetta - I tuoi occhi verdi/Paura d'amarti (1960)












Ivana Cosetta è una cantante ed attrice milanese, attiva dalla fine degli anni '50, che ha inciso per varie etichette, tra cui la Jolly, la Combo e la Kansas, per cui ha pubblicato il suo unico 33 giri.
Quello che presentiamo oggi dovrebbe essere il suo primo 45 giri, pubblicato dalla Titanic, etichetta milanese attiva per qualche anno, riconoscibile per la sua grafica: in pratica tutti i suoi dischi avevano delle copertine con un disegno dentro ad una cornice appoggiata su un cavalletto da pittore, con uno sfondo di colore fisso, variabile da disco a disco, mentre sul retro vi era sulla destra la foto dell'artista e sulla sinistra i dischi pubblicati.
Fu con la Titanic che debuttò con "Gocciole di luna" Elide Suligoj, scomparsa di recente, e di cui riparleremo prossimamente.
Ma torniamo ad Ivana Cosetta, nata a Milano nel 1942, che debutta come cantante mentre sta studiando all'Accademia di Arte drammatica della sua città; sempre nello stesso periodo, a cavallo tra gli anni '50 e i primi anni '60, è possibile trovare Ivana in vari fotoromanzi pubblicati da "Grand Hotel": la foto che potete vedere qui a destra con il suo autografo è appunto un regalo ai lettori della rivista, e la cosa particolare è, in basso a destra, il riquadro con l'indirizzo della Cosetta, via Belfiore 12 (certo che in quegli anni il concetto di privacy era proprio diverso dal nostro....!).
Passando al disco, la canzone sul lato A porta lo stesso titolo del più grande successo di Franco Tozzi, "I tuoi occhi verdi", e musicalmente è un terzinato sulla scia di "Guarda che luna" di Buscaglione; "Paura d'amarti", sulla falsariga del lato A, ha però una melodia più antica.
Le musiche sono del Maestro Federico Bergamini, che nel blog abbiamo già conosciuto quando abbiamo parlato di Fiamma, e che si occupa degli arrangiamenti.
Brava la Cosetta, dotata di una bella voce, ma con un'impostazione, in queste due incisioni, un po' vecchio stile.

1) I tuoi occhi verdi (Aldo Locatelli-Federico Bergamini)
2) Paura d'amarti (Aldo Locatelli-Federico Bergamini)

sabato 14 novembre 2015

Je suis Paris



Come sapete, in questo blog si parla di musica: si è deciso di fare un'eccezione oggi, per i noti fatti di Parigi. La maggior parte delle vittime si trovava al Bataclan, il celebre locale dove, tra gli altri, suonarono Lou Reed, John Cale e Nico nel gennaio del 1972 (il concerto è reperibile in un famosissimo bootleg).
Nel califfato la musica è vietata, come del resto anche le altre arti, e gli strumenti musicali vengono mandati al rogo: questo la dice lunga sul livello di (in)civiltà e di barbarie di costoro, roba che fa apparire gli Unni e i Vandali di Genserico dei fari di cultura.
E Parigi, e la Francia, all'opposto ci hanno donato alcune tra le fondamenta della nostra civiltà: pensate a nomi come Victor Hugo, Pascal, Bizet, Renoir, Truffaut, Monet, Dumas...(potrei continuare per pagine e pagine) e, per quel che riguarda la musica leggera, alcuni nomi li trovate qui sopra.
Ecco, la musica, l'arte, la cultura sono le nostre armi migliori, che loro non hanno: loro hanno l'ignoranza e l'inumanità.
I politici decideranno (spero) come agire, in che modo e con quali mezzi fermarli; intanto noi facciamo sentire la nostra vicinanza ai Francesi: colpendo la Francia hanno colpito tutti noi Europei.

domenica 8 novembre 2015

Gli Uh! - Ho bisogno di te/Tu che ne sai (1976)













Dopo la pubblicazione dell'album con la Kansas, gli Uh! di fatto terminano l'attività, ed il solo Attilio Gili, il cantante e bassista, riutilizza il nome del complesso per un 45 giri pubblicato dalla Fonit-Cetra nel 1976.
Sono lontani i tempi di "Un lago blu", e le due canzoni presenti, "Ho bisogno di te" e "Tu che ne sai", sono due brani melodici scritti da Vic Nocera, con la collaborazione per le musiche di Achille Ovale, il papà di Vasso; leggermente meglio il terzinato "Tu che ne sai", ma in ogni caso entrambe le canzoni nel 1976 sono decisamente fuori tempo.
Il disco passa inosservato, e segna così la fine della carriera di Gili e del nome degli Uh, fino al ritorno del complesso negli anni '90.

1) Ho bisogno di te (Vic Nocera-Achille Ovale-Vic Nocera)
2) Tu che ne sai (Vic Nocera-Achille Ovale-Vic Nocera)

lunedì 26 ottobre 2015

AA.VV. - Piccola storia della canzone italiana (1974)


Questa volta presentiamo non il solito 45 giri, ma addirittura un doppio album, e per giunta credo abbastanza raro: si tratta infatti non di un disco comunemente in vendita, ma di un LP fuori commercio che venne distribuito solo ai dipendenti della Rai, e legato alla trasmissione radiofonica di Silvio Gigli "Piccola storia della canzone italiana", andata in onda nell'arco di tre anni, dal 1972 al 1974: proprio a quest'anno risale l'album, che inspiegabilmente in molte fonti è invece datato 1973, forse perchè la data non è stampata né in copertina né sull'etichetta.
Ma la datazione è possibile ascoltando il disco, in particolare la presentazione di Corrado, che spiega il progetto radiofonico del programma e quello del disco, e che lo data al 1974.
Si comincia con "Come le viole", eseguita da Peppino Gagliardi ed annunciata, come tutti i brani del resto, dall'anonima voce femminile che cita l'anno, il titolo, gli autori e l'esecutore; l'orchestra in questo caso è diretta da Sauro Sili e la melodia, in alcuni punti, ricorda quella di "Reginella" (che del resto è di poco precedente). Curiosamente, un successo di due anni prima di Gagliardi, da lui scritto con Gaetano Amendola, aveva lo stesso titolo.
La Martino canta "Come le rose" del notissimo E.A. Mario (che nello stesso periodo aveva scritto "La canzone del Piave") e si dimostra interprete di classe (anche in questo caso dirige Sili), mentre i Vianella in "Tic ti tic ta", ancora di Lama ma questa volta con versi di Francesco Feola e la direzione del Maestro Ceragioli danno un'interpretazione molto più popolaresca.
In alcuni casi, come per "Addio signora" con Fausto Cigliano o "Canta Pierrot" con Claudio Villa, gli abbinamenti sono azzeccati e le canzoni sono, in effetti, nelle corde degli interpreti; in altri casi, ad esempio Nada con "Fiocca la neve", sono più forzati, ma è anche vero che nel 1974 Nada si trovava in un momento della sua carriera di ricerca di un'identità, con alcuni grandi successi dietro le spalle, un album realizzato interpretando Ciampi che era passato inosservato e una svolta già intrapresa ma non ancora capita dal pubblico.
Mi ricordo "Lucciole vagabonde" nell'interpretazione di Gigliola Cinquetti, credo dell'anno precedente, e devo dire che la cantante veronese risulta decisamente più credibile della pur brava Orietta Berti nell'interpretare versi come "Schiave schiave d’un mondo brutal / noi siamo i fiori del mal" (con questa citazione di Baudelaire che, curiosamente, riprenderà De André in "Delitto di paese", con l'incipit "non tutti nella capitale sbocciano i fiori del male" e che non c'entra con i versi originali di Brassens, "C'est pas seulement à Paris Que le crime fleurit"); dirige Giulio Libano.
Il secondo lato inizia nuovamente con E.A. Mario, autore della celeberrima "Balocchi e profumi", con i versi sempiterni "Mamma, mormora la bambina / mentre pieni di pianto ha gli occhi / per la tua piccolina non compri mai balocchi. / Mamma, tu compri soltanto profumi per te", interpretati da Milva (che l'aveva già incisa nel 1964 nell'album "Le canzoni del Tabarin" con l'orchestra di Gino Negri, mentre qui invece dirige Ceragioli).
Nel 1972 Peppino Gagliardi aveva già inciso "Signorinella", che qui presenta con un nuovo arrangiamento del maestro Ceragioli.
Enrico Simonetti arrangia "Nostalgico slow" in modo soft, con i fiati in evidenza, adattando la canzone alla voce sussurrata di Nora Orlandi, mentre al contrario Reitano da sfogo alla sua vocalità nel ritornello di "Non ti scordar di me", sotto la direzione di Ceragioli.
"Tornerai" viene eseguita da Nicola Di Bari senza l'introduzione lenta della versione originale del Trio Lescano con il Quartetto Funaro, non so per quale motivo, mentre il lato due si conclude con due canzoni celeberrime scritte da Alfredo Bracchi e Giovanni D'Anzi, "non sei più la mia bambina" cantata da Remigi e "Silenzioso slow" presentata da Fred Bongusto.
Anche il lato A del secondo disco continua con una canzone della stessa coppia, "Tu musica divina" cantata da Mina, mentre il brano successivo, sempre di D'Anzi, ha i testi di Michele Galdieri, "Ma l'amore no" di Iva Zanicchi.
"In cerca di te", che molti conoscono con quello che è il primo verso, e cioè "Solo me ne vò per la città" (ma il titolo originale è invece "Perduto amore"), credo che sia una delle prime canzoni di successo dopo la fine della guerra: lanciata da Nella Colombo, viene qui ripresa egregiamente dalla Cinquetti, aiutata anche dal bell'arrangiamento del Maestro Giulio Libano, particolarmente efficace, mentre ritroviamo i Vianella con "Eulalia Torricelli", un allegro valzer che oggi risulta decisamente datato.
Peppino DI Capri canta "Addormentarmi così", uno dei più grandi successi della torinese Lidia Martorana (che ha tra l'altro pubblicato proprio qualche settimana fa un'autobiografia che consiglio a tutti gli appassionati di musica italiana, "Una voce una vita. Lidia e la storia della canzone italiana"), mentre Bobby Solo che, in quel periodo, si trovava in una situazione di stanca in cui si occupava sicuramente più dei suoi studi di registrazione "Chantalain" che di cantare, interpreta "La signora di trent'anni fa".
"Le tue mani" è un celebre motivo scritto da Pino Spotti, con il testo di Montano (pseudonimo di Michelino Rizza) e presentato dalla brava Gilda Giuliani, mentre conclude il lato "Papaveri e papere" cantata dai Cugini di Campagna.
Si prosegue con "viale d'autunno", ancora di D'Anzi (che in questa occasione si occupa anche dei testi), interpretata da Rosanna Fratello, mentre Arigliano presenta la canzone con cui Claudio Villa vince per la prima volta il Festival di Sanremo, "Buongiorno tristezza"; decisamente più allegra "Piccolissima serenata" nell'interpretazione dei Ricchi e Poveri, mentre con "Senza fine", cantata da Bruno Lauzi, entriamo negli anni '60, con le canzoni più recenti.
La bravissima Jula de Palma presenta da par suo "Innamorati a Milano", il brano più noto di Memo Remigi, mentre l'emiliana Marta Lami interpreta la morandiana "Un mondo d'amore.
La sorella di Nora Orlandi, Paola, canta "Acqua azzurra, acqua chiara", mentre conclude il lato e il disco "La lontananza" di Modugno, che Fausto Cigliano interpreta accompagnandosi alla chitarra insieme al fido Mario Gangi.
Impressionante l'ascolto di questi due dischi uno dopo l'altro: una serie di canzoni famosissime, con melodie ricercate (tranne poche eccezioni) segno di una stagione musicale felice che si è ormai tristemente conclusa.


DISCO 1

LATO A

1) Corrado - Presentazione
2) Peppino Gagliardi - Come le viole (Alfredo Genise-Gaetano Lama)
3) Miranda Martino - Le rose rosse (E.A. Mario)
4) I Vianella - Tic ti tic ta (Francesco Feola-Gaetano Lama)
5) Fausto Cigliano - Addio signora (Ennio Neri-Gino Simi)
6) Claudio Villa - Canta Pierrot (Bixio Cherubini-Cesare Andrea Bixio)
7) Nada - Fiocca la neve (Ennio Neri-Giuseppe Bonavolontà)
8) Orietta Berti - Lucciole vagabonde (Bixio Cherubini-Cesare Andrea Bixio)

LATO B

1) Milva - Balocchi e profumi (E.A. Mario)
2) Peppino Gagliardi - Signorinella (Libero Bovio-Nicola Valente)
3) Nora Orlandi - Nostalgico slow (Vittorio Mascherni)
4) Mino Reitano - Non ti scordar di me (Ernesto De Curtis)
5) Nicola Di Bari - Tornerai (Dino Olivieri)
6) Memo Remigi - Non sei più la mia bambina (Alfredo Bracchi-Giovanni D'Anzi)
7) Fred Bongusto - Silenzioso slow (Alfredo Bracchi-Giovanni D'Anzi)

DISCO 2

LATO A

1) Mina - Tu musica divina (Alfredo Bracchi-Giovanni D'Anzi)
2) Iva Zanicchi - Ma l'amore no (Michele Galdieri-Giovanni D'Anzi)
3) Gigliola Cinquetti - In cerca di te (Giancarlo Testoni-Eros Sciorilli)
4) I Vianella - Eulalia Torricelli (Nisa-Dino Olivieri-Gino Redi)
5) Peppino Di Capri - Addormentarmi così (Biri-Vittorio Mascheroni)
6) Bobby Solo - La signora di trent'anni fa (Guido Leoni-Oreste Natoli)  
7) Gilda Giuliani - Le tue mani (Montano-Pino Spotti)
8) I Cugini di Campagna - Papaveri e papere (Mario Panzeri-Nino Rastelli-Vittorio Mascheroni)

LATO B

1) Rosanna Fratello - Viale d'autunno (Giovanni D'Anzi)
2) Nicola Arigliano - Buongiorno tristezza (Giuseppe Fiorelli-Mario Ruccione)
3) I Ricchi e Poveri - Piccolissima serenata (Antonio Amurri-Gianni Ferrio)
4) Bruno Lauzi - Senza fine (Gino Paoli)
5) Jula de Palma - Innamorati a Milano (Alberto Testa-Memo Remigi)
6) Marta Lami - Un mondo d'amore (Franco Migliacci-Bruno Zambrini-Sante Romitelli)
7) Paola Orlandi - Acqua azzurra, acqua chiara (Mogol-Lucio Battisti)
8) Fausto Cigliano - La lontananza (Domenico Modugno-Enrica Bonaccorti-Domenico Modugno)

lunedì 19 ottobre 2015

Il Ritorno dei Powerillusi (e selfie con i Beatles)


Ciao a tutti,
rubo un po' di spazio al blog per un po' di pubblicità.
Esce il 21 Ottobre 2015 "Il Ritorno dei Powerillusi", il nuovo album della band torinese che nel 1988 ha debuttato con "Il Nostro Primo 45 Giri" (presentata su RaiTre a "Jeans") e con "Lato B", (cover in italiano di "Let It Be" dei Beatles e pubblicata anche in una raccolta in Inghilterra).
Nel 1991 hanno vinto il “Festival di Sanscemo” con “Il Bambino Povero” (pubblicata nella compilation PolyGram).
Il nuovo disco contiene 10 brani originali e sarà disponibile su CD, download digitale e streaming.
La copertina è un "selfie" con i Beatles mentre attraversano la strada in Abbey Road, complice la "macchina del tempo" di "Ritorno al Futuro" (trasformata in maggiolino) che proprio il 21 Ottobre è di passaggio (come da film).
Il tutto è "provato" nel divertente video che promozionale dell'album che potete vedere qui:


Il vostro gradimento e l'eventuale diffusione sono fondamentali per un gruppo che da 28 anni è in attività, avviandosi a diventare uno dei più longevi complessi italiani.
Non ci sono più i Pooh, ma per fortuna ci sono ancora i Powerillusi!





sabato 17 ottobre 2015

Claretta - Fuoco di paglia/Dimmelo piano (1967)












Quando nel 2013 abbiamo presentato il post su Ella Cellaro, avevamo raccontato che domenica 11 settembre 1966 a Sanremo si era svolta la serata finale dela prima edizione del Canteuropa, una manifestazione canora ideata da Ezio Radaelli sulla falsariga del Cantagiro; oltre alle esibizioni dei vari big (Bobby Solo, la Cinquetti, Modugno, la Pavone, i Rokes, Mario Zelinotti ed altri) nella stessa sera si erano svolte le fasi finali di un concorso per voci nuove (uno dei tanti che in quel periodo si tenevano in Italia) organizzato dalla Ciak-Set di Sanremo con nove cantanti scelti dalla commissione presieduta dal celeberrimo Maestro Pippo Barzizza: la giuria composta da alcuni giornalisti scelse i vincitori.
Tra i partecipanti vi sono anche due ragazzine tredicenni: Claretta, di Diano Marina, scoperta da Giorgio Santiano, ed Ella Cellaro di Torino: in realtà anche Clara Bracco (questo il vero nome di Claretta) era nata a Torino, ma si era trasferita da piccola con la famiglia nella località dell'Imperiese, dove Santiano, come abbiamo raccontato in un post a lui dedicato, si esibiva nella Taverna Fieramosca, di proprietà della zia di Alberto Fortis, Dina.
E nella copertina di questo disco, il primo inciso da Claretta per la Kansas di Domenico Serengay, potete osservare com'era il lungomare di Diano Marina nel 1967, con sullo sfondo San Bartolomeo del Cervo, l'odierna San Bartolomeo al Mare, e sulla destra Cervo Ligure; inoltre in basso a sinistra c'è un adesivo pubblicitario della Taverna Fieramosca, definita "Night club".
Passiamo ora alle canzoni: "Fuoco di paglia" è una canzone ritmata, con un sax che segue la melodia del cantato ed un testo d'amore, mentre "Dimmelo piano" è invece più lento, con un inizio con la chitarra arpeggiata sugli accordi dell'organo; complessivamente meno interessante rispetto al lato A.
La voce della giovanissima Claretta è ben impostata, anche se si sente che è ancora giovane e un po' immatura: ma con altri mezzi discografici, chissà, avrebbe potuto essere una Nada (di cui, del resto, è coetanea) con qualche anno di anticipo.
Per concludere, a fianco pubblichiamo un trafiletto su Claretta tratto dalla rivista "Giovani" (n° 19 dell'11 maggio 1967, pagina 61) ed una piccola intervista che abbiamo realizzato all'autore dei testi delle due canzoni, il poliedrico Claudio Nobbio e che alleghiamo in basso.

1) Fuoco di paglia (Claudio Nobbio-Giorgio Santiano)
2) Dimmelo piano (Claudio Nobbio-Giorgio Santiano)


INTERVISTA A CLAUDIO NOBBIO


Come è iniziata la sua attività come paroliere?

Tutto nasce a Diano Marina, poco dopo il 1960: io ero direttore all'hotel Palace e Giorgio Santiano era sia caporchestra che socio al dancing Fieramosca, il locale principale della cittadina, dove Alberto Fortis da ragazzino ha iniziato a cantare e a suonare la batteria, essendo nipote della socia di Santiano, Dina Fortis.
Sicuramente Alberto ha materiale su Santiano ed anche foto...iniziai quindi a collaborare con Giorgio scrivendo i testi sulle sue musiche.
 

Santiano aveva avuto proprio nel 1960 un buon successo con "Auf Wiedersehen a Diano Marina"...

Certo, direi un grosso successo, visto che era entrato anche in classifica.
"Auf Wiedersehen a Diano Marina" era vendutissimo, in particolare ai tedeschi, che invadevano la riviera ligure in quegli anni: la cantava Paolo Comorio, personaggio interessante, che aveva lavorato con Santiano sulle navi con la sua orchestra.
Giorgio poi decise di produrre i suoi dischi con la Artis, una sua etichetta, perchè ci guadagnava molto di più che con la Fonit-Cetra: Giorgio aveva a Pinerolo un fratelllo che era titolare di un negozio di musica e di strumenti musicali, e questo ne divenne la sede.
 

E come continuò la sua attività?

Premetto che fu sempre un'attività, pur piacevole e comunque con cui avevo anche qualche incasso, che non divenne mai il mio lavoro: infatti continuavo a lavorare nel settore alberghiero nella Riviera di Ponente, inoltre collaboravo con il "Casinò" di Sanremo, all'Ufficio Stampa,  e scrivevo su "l'Eco della Riviera" (sono giornalista pubblicista).
Tramite Santiano conobbi Domenico Serengay. che era torinese (e per questo amico dei piemontesi, a cui faceva incidere parecchi dischi) ma la sua Kansas era a Milano in Galleria del Corso: in breve, scrivemmo canzoni per altri artisti dell'etichetta.
Avevo conosciuto sempre a Diano Mario Scrivano di Pinerolo, con cui anche lavorai parecchio; ora ci siamo persi di vista, saranno almeno quindici anni che non lo vedo più. Scrivano aveva una piccola band e scriveva delle bellissime musiche: ci si trovava o a Diano o a Pinerolo, dove avevamo un grande amico pittore, Mario Borgna, che poi è diventato molto famoso.
In pratica questo gruppo, Santiano, Scrivano ed altri come Sergio Nanni, che era il caporchestra del Casinò di Sanremo (in cui suonava anche Nicolò Corsale, che era un bravo compositore), Piero Lanteri che aveva una sua orchestrina giovane, suonava d'estate al Fieramosca e d'inverno ci si trasferiva tutti al Sestriere, dove Giorgio ed io avevamo aperto un dancing, il Paips, ispirato al Piper e che abbiamo gestito insieme per un po' di anni, e si suonava lì.
Lanteri tra l'altro è poi diventato un grosso dirigente della Costa Crociere, e credo che abbia molto materiale del periodo.
 

Ritornando alle canzoni, quali ricorda in particolare tra quelle scritte?

Ce ne sono molte, ma voglio ricordare una che avevamo scritto Scrivano ed io per Armando Stula e Maria Sole: si intitolava
"Le rondini bianche" ed era stata scritta in onore di Martin Luther King quando fu ammazzato nel 1968, e per la quale si ebbi anche una lettera dal papa Paolo VI.
Armando Stula ci fece un disco (inserendo la sua firma come autore) e si fece una grande pubblicità sui rotocalchi dell'epoca.
Poi ci sono quelle scritte con Scrivano ed incise nei suoi dischi, poi quelle scritte con Giorgio per Claretta, che era una ragazzina di Diano, amica di famiglia di Fortis.
 

Come mai ha poi interrotto questa attività?

Io non ho mai smesso di scrivere: ora pubblico libri, ne ho scritto uno raccontando la storia di John Martin, il trombettiere del generale Custer, che era un italiano, Giovanni Martini, insieme a David Riondino che ha ottenuto un certo successo, altri ne ho scritti con Staino, il disegnatore di Bobo, libri di storia locale ligure, uno su Dolceacqua...poi ho scritto poesie, mi sono dedicato alla pittura, insomma ho fatto un po' di tutto ma ricordo con nostalgia quel periodo e quelle persone, purtroppo molti come Borgna o Santiano non ci sono più.


sabato 10 ottobre 2015

Tina Polito - Piangi, cerca e ridi/I cinque orsacchiotti (1966)













I Pooh si sciolgono: ormai lo sapete tutti, vista la risonanza che ovviamente la notizia ha avuto sui media; e si sciolgono a modo loro, trasformando l'addio alle scene in un evento con due concerti sicuri (a Milano e Roma) e probabilmente altri a seguire, con il ritorno in formazione di Riccardo e Stefano e con la pubblicazione di un'antologia, l'ennesima.
Il blog vuole commemorare i Pooh con una canzone che risale ai primi tempi della loro carriera: si tratta de "I cinque orsacchiotti", favola che trae spunto dal nome stesso del gruppo che, come si sa, deriva da Winny Pooh, e che i cinque incisero nel 1966, poco dopo l'ingresso di Facchinetti, ma che rimase inedita per molti anni (fu pubblicata solo nel 1987 in un'antologia intitolata "Come eravamo...vent'anni fa").
Il brano però era stato ceduto dagli autori, che erano Negrini e Facchinetti, ad una giovane cantante che era loro compagna di scuderia alla Vedette, la laziale Tina Polito, che la inserì sul retro del suo primo 45 giri: nell'etichetta in questo caso è accreditata ad Armando Sciascia, il fondatore e padrone della Vedette, che usa gli pseudonimi abituali Tical e Pantros (Sciascia ha comunque mantenuto la firma in Siae, accanto a Negrini e Facchinetti); rispetto alla versione dei Pooh, questa prima incisione ha delle leggere differenze nel testo.
Tina Polito si era messa in luce pochi mesi prima, partecipando alla trasmissione televisiva "Scala reale" (la "Canzonissima" del 1966), in cui aveva riscosso un certo successo presentando una sua versione di "Cerasella".
Il brano sul lato A del disco, "Piangi cerca e ridi", è una bella canzone ritmata, scritta da Francesco Anselmo e William Assandri per la musica e da Raffaele Piccolo per il testo; Assandri, il cui vero nome era Licinio, era un fisarmonicista emiliano (nato nel 1934 e scomparso nel 2002), collaboratore di Sciascia, mentre Piccolo era un paroliere e produttore della Vedette (autore anche del brano più celebre di Roby Crispiano, "Uomini uomini").
In entrambi i brani suona il complesso del torinese Francesco Anselmo, arrangiatore abituale della Vedette.

1) Piangi, cerca e ridi (Raffaele Piccolo-Francesco Anselmo-William Assandri)
2) I 5 orsacchiotti (H. Tical-Pantros)

sabato 3 ottobre 2015

Quartetto Hohner - L'onore del cowboy/Lella rag time (1960)












Nel lontano 2011, presentando in questo post  il catalogo dell'etichetta torinese Emanuela Records fornitoci da Gerry Bruno dei Brutos, amico di lunga data del blog, avevamo accennato ad un gruppo strumentale, il Quartetto Hohner, caratterizzato, come si capisce dal nome, dal fatto di essere costituito da quattro armonicisti, per la precisione Sergio Castelli  ed Alberto Magnaghi all'armonica cromatica, Paolo Vernetti all'armonica ritmica e Beppe Conti all'armonica bassa.
Un articolo da Stampa Sera sul Quartetto Hohner
Oggi presentiamo un loro 45 giri pubblicato però non dall'Emanuela ma dalla Sabrina, casa discografica del cantante Bruno Rosettani, con la partecipazione sul lato A del cantante Luciano Bonfiglioli.
Il quartetto si era formato all'interno dell'Hot Club torinese, e si era distinto nel 1959 vincendo il Campionato Mondiale di Armonica a Bocca, tenuto in quell'anno ad Innsbruck, ed ottenendo così alcune apparizioni televisive alla televisione austriaca.
L'Emanuela non era ancora nata come casa discografica, ma esisteva già come edizioni musicali, pubblicando infatti gli spartiti dei brani, scritti peraltro da due autori, il musicista Giovanni Marabotto ed il paroliere Giampiero Barone, che abbiamo già incontrato nel blog come autori di canzoni per i Brutos ed Henrj Ferraris.
"L'onore del cow-boy" è un brano in cui tre armoniche creano la base musicale mentre la quarta suona la melodia solista, fino all'inizio del cantato di Bonfiglioli, ricreando un'atmosfera musicale western a cui ben si adatta il testo: ricorda forse un po' "La ballata del west" del Quartetto Cetra.
Il retro, "Lella rag time", è uno strumentale.
Cercando su internet ho trovato anche alcuni video dei quattro che, tuttora, suonano per divertimento l'armonica a bocca.

1) L'onore del cow-boy (Giampiero Barone-Giovanni Marabotto)
2) Lella rag-time (Giovanni Marabotto)

giovedì 24 settembre 2015

Giuliana Milan - Candeline di cera/Ballata per un amore perduto (1967)












Di Giuliana Milan la maggior parte di chi si interessa di musica sa soltanto che ha inciso un 45 giri per la Karim con una canzone scritta da Fabrizio De André: ne ha parlato anche il mio amico Vampiro Verdier in un post che potete leggere nel suo blog qui
In realtà la Milan ha inciso anche, come vedremo, una canzone scritta da un altro cantautore; poi si è dedicata alla carriera di soprano, e negli ultimi anni si esibisce accompagnata dal pianista Agostino Dodero.
Ma cominciamo dall'inizio...la cantante genovese viene scoperta nel 1961 da Bruno Rosettani, che aveva aperto pochi anni prima una casa discografica, la Sabrina, ed incise un 45 giri, "Sì t'amo ancora/Micetta cha cha cha", a cui fece seguito l'anno successivo "Fiori d'arancio/Tanti auguri", per la Fonola.
Non succede nulla, e passa quindi ad un'etichetta genovese, la Karim, per cui pubblica nel 1965 il disco di cui sopra e, a gennaio 1966, un altro 45 giri, che contiene "Candeline di cera" e "Ballata per un amore perduto", quest'ultimo con testo di Piero Ciampi: non presentiamo quel disco, ma un altro che contiene gli stessi brani, nella stessa versione ma pubblicato dalla Sibilla, piccola etichetta romana nata nel 1967.
Non ho notizie certe al riguardo ma, poichè il direttore artistico della Sibilla era Elvio Monti, che dirige l'orchestra nei due brani, presumo che in qualche modo avesse la proprietà dei nastri e, approfittando del fallimento della Karim, abbia ripubblicato le due canzoni: tra l'altro anche il numero di catalogo dell'etichetta è strano, perchè il prefisso della Sibilla era in genere TN.
"Candeline di cera" è una canzone scritta dallo stesso Monti, con il testo di Francesco Di Lella, ed è una malinconica canzone d'amore che musicalmente ricorda alcune cose del primo De André (....e chissà come mai!).
"Ballata per un amore perduto" era già stata incisa nel 1964 da Georgia Moll, ed è la cover di "Ballade à Sylvie", scritta e cantata da Leny Escudero, attore e cantante francese (ma nato in Spagna) che l'aveva pubblicata nel 1962 nel suo primo 45 giri; musicalmente più interessante (anche l'arrangiamento è più curato), il testo si discosta dall'originale di Escudero ed ha alcune tematiche che si ritroveranno in seguito in altri brani del cantautore livornese.
L'impostazione della Milan in entrambi i brani è molto tradizionale, ed anche all'epoca doveva suonare un po' datata.
Purtroppo di questo disco non possiedo la copertina (se mai è esistita....).

1) Candeline di cera (Francesco Di Lella-Elvio Monti)
2) Ballata per un amore perduto (Piero Ciampi-Leny Escudero)

sabato 19 settembre 2015

Marco Carena - Carena 2 il ritorno (1991)













Ritorniamo a parlare di Marco Carena presentando il suo secondo album, pubblicato nel 1991 ad un anno di distanza dal precedente e a pochi mesi dalla partecipazione con "Serenata" al Festival di Sanremo.
Il disco si apre con una delle sue canzoni più famose, "Questione di sfiga", che come spiega il titolo elenca una serie di situazioni in cui si presenta nella vita quotidiana la sfiga; ricordo che venne presentata spesso in versione acustica solo con la chitarra al "Maurizio Costanzo Show".
"La ballata di Gennaro" è la triste storia di un licantropo, e musicalmente fa venire in mente certi brani di De André, mentre in "Amarsi" emerge anche un sottofondo serio e malinconico, malinconia che è presente anche in "Carnivalada", in cui sono presi in giro tutti gli stereotipi del Carnevale, con richiami all'umorismo nero di "Questione di sfiga" (e che musicalmente non poteva che essere un samba).
Chissà se le donne di "Se non ora quando" che hanno attaccato Carena dopo il concerto del 24 giugno (e di cui abbiamo parlato in questo post) hanno mai ascoltato "Vorrei": credo di no, altrimenti avrebbero protestato sicuramente, visto il sarcasmo del testo (che non vi anticipo).
"Arbre magique" si può collegare ad "Accessori auto" del disco precedente, descrivendo con un accento francese esasperato questo importantissimo oggetto "nemico de le tanf".
Si prosegue con "Il blues del pelo superfluo", il cui titolo dice tutto sia sulla musica sia sull'argomento del testo, in cui Carena si immedesima in uno di questi peli.
La penultima canzone è "Buon Natale", pubblicata anche su 45 giri, che prende in giro gli stereotipi del Natale, dai regali riciclati all'essere buoni in apparenza.
Conclude il disco " ....... gli inglesi", frammento di qualche anno precedente realizzato con Le Vecchie Pellacce, il gruppo di cui Carena faceva parte prima di intraprendere la carriera solista.
I testi e le musiche di tutte le canzoni sono di Marco Carena.
Tra i musicisti che suonano nel disco sono da ricordare Massimo Luca e Paolo Costa alle chitarre, mentre Roberto Colombo suona le tastiere e si occupa, come nell'album precedente, degli arrangiamenti.

Lato A

1) Questione di sfiga
2) La ballata di Gennaro
3) Amarsi
4) Carnivalada

Lato B

1) Io vorrei (parte 1: cantico dell'emarginato; parte 2: cantico degli esasperati)
2) Arbre magique
3) Il blues del pelo superfluo
4) Buon Natale
5) ....... gli inglesi

sabato 12 settembre 2015

Dik Dik - Storie e confessioni (1973)




Un altro album mai ripubblicato in CD (almeno in Italia, perchè mi risulta che ne esista una stampa giapponese) è questo "Storie e confessioni" dei Dik Dik, dell'agosto 1973, successivo quindi alla loro partecipazione a "Un disco per l'estate" con "Storia di periferia", inserita nell'album.
Lo stile del disco ricalca quello del brano presentato alla manifestazione, che è poi lo stesso dei loro successi dei primi anni '70, da "Viaggio di un poeta" ad "Help me": ormai staccatisi dal suono beat di "Sognando la California", con ancora qualche reminiscenza dei Procol Harum e gli influssi della nuova generazione di cantautori angloamericani come Elton John e Neil Young, di cui infatti nel disco sono presenti alcune cover.
E proprio del canadese, che l'anno prima aveva ottenuto un successo mondiale con "Harvest", è il brano che apre il lato A, "Che farei", che è "Tel me why" da "After the gold rush" (a mio parere il suo 33 giri migliore), del 1970, con un testo in italiano del cantante del gruppo Giancarlo Sbriziolo (che si firma con lo pseudonimo Sbrigo).
Sempre dallo stesso album è tratta "Birds", che diventa "Noi soli", mentre tra le due canzoni di Neil Young c'è "Tra i fiori rossi di un giardino", con la musica scritta dal chitarrista del complesso Erminio Salvaderi, detto Pepe, con l'ex Ribelle Natale Massara (che è anche il produttore e l'arrangiatore di tutto il 33 giri), gli stessi autori di "Ma perchè", il quarto brano, che pochi mesi dopo verrà pubblicato su 45 giri come retro dell'inedito su album "Il confine".
La prima cover di Elton John è "E ho bisogno di te": si tratta di "I need you to turn to", contenuta nell'album del 1970 Elton John, un capolavoro (conteneva tra le altre gli evergreen "Your song", "Sixty years on" ("Ala bianca" dei Nomadi e "Border song"....facciamo un gioco: prendete l'album di Angelo Branduardi "Cercando l'oro", ed ascoltate "La volpe", sul lato B, a partire più o meno dal primo minuto...ora ascoltatevi "I need you to turn to" al quarantesimo secondo....
Torniamo ai Dik Dik: furono i primi in Italia ad incidere una cover di Elton John, nel novembre 1969 nell'album "Il primo giorno di primavera", e cioè "Era lei" ("It's me that you need", con testo di Maurizio Vandelli, che la pubblicò nello stesso mese su 45 giri).
Il lato A si chiude con la già citata "Storia di periferia", canzone scritta dallo stesso autore di "Viaggio di un poeta", Riccardo Zara, questa volta con il testo scritto da Claudio Daiano e Sbriziolo (che però non appare sul disco, pur risultando regolarmente presente in SIAE).
Il lato B si apre invece con un'altra cover, questa volta dei Procol Harum: "Confessione" è infatti "Pilgrim's progress", da uno dei dischi migliori del gruppo britannico ("A salty dog") e l'autore del testo in italiano è Maurizio Vandelli, in quello che credo essere uno dei suoi  ultimi contributi per la Ricordi prima del passaggio alla Ariston.
Si torna ad Elton John con "Ma tu chi sei", con il testo in italiano di Maurizio Piccoli su "Bad side of the moon", pubblicata solo su 45 giri come retro di "Border song", mentre è invece una canzone dei Dik Dik "Libero", una "murder ballad" con la musica di Pepe e del tastierista Mario Totaro che racconta la triste storia di un vagabondo accusato innocente dell'omicidio di una donna, e che si suicida in carcere..
L'ultima cover del disco è tratta da "Footprint", il secondo album di Gary Wright, pubblicato nel 1971 e che vede la partecipazione di George Harrison: "Love to survive" diventa nella versione di Vandelli "Non si può", mentre conclude il disco "È nel mio cuore ancora" di Mogol e di Maurizio Fabrizio, ancora ad inizio carriera.
L'LP ha una copertina apribile in cinque strati, uno per ogni componente del complesso raffigurato: oltre ai già citati Lallo alla voce e al basso, Pepe alla voce e alla chitarra, Todaro alle tastiere, completano la formazione Pietruccio Montalbetti alla voce e alla chitarra e Sergio Panno alla batteria.


LATO A

1) Che farei (Sbrigo-Neil Young)
2) Tra i fiori rossi di un giardino (Sbrigo-Erminio Salvaderi-Natale Massara)
3) Noi soli (Sbrigo-Neil Young)
4) Ma perchè (Sbrigo-Erminio Salvaderi-Natale Massara)
5) E ho bisogno di te (Sbrigo-Elton John)
6) Storia di periferia (Sbrigo-Claudio Daiano-Riccardo Zara)

LATO B

1) Confessione (Maurizio Vandelli-Matthew Fisher)
2) Ma tu chi sei (Maurizio Piccoli-Elton John)
3) Libero (Sbrigo-Erminio Salvaderi-Mario Totaro)
4) Non si può (Maurizio Vandelli-Gary Wright)
5) È nel mio cuore ancora (Mogol-Maurizio Fabrizio)

domenica 6 settembre 2015

Gipo Farassino - Ij mè amor dij vint'ani (1976)

 










La Feeling Record Italiana è stata un'etichetta discografica torinese fondata da Renato Pent nel 1976, attiva per circa una decina di anni e che ha avuto tra i suoi artisti Egisto Macchi (che pubblicò con la Feeling alcune colonne sonore tra cui quella di "Padre padrone"), Raffaella De Vita, i redivivi Delfini, Valerio Liboni e Gipo Farassino: se a Milano hanno avuto Enzo Jannacci, noi abbiamo avuto Gipo, la differenza forse è che qui da noi non è stato così valorizzato come il medico cantautore sotto la Madonnina, ma le cose in comune (dall'uso del dialetto all'attenzione agli ultimi, fino a certi riferimenti alla musica d'oltralpe o al cabaret) sono moltissime.
L'album che presentiamo oggi, "Ij mè amor dij vint'ani", è il primo che la Feeling pubblicò: registrato negli studi dell'etichetta nel settembre 1976, come è riportato in copertina, ha gli arrangiamenti curati da Romano Farinatti, collaboratore abituale di Gipo.
Il disco si apre con "Gipo a Paris", che è la cover del celebre successo di Yves Montand (scritto da Francis Lemarque, anche se sull'etichetta appare erroneamente il nome di Lafarge), naturalmente con un testo in piemontese scritto da Giacomo Mario Gili (che si firma con il suo consueto pseudonimo, Larici) che ben si adatta alla melodia sottolineata dalla fisarmonica.
"Tango se-mai" descrive una serata in un night su una nave da crociera: mi rendo conto che per i non piemontesi la lingua può essere un ostacolo, ma credo che sapendo che "ciospa" significa racchia e "crin" maiale, il resto della canzone sia abbastanza comprensibile.
Notissima è "Ij Wahha Put-hanga", divertente canzone scritta da Walter Valdi che Farassino ha tradotto direi fedelmente in piemontese, mentre "Ël dehòrs del marghé" mette in luce l'aspetto più malinconico di Farassino; la poesia "Tèra 'd Piemônt" chiude il lato A.
La seconda facciata si apre con "La principessa Sukay-Peté", uno di quei ritratti spiritosi spesso presenti nel suo repertorio, seguita da una canzone particolare, " Ël paisan", il cui testo è la traduzione in piemontese de "Il pensionato" di Francesco Guccini, pubblicato pochi mesi prima in "Via Paolo Fabbri 43", adattata su un'altra musica, altrettanto malinconica di quella originale (il cantautore di Pavana non è però citato).
Più allegra "Ël baloss", che significa sciocco (c'è un proverbio in piemontese che recita "Grand e gros ,ciula e baloss") e che è anch'essa una traduzione da Walter Valdi.
"Mè bel amor" è una ballata, tra le canzoni migliori di Farassino, in cui la voce mi ricorda un po' quella di Fabrizio De André (che, come si sa, era amico di Gipo), mentre la title track conclude il disco ed è, anche in questo caso, una poesia.
Un bel disco che andrebbe ricuperato e ristampato in CD.
E mi piace concludere questo post, io che arrivo dal "tach", proprio con alcuni versi presi dal testo della poesia conclusiva:

Ah gineuria ampestà
ch'im sopate ij ciochin
an disend che Turin
l'é na pòvra sità,
sensa sol, sensa mar,
con ël cel sempre scur!
...
Ma përchè i dise nen
che sto cel a l'é 'n cel
che a fa tut lòn ch'a peul
e chi 'j pias nen giuro mach:
noi i-j doma 'l përmess
d'andé piess-lo 'nt ël frach!
E sto sol a l'é 'n sol
ch'a picrà nen tant fòrt
com a pica 'nt ël tach
ma për chi a veul rusché
e sgairene 'd sudor
sto sol-sì a peul basté!


LATO A

1) Gipo a Paris (Gipo Farassino-Larici- Francis Lemarque)
2) Tango se-mai (Gipo Farassino-Romano Farinatti)
3) Ij Wahha Put-hanga (Gipo Farassino-Walter Valdi)
4) Ël dehòrs del marghé (Gipo Farassino)
5) Tèra 'd Piemônt (Gipo Farassino-Romano Farinatti)

LATO B

1) La principessa Sukay-Peté (Gipo Farassino-Romano Farinatti)
2) Ël paisan (Gipo Farassino-Francesco Guccini-Romano Farinatti)
3) Ël balòss (Gipo Farassino-Walter Valdi)
4) Mè bel amor (Gipo Farassino)
5) Ij mè amor dij vint'ani (Gipo Farassino-Romano Farinatti)

sabato 5 settembre 2015

Julie Byrne

Abbiamo ricevuto da Giovanni, un amico del blog, la segnalazione allegata, che ci permettiamo di consigliare a tutti quelli che ci seguono e che si trovano a Torino il 19 settembre.
Per chi non la conosce, possiamo aggiungere che Julie Byrne si rifà un po', a nostro parere, ai cantautori acustici e intimisti come Donovan o Nick Drake, con una ricerca melodica originale ed atmosfere soffuse e malinconiche: brava, e sicuramente in controtendenza con le direzioni attuali della musica.

Ringraziandola per le sempre preziose proposte di Euterpe, le comunico che mia sorella ed io abbiamo organizzato un mini tour italiano per la cantautrice folk americana Julie Byrne.

http://juliemariebyrne.com/tour

Presenterà il suo disco d'esordio "Rooms with walls and windows" 7° nella classifica dei migliori album del 2014 stilata dalla rivista Mojo.
Le invio in allegato la locandina del concerto che si terrà a Torino al Circolo dei Lettori sabato 19 settembre alle ore 21.00.
Ingresso 10 euro, è consigliata prenotazione a:

info@officinanaturalis.com oppure al 333 6395831

Se gentilmente potesse diffondere la notizia girando la locandina, dato che lei è una calamita per moltissimi appassionati di musica, musicisti, giornalisti, ci farebbe davvero un grandissimo piacere.

venerdì 28 agosto 2015

Rosalino Cellamare - Dal nostro livello (1973)













Sicuramente uno dei dischi più rari di Ron, ancora Rosalino in copertina (mentre sull'etichetta appare anche il cognome) è il suo secondo 33 giri, "Dal nostro livello", inciso come il primo "Il bosco degli amanti" (ancora più raro) nel 1973 e pubblicato ad ottobre, il primo per l'RCA Italiana dopo il debutto alla IT.
Come molti sanno, la particolarità di questo disco è che i testi di Gianfranco Baldazzi sono basati su alcuni componimenti di bambini di scuola elementare e media di Cinisello Balsamo, come spiegato nel retro di copertina.
Le tematiche del disco, dall'immigrazione al razzismo, sono quindi filtrate dalla sensibilità dei bambini, e Baldazzi è particolarmente bravo ad adattarle in forma metrica per le canzoni senza stravolgerne il significato; Rosalino, dal suo canto, scrive delle musiche molto mature (che tra l'altro arrangia), certamente tra le sue migliori in certi casi, tant'è che del suo primo periodo, a parte "Il gigante e la bambina", ancora oggi ripropone dal vivo quella che è sicuramente la migliore di questo disco, "Era la terra mia", che si ispira a certe atmosfere del Neil Young di quegli anni.
Molti brani hanno un'atmosfera west-coast, ad esempio "La grande città industriale" o "Quelli delle medie", ma d'altronde anche in seguito Ron dimostrerà di apprezzare questo stile (tutti sappiamo chi ha scritto e chi ha lanciato la versione originale di "Una città per cantare").
"I bimbi neri non san di liquerizia" è invece la canzone su cui si puntava per la promozione del disco, e Rosalino la presentò un sabato pomeriggio a "Chissà chi lo sa", la celebre trasmissione condotta da Febo Conti che molti di voi ricorderanno.
"Il mio papà ed io" è invece una ballata basata sul pianoforte, che nella melodia ricorda alcune cose successive di Ron, mentre "Il carrarmato disarmato" affronta il tema della guerra.
La scuola è un argomento presente in quattro dei cinque brani del lato B, sebbene in modo diverso, "Quelli delle medie" (sulle proteste studentesche), "Alla fine della scuola" (la cui linea melodica iniziale ricorda un po' quella de "I giardini di marzo"), "Da grande farò il maestro" (sulle disuguaglianze sociali, in cui pare emergere tra le righe quello che era il pensiero di don Lorenzo Milani, il celebre priore di Barbiana) e "La scuola che vorrei".
Alla realizzazione musicale del disco contribuiscono Italo Cellamare, fratello di Rosalino, all'organo, al flauto e al coro, Daniele Bergatin al basso, Tita Bonfico alla batteria, Patrizio Diana alla chitarra a 12 corde e lo stesso Rosalino al pianoforte e al coro.
Tanto per cambiare, anche questo disco (come il primo e il terzo, "Esperienze") non è mai stato stampato su CD....ancora un grazie ai discografici italiani (se ancora esistono....).

LATO A

1) I bimbi neri non san di liquerizia
2) Era la terra mia
3) Il mio papà ed io
4)) Disegno libero
5) Il carrarmato disarmato

LATO B

1) La grande città industriale
2) Quelli delle medie
3) Alla fine della scuola
4) Da grande farò il maestro
5) La scuola che vorrei