venerdì 27 maggio 2016

Archensiel (1987)




Quello che presentiamo oggi è un disco veramente in anticipo con i tempi: prima del neo folk-rock degli anni '90, prima dei Mau Mau e dei Lou Dalfin ci sono stati gli Archensiel, più vicini al folk rispetto agli esempi citati ma comunque seminali....ecco, se volessimo dare una definizione del gruppo si potrebbe dire che gli Archensiel sono l'anello di congiunzione tra i Cantovivo e la Lionetta da una parte e appunto Mau Mau e Lou Dalfin dall'altra..
Complesso nato ad Asti, il debutto avviene nel 1987 con un 33 giri omonimo autoprodotto, a cui seguirà prima dello scioglimento nel 1990 un secondo album, "Piöva" (nel 1989, ristampato qualche anno fa dalla Akarma); la presentazione sul retro di copertina è di un giovane giornalista loro concittadino ancora poco conosciuto, Massimo Cotto.
Il lato A si apre con "Margaritina", canzone che fa già capire la direzione del lavoro: ad una linea melodica con reminiscenze folk (alla Brandurardi, per capirci) si sovrappongono assoli di chitarra elettrica, mentre il testo in lingua piemontese racconta la storia di una bella ragazza (gli ultimi due veris recitano "non si trova da Cuneo a Torino / più bella ragazza di Margheritina): non credo che in Italia nel 1987, con il proliferare di band new wave e dark, ci fossero molti gruppi con questo tipo di sonorità e musicalità, e forse questo può averli penalizzati nel confronto con il pubblico meno attento.
"La ragazza di Leandra" ha molti richiami al folk piemontese, mentre "Poche parole" ha un bel lavoro delle chitarre acustiche e del violino; "Lasuma parti er treno" parla dei pendolari su una delle musiche più rock del disco, mentre il lato si conclude con il bel brano strumentale "La bandura".
Il retro si apre con un'incitazione alla lotta, "Cumbat na bataja", a cui segue "Cansun sfiduciaja", la più lunga del disco, con un finale che cita apertamente il Santana di "Samba pa ti", mentre "Pensa" ritorna alle atmosfere consuete.
Concludono il lato B e il disco "Masca Maria", più rock, con tanto di chitarra distorta, e "Vivere naturalmente", più tranquilla.
Tra i componenti degli Archensiel ricordo in particolare  Maria Rosa Negro alla voce, molto brava: ho scoperto grazie a google che canta ancora, trovando in questo articolo della Stampa anche la notizia di un album inciso con il suo gruppo, la Palmarosa Band, nel 2014, mentre in quest'altro sito vi sono notizie sulla sua attività. Gli altri musicisti sono Massimo Brignolo alla chitarra elettrica, Roberta Tuis al violino, Marco Maldarizzi alla chitarra e al mandolino, Sergio Pesce alla chitarra acustica, al mandolino dobro e al bouzouki Vito Nicolò al basso e Pietro Ponzone alla batteria; vi sono inoltre alcuni ospiti, e cioè Carlo Francesco Conti al violoncello in "Pensa", Marco Soria al sax in "Cansun sfiduciaja", Paolo Crosa al violino in "Poche parole", "Lasuma parti er treno" e "La bandura" e Laura Sasso, voce in "Vivere naturalmente".
I testi sono di Sergio Pesce (tranne "Vivere naturalmente", scritta da Laura Sasso e "Lasuma parti er treno", "Cumbat na bataja" e "Cansun sfiduciaja", scritti da Armando Brignolo, anche disegnatore della copertina) mentre le musiche di Marco Maldarizzi; gli arrangiamenti sono invece collettivi.
Nel retro di copertina viene ringraziato Stefano Giaccone dei Franti: non è specificato il motivo, sarebbe interessante che ce lo raccontasse lo stesso Stefano, se passa da queste parti...
Il tecnico del suono è Vincenzo Penna, che continua tuttora l'attività in uno studio che prende il nome dal gruppo (chi fossse interessato può visitare il  loro sito ).


LATO A

Margaritina (Sergio Pesce-Marco Maldarizzi)
La ragazza di Leandra (Sergio Pesce-Marco Maldarizzi)
Poche parole (Sergio Pesce-Marco Maldarizzi)
Lasuma parti er treno (Armando Brignolo-Marco Maldarizzi)
La bandura (Marco Maldarizzi)

LATO B
  
Cumbat na bataja (Armando Brignolo-Marco Maldarizzi)
Cansun sfiduciaja (Armando Brignolo-Marco Maldarizzi)
Pensa (Sergio Pesce-Marco Maldarizzi)
Masca Maria (Sergio Pesce-Marco Maldarizzi)
Vivere naturalmente (Laura Sasso-Marco Maldarizzi)



giovedì 19 maggio 2016

Lino Toffolo - Lino Toffolo (1970)



Questo post dedicato al secondo LP di Lino Toffolo era programmato già da alcune settimane, e rientra nella serie di album mai ristampati in CD: il fato ha voluto che proprio ieri l'attore e cantautore veneziano ci abbia lasciato a ottantun'anni, compiuti a dicembre.
Ho intervistato Lino Toffolo cinque o sei anni fa per il libro su Enzo Jannacci: come spesso accade il dialogo aveva poi spaziato su tutta la sua carriera e non solo sulla collaborazione tra i due, e mi ricordo anche che mi era sembrato che fosse un po' malinconico per il fatto di ritenersi dimenticato, e non fosse così contento di ripercorrere i momenti principali della sua carriera, ma forse era solo una mia impressione.
Parlammo anche di questo disco pubblicato nel 1970 dalla RCA Italiana, che tra le altre contiene "Gastu ma pensà": questa canzone in origine era inserita nel primo album di Toffolo, intitolato anche questo con il suo nome e cognome e pubblicato nel 1966 dalla Fonit-Cetra, ma poi Enzo Jannacci, che aveva ascoltato il brano e se n'era innamorato, chiese a Toffolo di poterla incidere in italiano, cosa che fece nel 1968 nel suo 33 giri "Vengo anch'io. No, tu no", intitolandola "Hai pensato mai".
Vi riporto questa parte dell'intervista:
 
«”Hai pensato mai” è stato il primo punto di collaborazione tra Jannacci e me, perché con Enzo dopo abbiamo fatto anche serate in due, alla Capannina... anche con Gaber ho fatto serate. Io questa canzone la cantavo tutte le sere, ed era una canzone delicata, di quelle più incisive diciamo... ne avevo anche altre, ma questa aveva particolarmente successo. E una sera Enzo mi ha detto “Senti, ti dispiace se la incido in italiano?” “No, non mi dispiace, anzi mi fa piacere”. Mi era già capitato anche con Lauzi, che aveva inciso un altro mio brano, “Su le nuvole”, che è un po' più melodica: sono cose che fanno sempre piacere. Enzo mi ha detto appunto che la voleva fare in italiano: bisogna dire che il testo è in un veneziano facile, abbastanza comprensibile, quindi il testo lo ha scritto lui. Gli unici due punti che gli ho tradotto io sono stati proprio il titolo ed una riga in cui ci sono le parole “de bombaso”, che in veneto è il cotone idrofilo, e venne fuori “scalini di bambagia”. Non sapevo però che la cosa sarebbe stata depositata in SIAE, e così mi sono ritrovato in uno dei rendiconti semestrali “Hai pensato mai”, versione in italiano di “Gastu mai pensà”, ma in realtà l'ha tradotta lui. Poi in seguito, durante le serate insieme, me l'ha fatta cantare. Enzo era un grande artista ed era facile collaborare, c'era una stima reciproca massima ed infatti abbiamo fatto molte serate insieme: in genere io facevo una parte ed Enzo un'altra, ma c'è stato un pezzo che lui mi ha chiesto di fare insieme, si trattava di un duetto in cui facevamo due barboni che venivano assunti al Derby, infatti avevamo iniziato a farlo lì, poi lo facemmo in giro. In questo pezzo tra l'altro io suonavo il violino e lui suonava il trombone, ma davvero, ed andava sempre a finire che poi ci mandavano via. Io suonavo bene il violino ed un po' il pianoforte, Enzo invece suonava benissimo il piano mentre col trombone faceva giusto due o tre note.
Io invece facevo un brano da “Sherazade” di Rimskij Korsakov, che ha un pezzo di violino virtuosistico, facevo solo due battute ma faceva effetto sulla gente perché nessuno pensava che lo suonassi: ma anche se è un pezzetto corto per farlo devi saper suonare
».

Questo è il motivo per cui il cantautore e attore veneto decise di reinserire nuovamente la canzone in questo disco, che complessivamente si differenzia dal primo che era molto più vicino al folk ed era cantato tutto in lingua veneta perchè, oltre ad avere la maggioranza dei brani in italiano, ha anche arrangiamenti, curati da Luciano Michelini, più vicini al gusto dell'epoca.
Molto nota è la canzone che apre il disco, "Ah lavorare è bello", che Toffolo presentò anche in televisione e il cui testo mette alla berlina il consumismo, già allora dilagante; il brano seguente, "Tu sei", è una delicata canzone d'amore, con l'armonica in evidenza, mentre "I chierichetti" è un breve bozzetto tra i più conosciuti di Toffolo, con un testo poetico  e una musica da madrigale.
Con "Ma che vuoi Luisa" si torna al Toffolo spiritoso, che descrive una di quelle donne sempre insoddisfatte del loro uomo; "Voglio un sole che sia sole" è una canzone d'autore in cui Toffolo fa un'analisi della società dell'epoca mettendone in luce le ipocrisie; il testo risulta essere ancora attuale.
La bella "Senza dire una parola" ricorda certe tristi canzoni d'amore di Jannacci, mentre "E tu vuoi tu" è un dialogo di Toffolo con Dio, cantato con la voce da ubriaco. credo sia la prima canzone che parla (anche) delle truffe alimentari, profetizzando lo scandalo del vino al metanolo.
"Ciumbalailà" è l'unico brano con un testo non di Toffolo, è infatti una ripresa di alcune strofe tradizionali popolari ("chi vuol bere per dimenticare deve pagarmi prima di bere"), ed è seguito da una versione strumentale per flauto de "I chierichetti".
In "Già che son di passaggio" Toffolo ritorna ad interpretare l'ubriaco che si rivolge all'amata; di "Gastu mai pensà" abbiamo già parlato, mentre il conclusivo "Il tango dell'amore" è un tango che rifà il verso al folk da ballo ed è forse l'episodio più dimenticabile del disco.
Collaborano ai cori i "Cantori Moderni" di Alessandro Alessandroni e i "4+4" di Nora Orlandi, mentre Roberto Formentini è l'assistente musicale.
In definitiva un altro album che, se esistesse una discografia seria in Italia, sarebbe da ristampare subito in CD.

LATO A

1) Ah, lavorare è bello
2) Tu sei
3) I chierichetti
4) Ma che vuoi Luisa
5) voglio un sole che sia sole
6) Senza dire una parola

LATO B

1) E tu vedi tu
2) Ciumbailalà
3) I chierichetti (strumentale)
4) Già che son di passaggio
5) Gastu mai pensà
6) Il tango dell'amore

lunedì 16 maggio 2016

I Ragazzi del Sole - ...e la terra si allontana/Il gatto di notte (1967)













Dopo il successo di Atto di forza n° 10/So che tu non credi, di cui abbiamo parlato in questo post, oggi presentiamo il secondo 45 giri che i Ragazzi del Sole pubblicarono nel 1967.
Come per il precedente, abbiamo in un lato una canzone scritta dai frateli Salerno, "...e la terra si allontana"  (Alberto per il testo e Massimo per la musica) e una cover sull'altro, "Il gatto di notte", che è la versione in italiano (con testo di Mario Coppola, o meglio da lui firmato) di "Just a little bit of you" di Dallas Frazier, successo del 1966.
Abbiamo scritto che è firmata da Coppola perchè, a proposito di un'altra canzone, "So che tu non credi", così aveva Paolo Melfi, il cantante del complesso, aveva raccontato a Ursus (nell’intervista pubblicata sul fondamentale “Manifesto Beat”, a pag. 153): “Cercando qualcosa tra i pezzi nuovi che uscivano all’estero si poteva fare il solito testo in italiano, come nel caso di “So che tu non credi”, di cui io scrissi le parole ma senza riceverne un soldo perché non ero iscritto alla Siae. Infatti sul disco sta scritto Coppola, che era un autore dell’Ariston messo dietro a una scrivania, che mi disse: “Dai a me questo testo che ti iscrivo io”. Adesso deve essere scomparso, poveretto, un bravo cristo ma un po’ così sai…”.
Sarà successo così anche per "Il gatto di notte"? Potrà raccontarcelo lo stesso Paolo Melfi, se vorrà.
I due brani sono entrambi interessanti: "...e la terra si allontana" ha alcuni spunti melodici che rimandano al celeberrimo brano di Gilbert Becaud "Je t'appartiens", ma è il testo ad essere interessante perchè, ben due anni prima di "Space oddity", racconta di un gruppo di astronauti che si perdono nello spazio. "Il gatto di notte" ha invece alcuni richiami psichedelici, del resto quello era il periodo, dal punto di vista musicale, del "flower power" (siamo nel 1967), e si caratterizza anche per l'uso dei fiati.
Per la registrazione il gruppo ha utilizzato uno strumento inventato da loro, il tubifon (un tubo di alluminio piatto con una corda di metallo), come hanno raccontato ad Ursus.
Ricordiamo infine la formazione dei Ragazzi del Sole in questo disco, che era composta da Paolo Melfi alla voce solitsta (il sostituto di Pierfranco Colonna), Arcangelo Aluffi alla batteria, Carlo Marcoz al basso, Danilo Pennone alla chitarra e Piercarlo Bettini alle tastiere.
Concludo con un invito: il 17 novembre Paolo Melfi festeggerà i settant'anni: perchè non organizzare, con l'occasione, una reunion del gruppo, magari coinvolgendo anche altri musicisti torinesi disponibili? Pensateci, ragazzi...

1) ...e la terra si allontana (Alberto Salerno-Massimo Salerno)
2) Il gatto di notte (Mario Coppola-Dallas June Frazier)

domenica 8 maggio 2016

Marco Ferradini - ...ma quando Teresa verrà... (1978)












Oggi presentiamo il primo album del cantautore comasco Marco Ferradini, pubblicato nel 1978 dopo la sua partecipazione al Festival di Sanremo con "Quando Teresa verrà" (canzone che dà il titolo al disco).
Al momento dell'uscita dell'album Ferradini è già in attività da alcuni anni: i suoi esordi risalgono infatti agli anni '60 nel gruppo beat dei Balordi, che abbandonerà insieme ad un altro componente, Pino Matteucci, per formare la Drogheria di Solferino (insieme a Fabio Ritter), trio acustico con cui nel 1971 partecipa al primo Festival di Re Nudo.
Passa poi ad un'altra formazione a metà tra il folk e il prog, gli Yu Kung; grazie alla conoscenza di Alessandro Colombini ottiene il contratto discografico da solista con la Spaghetti, etichetta che il produttore (dopo le esperienze nel Clan Celentano, alla Ricordi e alla Numero Uno) ha fondato con Shel Shapiro e Silvio Crippa.
L'album risente delle esperienze passate di Ferradini: si tratta infatti di un disco essenzialmente acustico, influenzato da certe atmosfere West-Coast, arrangiato dallo stesso cantautore con Colombini (mentre Crippa e Shapiro sono i produttori).
Il disco viene registrato negli studi Ricordi di Milano e Stone Castle di Carimate (un brano, "Karkadé", è registrato nel parco del castello) da Ezio De Rosa, che segue anche il mixaggio dei brani con Colombini.
La busta interna, oltre ai testi delle canzoni, contiene delle brevi introduzioni di Ferradini alle tematiche dei singoli brani, da cui emerge un filo conduttore autobiografico, con la fine di un amore (quello verso Adriana) e la nascita di una nuova storia (con Teresa).
Il disco si apre con "Gatto", introdotta da un riff di chitarra acustica (che a partire dalla seconda strofa verrà ripetuto insieme al flauto), che attraverso l'uso delle metafore animali descrive vari personaggi (il testo è scritto insieme a Simon Luca, che collabora anche in altri brani); la voce di Ferradini è, per la prima metà, insolitamente bassa, per poi alzarsi di un'ottava nel finale.
"Mariù" è un terzinato non particolarmente significativo, storia di una contadina che scappa di casa a quindici anni, mentre senza dubbio più interessante è "Mezzanotte", un valzer country folk con un testo nostalgico in cui Ferradini ricorda le verdi valli nelle vicinanze di Como, la sua città di origine (che aveva abbandonato anni prima per trasferirsi a Milano).
Probabilmente "Marylou", con la sua ambientazione western a base di banjo e violino, è un brano che ha già qualche anno, visto che la musica è scritta insieme a Fabio Ritter, uno dei tre componenti della Drogheria di Solferino, mentre il lato A si conclude con un gioiellino, "Karkade", canzone acustica in cui ritorna il violino nel finale in  un assolo branduardiano.
Il lato B si apre con "Adriana", la canzone che venne pubblicata anche su 45 giri, con una musica a metà tra James Taylor e Jackson Browne, mentre "Coppia" descrive amaramente la routine abitudinaria della vita in due.
"San Martino" ha una bella musica acustica, non sorretta però da un testo adeguato (che si perde in metafore animali ma in maniera meno efficace rispetto a "Gatto"); conclude il lato e il disco "Quando Teresa verrà", che come abbiamo già ricordato Ferradini presento al Festival di Sanremo e che venne pubblicata come 45 giri (con sul retro "Coppia coppia", che come abbiamo visto qui sul 33 giri ha il titolo dimezzato), bella canzone d'amore,
Tra i musicisti troviamo molti nomi noti tra i session men milanesi, come Flaviano Cuffari alla batteria, Paolo Donnarumma al basso, Claudio Bazzari alle chitarre, Aldo Banfi alle tastiere, Lucio Fabbri al violino, Piero Milesi al violoncello, Hugo Heredia e Claudio Canevari ai fiati e Beppe Cantarelli alla chitarra elettrica in "Coppia", mentre Shel Shapiro suona il piano fender in "Quando Teresa verrà".
Il disco è comunque interessante per essere un disco di debutto, e ci mostra un aspetto musicale che Ferradini in seguito metterà in secondo piano, privilegiando atmosfere più elettriche e ritmate a partire dal disco successivo, il Q Disc "Schiavo senza catene" (che tutti ricordano per "Teorema).

LATO A

1) Gatto (testo di Marco Ferradini e Simon Luca; musica di Marco Ferradini)
2) Mariù (testo e musica di Marco Ferradini)
3) Mezzanotte (testo e musica di Marco Ferradini)
4) Marylou (testo di Marco Ferradini;  musica di Fabio Ritter e Marco Ferradini))
5) Karkadé (testo e musica di Marco Ferradini)

LATO B

1) Adriana (testo e musica di Marco Ferradini)
2) Coppia (testo di Marco Ferradini e Simon Luca; musica di Marco Ferradini)
3) San Martino (testo di Marco Ferradini e Simon Luca; musica di Marco Ferradini)
4) Quando Teresa verrà (testo di Marco Ferradini e Simon Luca; musica di Marco Ferradini)