lunedì 31 gennaio 2011

Domi Serengay - Turin 'd seira-Gioanin Pet Pet Sigala (1967)












Di Domenico Seren Gay abbiamo parlato già alcune volte: personaggio che definire eclettico è poco, è stato il fondatore della casa discografica Kansas (agli inizi con Miki del Prete), compositore, autore, attore ed anche pittore; inoltre ha scritto nel 1971 il volume “Storia del teatro dialettale piemontese”, opera ancora oggi non superata per completezza.
Scomparso nel 2003, è uno dei tanti personaggi di cui Torino si dimentica in fretta, ed ovviamente nessuno pensa di dedicargli una via o un corso....ma non importa, noi intanto lo ricordiamo qui, postando un suo 45 giri con due canzoni tratte entrambe dall’album "Torino piange e ride", inciso con il complesso di Barimar (pseudonimo di Mario Barigazzi, fisarmonicista, compositore ed arrangiatore).
"Turin ‘d seira", di cui allego per tutti i Napuli (detto ironicamente, visto che chi scrive è uno dei cosiddetti "Piemontesi del tacco") una traduzione in italiano, descrive la nostra città in termini che tutto sommato potrebbero essere attuali ancora oggi, con un misto di malinconia che però, anche quando rievoca alcune cose del passato (dal Teatro Balbo alle sartine) non diventa mai rimpianto, apprezzando comunque la città del presente.
La canzone sul retro vede invece come protagonista Gioanin Pet Pet Sigala, che è un personaggio tipico della tradizione popolare piemontese: un tizio un po’ lento, che passeggia fumando il sigaro mentre passeggia…..c’è una nota filastrocca che recita "Gioanin Pet Pet Sigala a fasia l'aviator, mancaie la bensina pisaie nt'al motor" (….ma questa non ve la traduco!).
Mi rendo conto che oggi, in tempi in cui persino nelle fiction ambientate sotto la Mole ci sono attori con quel fastidioso accento romanesco (intendiamoci, mi riferisco all'accento televisivo, non certo al glorioso dialetto di Trilussa e Gabriella Ferri!), il piemontese possa sembrare un po’ ostico, ma penso che tuttavia sia invece necessario non disperdere (ed anzi, se possibile, rilanciare) tutto un patrimonio (culturale prima ancora che linguistico) su cui si basa la storia ed in cui affonda le radici questa città.

Torino di sera

Ai piedi di questa collina si stende la nostra città,
che assomiglia a una gran dama,
una dama ingioiellata.
Una stella, una gran stella sulla sua fronte,
una stella tutta illuminata.
Torino, Torino di sera,
tu ci fai sognare.
Al vecchio teatro Balbo c'era Isa Bluette,
con lei cantava anche un'altro bel musetto,
un musetto che ho rivisto per tanti anni
mentre vendeva i fiori agli angoli delle strade.
Torino, Torino di sera,
tu ci fai sognare.
Passeggio sotto i portici all'università:
purtroppo non c'è Dorina, e Mario non c'è più.
Gli studenti non guardano più le sartine,
ed io borbotto "Ciao gioventù".
Torino, Torino di sera,
tu ci fai sognare.
E quando vado al cine penso che un bel giorno
il cinema italiano è nato proprio qui,
e la Mole ha lanciato anche la Bertini,
e poi Maciste, Collo e Za la Mort.
Torino, Torino di sera,
tu ci fai sognare.
Ai piedi c'è un poeta che canta le canzoni:
è il fiume, che mai si stanca di cantare canzoni d'amor,
è il Po, che come noi è innamorato,
innamorato di questa gran città.
Torino, Torino di sera,
tu ci fai sognare,
Torino, Torino di sera,
tu ci fai sognare.

1) Turin ‘d seira (Domenico Serengay)
2) Gioanin Pet Pet Sigala (Domenico Serengay)

domenica 30 gennaio 2011

Day Costello – La lunga strada che/Free (1970)

 










Tutti conoscono Elvis Costello, il celebre rocker londinese, che, tra le altre cose, ha collaborato anche con Paul McCartney in varie occasioni…pochi però sanno perché Patrick MacManus ha scelto questo pseudonimo.
Lo spieghiamo con questo post: si tratta di un omaggio a Day Costello.
La domanda sorge spontanea: chi è Day Costello? Si tratta anche in questo caso di uno pseudonimo, di Ross MacManus che (forse molti a questo punto lo avranno capito…) altri non è che il padre di Patrick.
Insomma, è un po’ come Mario Biondi, che si chiama all’anagrafe Mario Ranno: suo padre, Stefano Ranno, è stato per molti anni cantante con il nome d’arte di Stefano Biondi (anche su di lui presto verrà pubblicato un post), e quindi possiamo dire che, in questo caso, si tratta di un cognome d’arte ereditato.
Torniamo a Day Costello: il cognome viene preso da quello di sua madre (la nonna di Elvis, insomma….), ed è il cantante di un gruppo, la "Joe Loss Band"; quando intraprende la brevissima carriera solista, nel 1970, incide una sua versione di “The long and winding road” che riscuote un certo successo in Australia.
Ne viene preparata una versione in italiano, con il testo scritto da Felice Piccarreda (anche lui è stato intervistato per “Musica leggera”, nel numero 5, da Vito Vita), autore in quel periodo di alcune versioni di canzoni dei Beatles in italiano (“Carry that weight” e “Ob-la-di, ob-la-da” per i Nuovi Angeli, “Back in the U.S.S.R.” per Chris & The Stroke, “Golden Slumbers” per Fred Bongusto).
La canzone sul lato B, “Free”, è scritta invece dall’australiano Allan Crawford, uno dei tre produttori di Costello, ed è un lento melodico basato su un arpeggio di chitarra.
Il disco è pubblicato dal Clan Celentano, nella serie internazionale (riconoscibile dal prefisso BF-ES che precede il numero di catalogo).
Se guardate l’etichetta, potete vedere che c’è scritto sulla destra “Per gentile concessione della Spark Records”: non si tratta della Spark italiana (erede della MRC), ma di una casa discografica australiana.
Vi è inoltre un altro errore nell’etichetta: gli altri due produttori sono scritti ‘’Gino Christo Cudsi’’, come se si trattasse di una persona sola….manca quindi una &, perché si tratta di Gino & Christo Cudsi, due fratelli greci di cui il primo, Gino, abbastanza noto come cantante nei primi anni ’60.
Chi fosse interessato alla versione in inglese di Costello può trovarla qui .


1) La lunga strada che (Felice Piccarreda-John Lennon-Paul McCartney)
2) Free (Allan Crawford)

sabato 29 gennaio 2011

Le Vite Parallele (Enzo Maolucci) - Strega d'aprile/Una ballata per Mike McCoy (1970)












Nel giugno 1970 si tengono le elezioni comunali in varie città italiane, tra cui Torino.
La città è governata da alcuni anni dalla Democrazia Cristiana: il sindaco uscente è Andrea Guglielminetti, cugino della poetessa Amalia Guglielminetti, nato in via San Donato e cresciuto nell'omonimo borgo, uno dei più importanti della città, soprattutto dal punto di vista culturale (in via Cibrario visse negli ultimi anni e morì Guido Gozzano, e sempre in quartiere abitò per qualche tempo Emilio Salgàri).
Le elezioni non portano sostanziali cambiamenti nel governo del comune: la maggioranza è sempre guidata dalla Democrazia Cristiana, e come sindaco viene eletto Giovanni Porcellana, che guiderà la città fino al 1973.
Per il consiglio comunale si presentano, tra i tanti, anche l'avvocato Dino Belfiore (7), il dottor Giuseppe Bracco (14) ed il dottor Roberto Rovera (69), ed i tre decidono, per la campagna elettorale, di far pubblicare un disco di un complesso torinese, Le Vite Parallele, inserendo in copertina i loro tre nomi con il numero di lista di riferimento.
Ma........chi sono Le Vite Parallele? Sono un gruppo formato da tre musicisti, di cui il cantante e chitarrista diventerà, anni dopo, un celebre cantautore torinese: Enzo Maolucci.
Sì, proprio lui, quello di "Torino che non è New York" e "Baradel", la figura più importante emersa nella seconda metà degli anni '70 nel mondo musicale torinese....anche nel 1970 Maolucci è già cantautore: pur essendo, sull'etichetta del disco, le canzoni firmate da Maolucci-Corinto-Fiori (....forse questi ultimi due sono gli altri componenti del complesso?), alla Siae i brani risultano depositati dal solo Maolucci.
Si tratta di due canzoni acustiche, molto diverse dallo stile, decisamente più rock, che il cantautore adotterà in seguito: ed è senza dubbio singolare che colui che in seguito canterà "E' morto Allende, Baradel, ci son le bombe dei padroni" nel 1970 appoggi la campagna elettorale di tre candidati democristiani.
Sulle Vite Parallele vorrei ancora ricordare l'album, "Dimensioni solari", arrangiato da Nando De Luca, di recente stampato in CD: doveva essere pubblicato dalla Numero Uno ma, secondo quello che racconta Maolucci, la Maionchi richiese al complesso alcuni cambiamenti stilistici che il cantautore si rifiutò di apportare alle sue canzoni, e l'album rimase quindi inedito (fino a pochi mesi fa).
Ma.....come andarono a finire le elezioni per i tre candidati? Basta consultare "La Bugiarda" dell'11 giugno: venne eletto il solo Bracco, mentre Rovera e  Belfiore non ci riuscirono, e non per colpa di Maolucci!


1) Strega d'aprile (Maolucci-Corinto-Fiori)
2) Una ballata per Mike McCoy (Maolucci-Corinto-Fiori)

giovedì 27 gennaio 2011

Francesco Guccini - Nené/Tema di Ju












La discografia italiana (ehm....italiana si fa per dire...), povera di idee, non trova di meglio che pubblicare o dischi di cover o antologie....queste raccolte vanno di moda: specialmente poco prima delle feste natalizie si moltiplicano le varie "Platinum Collection", in genere triple. A volte l'obiettivo è quello di rilanciare carriere declinanti, altre volte invece si vuole sfruttare il catalogo di un artista passato ad un'altra etichetta e che magari sta lanciando un nuovo disco....nel caso di Francesco Guccini, invece, la EMI ha voluto coprire l'assenza, ormai troppo lunga (secondo i discografici), di materiale inedito dal mercato, visto che "Ritratti" è del 2004.
E così la prima raccolta tripla risale al 2006, e l'unica canzone interessante (nel senso di non facilmente reperibile) era "Le belle domeniche", pubblicata in origine nel 1975 nella raccolta "Grand'Italia"; nel 2010 è invece la volta di "Storia di altre storie", questa volta doppia, con un inedito ("Nella giungla") e la versione del 45 giri di "Un altro giorno è andato".....per il retro, "Il bello", bisognerà aspettare la prossima raccolta.
E chissà quando verranno ristampate in CD le due canzoni di questo 45 giri pubblicato nel 1977, tra "Via Paolo Fabbri 43" ed "Amerigo": sto parlando di "Nené" e "Tema di Ju", due strumentali che Guccini scrisse per la colonna sonora del film di Salvatore Samperi "Nené".
Come riportato nell'etichetta, alla chitarra solista c'è il "solito" Flaco Biondini, mentre la realizzazione artistica è del maestro Vince Tempera (che, presumo, suona le tastiere).
I due brani sono, in tutto e per tutto, nello stile a cui il cantautore di Pavana ci ha abituati: se avessero avuto un testo, avrebbero potuto benissimo essere inseriti nei due 33 giri citati prima.
Non ho mai visto il film, ma sarei curioso di sapere se la colonna sonora contiene altri brani di Guccini (come lascerebbe presumere il retro di copertina)....se sì, si potrebbero diluire, uno per antologia, per anni ed anni....(e chissà che la EMI non ci pensi davvero!)


1) Nené (Francesco Guccini)
2) Tema di Ju (Francesco Guccini)

martedì 25 gennaio 2011

Mario Scrivano & gli Eredi – Clown/Amerò (1967)

 











Mario Scrivano è un cantautore di Pinerolo; geometra, ha iniziato a suonare la chitarra all'età di 11 anni. Prima di passare alla Kansas (per cui inciderà anche un LP), incise alcuni 45 giri per la Saphir, casa discografica milanese (che aveva anche una sede in Svizzera), tra cui questo, oggetto del post di oggi, nel 1967 (la data sul vinile è quella del 7 settembre).
Mentre solitamente Scrivano era accompagnato dal complesso “I 4 Angeli”, con cui effettuava le serate, in questo invece canta con gli Eredi.....esisteva un complesso con questo nome che aveva anche partecipato al “Rapallo Davoli” del 1966, ma erano di Roma: non si tratta di loro, questi sono un gruppo omonimo di concittadini di Scrivano....non so se l'abbinamento fosse pensato dalla casa discografica, o se, per qualche tempo, il cantautore ne abbia fatto parte.
Peraltro esistono stampe di questo 45 giri senza il nome di Scrivano ma con l'attribuzione solo agli Eredi.....per cui potrebbe anche essere che il cantautore abbia fatto parte per qualche tempo del gruppo e che le stampe con il nome siano successive.
Mentre “Clown” è, a tutti gli effetti, un brano beat, “Amerò” risente dello stile tipico di Scrivano; verrà inoltre reinciso dall'autore dopo il passaggio alla Kansas.
Entrambi i brani sono firmati anche da Giorgio Santiano, che era il proprietario del “Paips”, locale molto noto, nonché titolare di un'orchestra con cui aveva inciso alcuni dischi per la Fonit-Cetra a cavallo tra gli anni '50 e '60 ; la sua canzone più celebre è “Aufwiedersehen a Diano Marina”,ed alla cittadina ligure Santiano era molto legato in quanto vi gestiva (insieme a Nina Degasperis) il dancing “Fieramosca”, uno dei più noti della Riviera Ligure, in cui un giovanissimo Alberto Fortis (che a Diano Marina trascorreva le vacanze) ascoltava dal vivo i più noti musicisti italiani dell'epoca.
Per saperne di più su Giorgio Santiano potete leggere, nel bel volume “Al, che fine ha fatto Jude?”, ciò che ne scrive l'autore, appunto Alberto Fortis, alle pagine 41-43, ricordando quando Santiano suonava con Lucio Battisti al Fieramosca (peraltro Battisti a Diano Marina è ricordato anche in un'intervista realizzata da Michele Neri e Fabio Sanna a Gabriele Lorenzi della Formula Tre che potete leggere qui ).
Tornando alle due canzoni, entrambe non risultano essere presenti nell'archivio Siae, e quindi non possiamo sapere chi sia il terzo autore, Kaskat (presumibilmente uno pseudonimo): troviamo però questa firma anche in altri 45 giri della Saphir come “Madison in famiglia/No no non mi lasciar”, di Franco Andolfo, o “Ehi!Tu cosa vuoi/Dove un dì c'eri tu” di Silvano Silvi e gli Erranti (che già abbiamo conosciuto)......forse una persona collegata a questa etichetta?

1) Clown (Giorgio Santiano – Kaskàt – Mario Scrivano)
2) Amerò (Giorgio Santiano – Kaskàt – Mario Scrivano)

lunedì 24 gennaio 2011

Ernesto Bassignano – Ma... (1973)

 










Nel numero 3 di “Musica leggera”, di marzo/aprile 2009, vi è un'intervista che ho realizzato ad Ernesto Bassignano (uno dei quattro ragazzi con la chitarra e il pianoforte sulla spalla di “Notte prima degli esami”) in cui viene ripercorsa tutta la sua carriera.
Bassignano, storico cantautore romano (ma di famiglia piemontese, e vissuto in provincia di Cuneo durante l'infanzia e l'adolescenza), ha iniziato al Folkstudio, nel gruppo “I giovani del folk” (con Venditti, De Gregori e Giorgio Lo Cascio), ed ha avuto sicuramente meno fortuna commerciale rispetto a quella che avrebbe meritato.
Tornando all'intervista, vi riporto la parte di essa in cui Ernesto parla del suo primo album (che è poi il post di oggi).

V: Questa con la Picci rimase un'esperienza isolata (mi riferisco ad un 45 giri precedente, N.d.V), perchè l'album lo pubblicasti con l'Ariston...
E: Sì, ma anche questo è un disco militante, a parte le canzoni ovviamente: era stato fatto per venderlo alle feste dell'Unità, perchè il partito era interessato. Il produttore era Leo Capello, un amico di Enrico Manca che lavorava per il P.S.I. L'aspetto musicale, durante le registrazioni fatte in uno studio della Ariston a Milano, fu seguito dal maestro Gianni Guarnieri, che suonò anche il pianoforte.Ma a quelli della Ariston del mio disco non gliene fregava niente, puntavano a cose con più mercato. Quindi la promozione fu inesistente, a parte quella che io mi facevo per conto mio alle feste dell'Unità.
V: Nel tuo primo album c'è “La mia scuola”, una canzone che è ritornata d'attualità ultimamente....
E: “La mia scuola”? Ma davvero l'ho incisa?
V: Certo, è la terza del lato 2. Ci sono quei versi “Spariranno le classi speciali per i bimbi che non sanno capire / Scuola di tutti, scuola di domani, / gli stessi diritti per tutti gli umani”....E ora invece le classi speciali ritornano, solo che si chiamano classi ponte.....
E: Non mi ricordavo assolutamente. Io il disco non ce l'ho, è introvabile. Pensavo di averla cantata solo dal vivo e non averla mai incisa. Dovrei riascoltarla, ma hai ragione.

Tutti quelli interessati a leggere il resto dell'intervista possono comprare il numero arretrato di "Musica leggera" dal sito
Ma....cosa è successo dopo la pubblicazione? Bassignano, rispondendomi, affermava di non avere “Ma...”, e che è un disco introvabile....sì, ma non per me, che ce l'avevo e ce l'ho tuttora.
Quindi l'ho riversato su CD, creando i file audio di ogni canzone e masterizzandoli, poi ho cercato di fotocopiare rimpicciolendola ed adattandola alla custodia del cd la copertina ed infine gliel'ho spedito.
Qualche giorno dopo Ernesto mi ha ringraziato in diretta radiofonica dai microfoni della Rai, durante la trasmissione “Ho perso il trend”, che conduce da anni con Ezio Luzi (e poi anche in privato, via mail).
E queste sono soddisfazioni, per un appassionato di musica...!

LATO A

1) Veniamo da lontan
2) Compagni compagni
3) Compagno dove vai
4) Hai voluto dire basta
5) Le bombe
6) Giovani del sud

LATO B

1) Case
2) Girotondo O.N.M.I.
3) La mia scuola
4) Centro
5) Militar soldato
6) Ma...
7) Gli anni '60

domenica 23 gennaio 2011

Marco Carena - Buonanotte-Blues delle mutande lunghe (1990)












Prima di vincere il Festival di Sanscemo nella primavera del 1990 (la prima edizione della rassegna di musica demenziale ideata da Paolo Zunino), il cantautore torinese Marco Carena aveva già inciso un 45 giri con due canzoni, pubblicato dalla Dracma, etichetta di cui abbiamo già parlato nel post sui Camaleunti.
Si tratta di due canzoni, "Buonanotte" e "Blues delle mutande lunghe", in cui è evidente lo stile di Carena, a metà tra la canzone e il cabaret.
Dopo la vittoria a Sanscemo, firmerà un contratto con la Virgin e questi due brani verranno reincisi con nuovi arrangiamenti.

1) Buonanotte
2) Blues delle mutande lunghe

sabato 22 gennaio 2011

Renato Carosone – EP (1959)












Continuando ad alternare post su musicisti torinesi con altri riguardanti altri artisti, dopo i Brutos oggi ci occupiamo di uno dei più noti musicisti napoletani.
Le biografie ed i libri dedicati a Renato Carosone, solitamente, scrivono che il 7 settembre 1960 si ritirò al culmine del successo per quindici anni.
A parte il fatto che non si trattò di un vero e proprio ritiro (almeno discograficamente, visto che inciderà altri quattro brani nel 1963), non è del tutto vero che lo fece al culmine del successo: se infatti dal vivo il celebre sestetto continuava a riempire le sale da ballo e ad esibirsi in giro per il mondo, le incisioni dei due anni precedenti per la nuova casa discografica (la Stereo, fondata da Carosone stesso) non avevano bissato le vendite di quelle per la Pathé (“Maruzzella”, “'O sarracino”, “Caravan petrol”, “Tu vuo’ fa’ l’americano”).
Anche la vena (compresa quella di Nisa), in effetti, pareva essersi un po’ inaridita: prendiamo ad esempio la canzone che apre questo Ep del 1959, ‘’’O pellirossa” (cantata da Gegé): pare ripetere dei cliché già sentiti nei dischi precedenti, così come “Napolione ‘e Napule” (unica canzone cantata da Carosone ed unica non scritta da Nisa e Carosone), che apre il lato B, tenta di disegnare un personaggio tipico come “’O sarracino” ma con esiti meno riusciti
“Cow-boy” (cantato da Piero Giorgetti), il secondo brano del lato A, è sicuramente più interessante: si tratta di un blues, genere non solito per il sestetto, così come “Baby rock” (anche questa cantata da Giorgetti), in cui è però discutibile l’inserimento delle vocine che, se erano una novità ai tempi di “…e la barca tornò sola”, quattro anni dopo sapevano di riciclaggio.
La Stereo, comunque, ebbe vita breve: a causa delle vendite deludenti sia di Carosone sia degli altri artisti (Ilia Lopez, Gene Colonnello, Luciano Fineschi, Ernesto Bonino), chiuse le attività alla fine del 1961.

LATO A

1) ‘O pellirossa (Nisa-Renato Carosone)
2) Cow-boy (Nisa-Renato Carosone)

LATO B

3) Napolione ‘e Napule (Raffaele Cutolo-Giuseppe Fanciulli)
4) Baby rock (Nisa-Renato Carosone)

venerdì 21 gennaio 2011

Maurizio Maiotti - 1944--1963 I complessi musicali italiani

Questo è uno di quei libri che NON può assolutamente mancare nelle case degli appassionati di musica leggera italiana del passato.
Frutto di un lavoro immane e durato anni (come mi ha raccontato Maurizio), fatto di ricerche su riviste e in archivi, di interviste a musicisti protagonisti di quegli anni, di catalogazioni discografiche, è senza alcun dubbio un libro che stabilisce un punto fermo sulla ricerca storica sulla musica leggera tra gli anni '40 ed i primi anni '60.
Maurizio Maiotti è, come molti di voi sanno, il fondatore e direttore della rivista "Jamboree", oltre che l'autore di alcune interessanti monografie di argomento musicale (ad esempio sulla casa discografica Jolly, sulla produzione italiana di Elvis Presley ed altre ancora): in questo "1944--1963 I complessi musicali italiani", suddiviso in due volumi, racconta le vicende di quasi tutti i gruppi italiani dell'epoca, ricostruendone ove possibile le formazioni, e corredando il tutto con un ricco apparato iconografico (copertine di dischi, spartiti, foto dei musicisti).
Alcuni di questi complessi i frequentatori del blog hanno avuto l'occasione di conoscerli: i Campanino, Torquato e i Quattro, i Brutos......altri (i Convers, i Mattatori, Ruggero Oppi) gli conoscerete prossimamente.
Nel secondo volume, inoltre, Maiotti ricostruisce anche le discografie dei complessi citati, in ordine alfabetico, suddividendo i vari formati e riportando anno di uscita, casa discografica e numero di catalogo (come dovrebbe essere fatta ogni ricerca discografica seria).
Vengono anche ringraziate alcune persone che hanno dato una mano all'autore, sia musicisti come Franco Cerri o Gerry Bruno, sia altri esperti come Christian Calabrese ed Alessio Marino, sia giornalisti come Mario De Luigi, il direttore di "Musica e dischi".
Maurizio Maiotti, dopo un meritato riposo, riprenderà a lavorare per dare un seguito a questo lavoro, affrontando gli anni del beat, dal 1964 al 1968....conoscendo il suo modo di lavorare e la sua competenza sugli argomenti legati al mondo musicale del passato, siamo certi che anche quel volume saprà soddisfare le attese.
Potete trovare il volume, che è in tiratura limitata di 1000 copie, o nei circuiti delle librerie Feltrinelli o nei siti di acquisto on-line dei libri (ad esempio qui ).

mercoledì 19 gennaio 2011

I Brutos – EP (1960)

 











Se questo post avesse un titolo, potrebbe essere “Da Torino alla conquista del mondo”.
Gerry Bruno, intervistato dal mio amico Vito Vita per “Musica Leggera” (intervista pubblicata nel numero 10; chi lo avesse perso può acquistarlo qui), ha raccontato come i cinque Brutos, nati come gruppo sui palchi del Teatro Alcione di corso Regina alla fine del 1958, nel giro di due anni arrivarono ad esibirsi, oltre che nelle principali città italiane, anche all’estero, dagli Stati Uniti all’Asia, dall’America Latino fino alla consacrazione all’Olympia di Parigi....un successo impensabile per un gruppo torinese ai giorni nostri (....altro che i Subsonica! Ma erano altri tempi.....).
Questo è l’unico EP inciso in Italia dal gruppo (un altro è stato stampato solo in Francia), pubblicato dalla Emanuela Records di cui abbiamo già parlato nel post di Fiorella Bini; e ritroviamo anche qui gli autori delle canzoni della Bini, e cioè Barone e Giovanni Marabotto.
“Destinazione luna” è un esempio di come i cinque eseguissero le canzoni: con Jack Guerrini, il bello, cantante solista, e gli altri quattro che, impeccabili nei cori, arricchiscono la canzone con gag e battute; il brano venne anche inciso dal quartetto “Poker di voci”.
“Desiderio di un giorno”, canzone d’amore, è cantata dal solo Guerrini.
“Zappa John”, di ambientazione western, inizia con una citazione musicale di “Oh Susanna”, e racconta le vicende di un cercatore d’oro del Missouri, incitato a scavare dalla moglie (il ritornello recita “Zappa John, l’oro c’è….”); nella canzone viene anche citata la celeberrima “Nella vecchia fattoria dei Cetra”….ma l’ambientazione torinese viene fuori quando John racconta di essere stato, la mattina, sotto i portici…e sinceramente riesce difficile immaginare dei portici stile quelli di via Po nel Far-West!
Il brano conclusivo, “Voglio spegnere il sole”, vede nuovamente Guerrini alla voce solista, ed è scritto per quel che riguarda la musica dal maestro Piero Pasero.
L’orchestra che suona nelle quattro canzoni è quella di Arrigo Amadesi, che è poi quella che è presente in quasi tutte le incisioni della Emanuela Records.
Due di queste canzoni, "Destinazione luna" e "Zappa John", furono anche pubblicate su 45 giri.
Infine una curiosità: il disco venne anche pubblicato in Spagna, dall’etichetta Discophon.
La bonus track è "Destinazione luna" nella versione del quartetto Poker di voci.

1) Destinazione luna
2) Desiderio di un giorno
3) Zappa John
4) Voglio spegnere il sole

5) Bonus track: Poker di voci - Destinazione luna

martedì 18 gennaio 2011

Gina Gey - Aggiornamento

Nel post che abbiamo dedicato a Gina Gey   il 6 gennaio scorso avevamo scritto, in merito alla canzone "Qualcosa di blu": "dovrebbe essere una cover, vista la firma McDaniels, ma non so, ahimè, dirvi di cosa.....se qualcuno per caso lo sapesse me lo faccia sapere; il testo italiano è di Renato Scala".
Ci ha scritto uno degli utenti iscritti alla mailing list, Andrea Mortara, che ha effettuato delle ricerche in merito: "Complimenti per il blog, stai inserendo una rarità dopo l'altra (mi ha sorpreso non poco il disco "cantautorale" di Enrico Riccardi!). Bellissima anche la compilation sul Natale, ne farai altre prossimamente? 
A proposito ... la canzone "Qualcosa di blu" cantata da Gina Gey è una cover di "Something blue" di Gene McDaniels, autore americano da cui all'epoca furono tradotti in italiano anche altri due brani "Tower of strange" (la "Stai lontana da me" cantata da Celentano) e "It's a lonely town" ("Città vuota" cantata da Mina), l'originale c'è anche su YouTube".
Ringraziamo Andrea per i complimenti e, soprattutto, per la precisazione in merito a Gina Gey su cui, comunque, le indagini per l'identificazione continuano....!

Dominga – Disco Tris (1966)

 










Cerchiamo, come di consueto, di alternare post dedicati a cantanti e musicisti torinesi (o comunque legati a Torino) con altri che invece parlano di rarità o curiosità discografiche…in questo caso, la prima incisione di Dominga.
Dominga è il nome d’arte di Domenica Torno, nata nel 1950 a Turbigo, in provincia di Milano.
Forse molti di voi la ricordano nel periodo in cui incideva per la Decca, tra il 1969 e il 1973, partecipando a manifestazioni come “Un disco per l’estate” (1970, 1971 e 1972) o a trasmissioni televisive come “Settevoci”, e mettendosi in luce per le minigonne ultracorte che sfoggiava in ogni occasione.
Ma pochi sanno che gli esordi di Dominga sono stati del tutto diversi, all’insegna di un look decisamente più tradizionale, come quello che potete vedere nella copertina del suo disco d’esordio, e di una musica ancora più tradizionale: si tratta di un disco tris, cioè un 45 giri contenente tre canzoni, pubblicato nel 1966 (la data sul vinile è quella del 12 febbraio) dalla New Star Record, l’etichetta fondata l’anno prima dal Maestro Angelo Camis (che i più attenti di voi ricorderanno come autore della musica di “Qua qua quando”, cantata da Francesco Baccini).
La prima, “Ho dimenticato per te” è un terzinato con in evidenza il sassofono e l’organo, ed è la canzone con cui Dominga aveva vinto la seconda edizione della Fiera della Canzone Italiana di Milano, nel 1965, ottenendo così il contratto discografico con la New Star; nulla sappiamo dell’autrice della canzone, Avelina Bottiani.
“Te ne sei andato”, brano orecchiabile, pur presentando sull’etichetta le firme di due autori sconosciuti (Condello e Mozzatesta) risulta invece alla Siae come scritta dal maestro Angelo Camis (che, oltre a essere il patron della casa discografica, è anche l’arrangiatore delle tre canzoni)….un’ipotesi potrebbe essere che i due autori non fossero iscritti alla Siae e che, quindi, Camis l’abbia depositata a suo nome.
La terza canzone, “L’amore tornerà”, non risulta nemmeno essere depositata, ed è un melodico tradizionale.
In definitiva un disco interessante sicuramente più dal punto di vista storico che non da quello artistico.

Dominga ha poi cantato, a partire dagli anni ’80, in un’orchestra di liscio: destino comune a molte cantanti di medio successo tra gli anni ’60 e ’70 (come Edda Ollari)

1) Ho dimenticato per te (Avelina Bottiani)
2) Te ne sei andato (Condello-Mozzatesta)
3) L’amore tornerà (Tozzi-Quequeb)

domenica 16 gennaio 2011

Carlo Credi - Chi è Carlo Credi (1976)

 










Molti, davanti a questo post, si chiederanno: "Chi è Carlo Credi?".....e questo è anche il titolo di questo disco, l'unico album del cantautore torinese Carlo Credi, pseudonimo di Carlo Caddia, nato a Torino il 4 luglio del 1947.
In via Bogino, una traversa di via Po, esisteva (fino ai primi anni ’80, mi pare…) una piola (tipica osteria piemontese, molti forse ricorderanno le “Le canson dla piòla“di Roberto Balocco) che si chiamava “Da Betty”, dove si potevano incontrare personaggi come Maurizio Corgnati (noto ai più come ex marito di Milva).
In questo locale venne anche registrata una canzone di questo disco, quella che lo apre, "Shiva al metrò"; il resto dell'album è stato invece registrato allo studio "Format" di Happy Ruggiero, in via Ventimiglia, con Giancarlo Fracasso come tecnico del suono.
Due anni fa ho intervistato Johnny Betti, ex batterista dei Circus 2000 e dei Living Life nonché fondatore e titolare della Shirak, etichetta torinese attiva per una quindicina d’anni: Betti (che ora vive in Spagna) mi ha raccontato com’era nato l’album (il secondo pubblicato dalla casa discografica), e mi ha detto di essere in possesso di altre registrazioni inedite di Carlo Credi, chissà che, un giorno o l’altro, non decida di pubblicarle in qualche modo.
La Shirak, in questo periodo, era distribuita dall’Editoriale Sciascia di Armando Sciascia, il titolare della celeberrima Vedette.
Carlo Credi purtroppo è morto molto giovane, l'8 maggio del 1986 (è sepolto all'Ossario del Cimitero Monumentale di corso Novara): aveva dei seri problemi legati all’alcool ed alla droga; però, cercando in internet, mi è sembrato che qualcuno ancora se lo ricordi, almeno qui a Torino…..non parlo di ebay (dove ho visto quest’album in vendita a prezzi veramente assurdi…) ma di facebook, dove pare che ci sia una pagina a lui dedicata da alcuni fan.
Il disco è acustico, gli unici strumenti sono la chitarra, suonata dallo stesso cantautore, e le percussioni, solo in alcune canzoni, come la già citata “Shiva al metrò”, che apre il disco: questa potrebbe essere una canzone del Claudio Rocchi mistico (come del resto altri brani del disco come “Il Tao”, molto bella, con le strofe recitate), ma un po’ più ritmato.
“Il serraglio” e “La canzone del carceriere” sono tratte da due poesie di Jacques Prévert, in entrambe le canzoni hanno una rilevanza particolare i testi, come è ovvio.
Due le cover, non scontate, entrambe di Duilio Del Prete: “L’isola” è un racconto umoristico sulla colonizzazione da parte di un missionario di un’isola selvaggia, per portare la cosiddetta “civiltà”, che si conclude però con un colpo di scena, mentre “Dove correte”, che chiude l’album, dava il titolo all’album del 1968 di Del Prete pubblicato dalla Bluebell.
Tra le canzoni scritte da Credi, oltre a quelle già citate, molto particolare è “Giobbe”, che racconta la vicenda del personaggio biblico.
Il disco, ovviamente, non è mai stato ristampato in cd, ma sarebbe ora che qualcuno ci pensasse.

LATO A

1) Shiva al metrò (Carlo Credi)
2) Il serraglio (Jacques Prévert-Carlo Credi)
3) Giobbe (Carlo Credi)
4) L’isola (Duilio Del Prete)
5) La canzone del carceriere (Jacques Prévert-Carlo Credi)
6) La regina (Carlo Credi)

LATO B

7) Signore guardi (Carlo Credi)
8) Vaquità (Carlo Credi)
9) Il Tao (Carlo Credi)
10) Il tempo del vento (Carlo Credi)
11) La tosse (Carlo Credi)
12) Dove correte (Duilio Del Prete)

venerdì 14 gennaio 2011

Ci scrive Gerry dei Brutos a proposito di Torquato e i Quattro....

Tra le persone che si sono iscritte alla mailing list e che seguono il blog ci sono anche alcuni personaggi noti, ed uno di questi è il leader dei Brutos, Gerry Bruno....ai Brutos, uno dei più noti gruppi musicali torinesi, dedicheremo un post speciale tra qualche giorno.
Gerry ci ha scritto oggi, a proposito del gruppo di cui si parlava nel post di ieri, Torquato e i Quattro....ecco la sua mail:

Ciao Vito,
come sempre...OTTIMO LAVORO!
Questa volta però...ancora di più...perchè con la musica e le immagini di "Torquato e i 4" mi hai fatto tornare indietro di ben 53 anni quando, a quell'epoca per sbarcare il lunario e per una grande passione che mi coinvolgeva sino alle viscere, con altri tre "disgraziati" come me, si girava per il nord Italia in cerca di scritture con il nostro numero di Rock'n'Roll ballato e cantato dal nostro solista (che in realtà all'epoca lavorava ufficialmente alla Centrale del Latte di Torino) Nick Ambros, al secolo Nicola Ambrosacchio. Le foto allegate ti mostrano una delle nostre tante esibizioni al
"Roof Garden" di Alassio (Bar-Pasticceria della famiglia Berrino, uno dei quali padre delle mitica Luisella di Radio Montecarlo) che, in quella occasione ci vedeva accompagnati proprio da loro..i Torquato...Ma non solo. Come vedi, vista la somiglianza fra me, il cantante e Jerry Lewis, io e Mauro, il bassista, eravamo diventati amici anche fuori dal "lavoro" per cui durante i lunghi pomeriggi di sole si andava molto spesso insieme a prendere la tintarella.
Poi, di sera, all'aperto si prendeva anche quella chiamata "Tintarella di Luna"!!! (Sob!).
Ti mando questo documento nella speranza che ti faccia piacere (nella continuità della nostra lunga chiacchierata iniziata qualche tempo fa e mai finita) il sapere che hai un amico che ti stima, non solo per il lavoro che  diligentemente porti avanti con così tanto amore ma che, malgrado la tua "giovane età", tu riesca a capirlo e spiegarlo così bene sino in fondo. Per questo, e anche per altre ragioni, continuerò a seguirti e donarti elementi utili, e a volte anche piacevoli, per le tue ricerche, affinché anche tu possa vivere in qualche modo attraverso quelle foto quegli anni fantastici ma, ahimè!...irripetibili.
A presto con altre emozioni,
ciao


Gerry B.

giovedì 13 gennaio 2011

Torquato e i Quattro - Ep (1961)

 










Mentre in Italia erano rimasti relegati al ruolo di complesso musicale da balera, con serate in riviera durante l’estate e qualche esibizione nella loro città, Cremona, nei mesi invernali, “Torquato e i Quattro”, grazie ad alcune serate in giro per l’Europa, riuscirono ad ottenere un contratto con la Philips iberica, a stabilirsi quindi in Spagna e ad incidere alcuni 45 giri ed EP dal 1960 al 1963 con la denominazione “Torquato y Los Cuatro”.
Se però vi capita di guardare le copertine dei loro dischi, vedrete che i componenti erano, in effetti, quattro…ma….allora….chi era Torquato?
Torquato era il soprannome che era stato dato dal contrabbassista Mauro Sacchini (e non Sachinni, come si legge in alcuni siti….) al suo strumento; gli altri componenti del complesso erano Giulio Franzini alla batteria, Piero Parodi alla chitarra (omonimo del cantautore genovese) e Giorgio Duchi (Giorgio Palmiro Duchi Arcari, come recita il sito della Siae) alle tastiere.
Duchi era anche l’autore del materiale originale del quartetto, che per lo più proponeva cover (a volte tradotte).

Nell’EP che presentiamo oggi, ad esempio, ‘’Baby night’’ e ‘’Baby in blue jeans’’ sono due rock’n’roll scritti da Duchi, mentre gli altri due brani sono cover di Celentano, “Ribelle” (che è “Il ribelle”, in cui sull'etichetta scompare, chissà perchè, il nome dell'autore del testo Gian Carlo Testoni) e “Enloquecì por ti” (cioè “Impazzivo per te”), l’unica canzone non in italiano; non è indicato il nome dell’autore del testo spagnolo.
Un’occasione per riscoprire uno dei tanti complessi, nati in quegli anni con il rock’n’roll, e che sono poi scomparsi dopo pochi anni.

1) Baby in “blue jeans” (Giorgio Duchi)
2) Enloquecì por ti (Impazzivo per te) (Miki Del Prete-Adriano Celentano)
3) Baby night (Giorgio Duchi)
4) Ribelle (Gian Carlo Testoni-Adriano Celentano)

mercoledì 12 gennaio 2011

Vasso Ovale - Innamorati/Oasi (1979)

 











Oggi pomeriggio mi vedrò con Vasso Ovale per realizzare un'intervista, a casa sua (in un paese fuori Torino)…per cui ho pensato di dedicargli un post, questo, con l’ultimo 45 giri che ha pubblicato prima di ritirarsi, inciso per la Kansas, altra etichetta torinese.
In realtà la Kansas era nata a Milano, fondata da Domenico Seren Gay, attore dialettale, cantante, paroliere e compositore torinese, e da Miki Del Prete del Clan Celentano (che, per i primi anni, distribuì l’etichetta).
Quando Del Prete si ritirò dalla società, Seren Gay trasferì, dopo pochi anni, la sede della Kansas a Torino, in Galleria Subalpina (dove già avevano sede le sue edizioni musicali), e continuò l’attività per una decina d’anni, affidandosi per la distribuzione prima alla Ricordi e poi alla Phonogram.
Domenico Seren Gay, personaggio alquanto eclettico, è stato anche autore di un’importante “Storia del teatro dialettale piemontese”, pubblicata nel 1971, ed attore in alcuni film tra cui alcuni con Celentano: forse molti di voi lo ricordano in “Geppo il folle”, quando insieme ad Alberto Carisch (che, ma guarda un po’, interpreta un editore musicale…), recita nella parte del paroliere che si reca da Geppo/Celentano per convincerlo ad incidere una loro canzone….essendo disposto a cambiare ogni parola del testo che non piaccia al cantante pur di fargliela incidere (…e chissà quanto di vero ha messo nel personaggio!).
Ma torniamo ad Ovale, visto che di Seren Gay avremo altre occasioni per parlare.

“Innamorati” è una canzone melodica, niente di che, già vecchia all’epoca della sua uscita; l’etichetta del disco cita come autori “Serengay-Ovale-Zauli”; consultando il sito Siae scopriamo che l’Ovale autore della canzone non è Vasso, ma il padre Achille, noto direttore d'orchestra, e che i Seren Gay sono in realtà due,  Domenico autore della musica (con il maestro Achille Ovale).e suo fratello Giorgio autore del testo (con Franco Zauli) .
“Oasi” ha, per lo meno,una melodia più interessante, che ad un certo punto cita anche il sirtaki, il celebre ballo nazionale della Grecia; anch’essa in Siae è firmata per il testo da Franco Zauli e Giorgio Seren Gay, mentre per la musica da Achille Ovale e Domenico Seren Gay…ma sull’etichetta, chissà perché, il nome di Zauli scompare.
Manca nel disco ogni indicazione su chi abbia arrangiato le canzoni e sui musicisti che vi hanno suonato.

1) Innamorati (G. Seren Gay-F. Zauli-A. Ovale-D. Seren Gay)
2) Oasi (G. Seren Gay-F. Zauli-A. Ovale-D. Seren Gay)

martedì 11 gennaio 2011

Nanni Svampa - Si Può Morire/Il mio funerale (1964)













In corso Unione Sovietica c’era, negli anni ’60, un locale di cabaret che si chiamava “Los Amigos”: nel 1965 la parte del leone come numero di esibizioni in questo locale la fecero i Gufi, che proprio in quell’anno avevano anche debuttato sia discograficamente che in televisione.
Tutti e quattro avevano però alle spalle già varie attività nel mondo musicale, ad esempio Patruno come jazzista e Svampa come cantautore.
Tra i 45 giri che quest’ultimo aveva pubblicato vi è anche quello oggetto di questo post, che contiene due brani, “Si può morire” e “Il mio funerale”.
La prima canzone, scritta da Svampa ed arrangiata da Marcello Minerbi dei Los Marcellos Ferial (lo stesso Minerbi che troveremo anni dopo come arrangiatore di Claudio Lolli) è una ballata, ripresa in seguito anche dai Gufi, densa di riferimenti all’attualità storico-politico dell’epoca: e se “Si può morire facendo il presidente” è intuibile ancora oggi che si riferisca a John Kennedy, forse non sono più così immediati i riferimenti a Marcinelle (“Si può morire scavando una miniera”) o a Dag Hammarskjöld (“Si può morire attraversando il Congo”).
La canzone sul lato B era già stata incisa un paio d’anni prima dai Peos, gruppo lombardo ora dimenticato, che era composto da Enrico Amodio alla voce, Giampiero “Peo” Borella (che dava il nome al gruppo) al basso, Antonio Recchia alla batteria, Roberto Di Matteo al pianoforte e Lorenzo Longhini al sax e al flauto; e proprio Di Matteo e Borella sono gli autori della canzone, arrangiata dal Maestro Franco Cassano.

1) Si può morire (Nanni Svampa)
2) Il mio funerale (Roberto Di Matteo-Giampiero Borella)

sabato 8 gennaio 2011

I Campanino - Telstar/I got no money (1963)












Tra i complessi che suonano nei molti locali torinesi tra la fine degli anni '50 e i primi anni '60 ci sono i  napoletani Campanino: l'11 aprile 1960 suonano addirittura al Teatro Alfieri, aprendo lo spettacolo di Domenico Modugno con Wanna Ibba ed altri artisti.
All'inizio del 1963 incidono, anche loro, "Telstar", brano strumentale che quell'anno ha avuto innumerevoli versioni (a partire da quella dei Tornados, che ha scalato le classifiche di mezzo mondo, se non di tutto....).
Dopo i primi 45 giri ed EP incisi per la Jolly,il gruppo dei fratelli Franco e Luigi Campanino (figli di Mino Campanino, collaboratore di Sergio Bruni ed Aurelio Fierro) era passato alla Sahara per poi approdare, nel 1962, alla Galleria del Corso, la nuova etichetta fondata da Teddy Reno e diretta da Mimma Gaspari (che ha raccontato le vicende della casa discografica nei primi capitoli del suo bel "Penso che un mondo così non ritorni mai più").
Questo è il secondo disco per la Galleria del Corso (che aveva la sua sede, ma guarda un po', proprio in Galleria del Corso a Milano), la data impressa sul vinile è 18 gennaio 1963, la cosa particolare è che in copertina sono presenti solo i due fratelli Franco e Luigi, e mancano del tutto gli altri tre componenti, che dovrebbero essere, in quel periodo, Aldo Sassone alle chitarre, Ugo Fiorenzano alla batteria ed Alvaro Vicencio al sax, oltre naturalmente a Franco al basso e alla voce e a Luigi alle tastiere.
Di "Telstar" si sa già tutto.....mentre il lato B, "I got no money" è un brano ritmato il cui titolo è, in pratica, tutto il testo, ed era stato inciso anche da Bruno De Filippi nel suo disco dal vivo al Santa Tecla; chi volesse ascoltare la versione di Carl Holmes & The Commanders la può trovare qui .
In seguito i Campanino cambieranno formazione, vi entreranno anche Claudio Mattone ed Alberto Radius, e per un certo periodo, quando si avvicineranno al beat e Luigi si assenterà per il servizio militare, cambieranno anche il nome diventando i "Big Ben's".
I due fratelli Campanino sono ancora in attività nel mondo musicale: Franco è autore di molte colonne sonore, mentre Luigi ha messo a frutto gli studi al Conservatorio diventando direttore d'orchestra di musica lirica.....sarebbe interessante un'intervista a Franco e Luigi per ricostruire le lontane vicende di quegli anni, penso proprio che qualcuno dovrebbe pensarci....!

1) Telstar (Joe Meek)
2) I got no money (Millinder-Glover-Mundy)

venerdì 7 gennaio 2011

Grazia Vitale - Torna/La mia stagione (1975)













Se il post di oggi fosse una trasmissione di Carlo Lucarelli, comincerebbe più o meno così....: questa è una storia della Torino dei primi anni ’70.
I miei genitori, pensando che io sia portato per la musica, decidono di mandarmi a lezione di chitarra, e scelgono un maestro che dà lezioni in casa nelle vicinanze, in via Drovetti: si chiama Adriano De Grandis; da lui vedo, per la prima volta, un pianoforte a coda, un contrabbasso, una chitarra elettrica….in breve inizio ad imparare un po’ di teoria musicale, a leggere le note solfeggiandole ed anche a strimpellare i primi accordi.
Ogni tanto passa da lì un suo ex-allievo, pare che abbia avuto un certo successo qualche anno prima, ora è un po’ fermo (ma anni dopo, cambiando genere, riavrà nuovamente qualche disco in hit parade): si chiama Umberto Napolitano (nessuna parentela con il presidente), come cantante è conosciuto con il solo nome di battesimo….ma questa è un’altra storia (e un altro post).
Torniamo a noi….all’inizio e al termine delle lezioni, il De Grandis ha l’abitudine di far suonare qualche canzone insieme agli allievi: c’è una ragazza che prende lezioni di canto da lui, si chiama Grazia Sanvitale…a volte quindi il maestro si mette al pianoforte, io alla chitarra e Grazia canta una o due canzoni.
Pur essendo io ancora un bimbo (ho 9 anni, lei 14), parlo un po’ di musica, e scopro che canta con un complesso che si chiama “Le Forme Aldeidi”, un nome che mi rimarrà impresso per anni, senza capire che cosa significhi.
Ora, anni dopo, ho provato a cercare qualche notizia nell’archivio della Stampa, ed ho trovato parecchie esibizioni di “Grazia e le Forme Aldeidi” in vari locali della città…ma torniamo al 1973.
Mi ricordo che conosco anche il chitarrista del gruppo, ora non ricordo più il nome, ma mi pare bravo con la chitarra elettrica, molto veloce…..passa il tempo, e qualche mese dopo Grazia ci comunica che parteciperà al Festival di Castrocaro…..siamo nel settembre del 1975.
Ebbene….partecipa cantando una canzone di Suzi Quatro e vince….da lì ha un contratto con la Philips (che le accorcia il cognome, chissà perché….) e partecipa alla Mostra Internazionale di Musica Leggera di Venezia, gareggiando per la Gondola d’Argento, che vince con “Torna”, canzone scritta da Cristiano Minellono e Renato Brioschi (sì, proprio Renato dei Profeti); gli arrangiamenti sono curati dal maestro Pinuccio Pirazzoli.
Come potete vedere sulla copertina, Grazia mi firmò l’autografo nel mese di novembre: infatti continuò a prendere lezioni di canto dal maestro De Grandis anche in seguito.
La sua carriera ha una battuta d’arresto qualche mese dopo: a gennaio del 1976, poco prima di iniziare un giro di serate, viene rubato il furgone del gruppo, con gli strumenti (il valore è 15 milioni dell’epoca)….quest’episodio me lo ricordavo, ma non sapevo della lettera a Specchio dei Tempi (trovata anch’essa nell’archivio della Stampa).
Poi capita che, avendo io iniziato le medie ed avendo di più da studiare, ed inoltre affrontando una fase di “rigetto” (….chiamiamolo così) verso i metodi del maestro (ho iniziato ad ascoltare la musica rock….) insisto con i miei per smettere di andare a lezione: siamo a dicembre del 1976 (oggi, col senno di poi, rimpiango di aver smesso: avrei potuto migliorare la tecnica, studiando ed applicandomi ancora per qualche anno…).
Così perdo di vista anche Grazia: so che nel 1977 ha inciso un altro 45 giri (ma di questo ha giù parlato il mio amico Vampiro nel suo blog ).
Ascoltando ora le due canzoni del suo primo 45 giri, che cosa posso dire? Grazia a Castrocaro aveva portato una canzone di Suzi Quatro, ed era la cantante di un gruppo (mi viene in mente Silvana Aliotta dei Circus 2000), quindi forse una canzone così melodica come “Torna” non era propriamente nelle sue corde….se la Philips avesse magari puntato su tutto il gruppo, con un repertorio un po’ più moderno, chissà, magari il successo sarebbe anche potuto arrivare….quelli erano anni in cui Torino sembrava produrre molte cantanti , nessuna però con un successo, se non sporadico: a partire dal 1970 abbiamo Graziella Ciaiolo, Laura Franchini, Antonella Bellan ed anche Rosangela Scalabrino che vive a Torino da anni e che forse qualcuno ricorderà come vincitrice di Sanremo nel 1975 con il nome d’arte “Gilda”….oltre, appunto, a Grazia.
Tramite internet, qualche mese fa, ho scoperto che non vive più a Torino, ma a Firenze: chissà se canta ancora, magari per hobby, in qualche locale fiorentino?


1) Torna (Cristiano Minellono-Renato Brioschi)
2) La mia stagione (Cristiano Minellono-Renato Brioschi)

giovedì 6 gennaio 2011

BEATi voi! n.6

....visto che nel post precedente abbiamo parlato di una cantante tardo-beat, con l'occasione ne approfittiamo per segnalarvi che, tra pochi giorni, verrà pubblicato "BEATi voi! n.6 ", il volume-periodico curato dalla Beat Boutique '67 di Alessio Marino.
Alessio è, senza ombra di smentita, il massimo conoscitore del beat italiano, e la Beat Boutique '67 (che ha la sua sede a Viguzzolo, in provincia di Alessandria) è la sua creatura; non solo un archivio, ma un vero e proprio Centro Studi, chiuso al pubblico ma aperto agli ex-musicisti ed agli studiosi di musica beat italiana.
Inoltre Alessio pubblica, periodicamente, i volumi della serie "BEATi voi!", in cui raccoglie (ultimamente in collaborazione con Massimiliano Bruno, altro esperto) interviste, dati, discografie sui gruppi e sui solisti beat italiani.
In questo sesto volume troverete, tra l'altro, interviste agli Scooters, ai Chiodi, a Paolo Siani (J Plep, Nuova Idea, Equipe 84 e molti altri...), Nino Smeraldi delle Orme e tanti altri; maggiori notizie sul volume le potete trovare qui, mentre invece per chiarirsi le idee sugli scopi e gli obiettivi della Beat Boutique '67 potete consultare l'home page .
E adesso.....aspettiamo il volume 7!


Gina Gey - Due occhi fra noi/Qualcosa di blu (1967)













Chi è Gina Gey? Quando sono venuto in possesso del 45 giri oggetto del post di oggi me lo sono chiesto, ed ho iniziato a sfogliare tutte le riviste musicali degli anni '60 che ho, da "Big" a "Ciao amici", da "Sorrisi e canzoni" a "Giovani".....ma niente: venivo sommerso da Patty Pravo, da Caterina Caselli, persino da Niky e Ivana Borgia.....ma nulla su Gina Gey.
Anche nel libro pubblicato dalla Coniglio lo scorso anno, "Le ragazze dei capelloni" di Franco Brizi, di Gina Gey non c'è traccia: e lo capisco, in effetti pare aver inciso un solo disco, questo....almeno con questo pseudonimo (e tra poco saprete perché uso questa parola).
Io non mi arrendo, però.....ed ho deciso di indagare, anche se vi anticipo che ancora non so chi sia questa Gina Gey.
Ma andiamo con ordine......il disco, come potete vedere dalla copertina, è stato pubblicato dalla DKF Folklore, un'altra  casa discografica torinese, che aveva sede in via Pietro Micca 17.....se per caso ci passate, vedrete che è un normalissimo condominio.
Felice Ruggiero (che tutti conoscono come Happy, dai tempi in cui suonava nei Fauni alla fine degli anni '50), il titolare dell'etichetta, da me intervistato poco più di un anno fa, mi ha spiegato che lì c'era la sede e gli uffici, ma che le registrazioni dei dischi venivano effettuate a qualche isolato da lì, in via Bertola 34, in quelli che erano gli studi della Fonit-Cetra....questo, almeno, negli anni '60 perchè poi Ruggiero decise di aprire anche uno studio di registrazione, il Format (che molti di voi conosceranno perché vi ha registrato i suoi primi due album Paolo Conte).
Ovviamente gli ho chiesto notizie su Gina Gey (mi ero portato anche il 45 giri dietro, insieme ad altri...): mi ha detto che, al contrario degli altri dischi pubblicati, questa era una produzione esterna, nel senso che qualcuno (ma non si ricordava chi....) gli aveva portato le due canzoni già incise.
La cosa di cui era sicuro, però, era che ''Gina Gey'' fosse uno pseudonimo: si ricordava inoltre che doveva essere torinese.
Apro una parentesi: la DKF aveva anche altri artisti che pubblicava con l'uso di pseudonimi: prima o poi farò qualche post su una tale Silva Grissi, che molti conoscono come componente, negli anni '70, di un bravo gruppo di rock progressivo con il suo vero nome....(e magari, chissà, anche questa Gina Gey ha poi usato in seguito il suo vero nome o magari uno pseudonimo).
Ma non mi sono fermato: sull'etichetta ho visto i nomi degli autori di ''Due occhi fra noi'', Dunn e Valgiust....allora ho cercato nel sito della Siae il deposito della canzone, ed ho trovato Gilberto Valgiusti come autore della musica, mentre l'autore del testo non era evidenziato (la dicitura è ''Avente diritto non amministrato", tipica di chi era iscritto ma poi, per vari motivi, ha fatto decadere l'iscrizione, magari non pagando la quota annuale).
A questo punto ho cercato nelle "Pagine bianche", scoprendo che in Italia esistono due Gilberto Valgiusti registrati, uno abitante a Forlimpopoli ed uno in provincia a Pistoia....ed è proprio quest'ultimo l'autore della canzone!
Persona molto disponibile, che tuttora suona in giro per la Toscana, mi ha raccontato che, in quel periodo, si trovava a Torino, città in cui stava studiando pianoforte al Conservatorio.....suonava inoltre in un complesso, che si chiamava "I Cinque Toscani", e componeva canzoni, su cui poi un'autrice di testi milanese, Bruna Giorgini, scriveva i testi....tra cui "Due occhi fra noi" (Dunn è il cognome del marito della signora Giorgini, che all'epoca era un medico, e lei l'aveva usato per firmarsi).
Mi ha poi detto che era questa Bruna Giorgini che conosceva Gina Gey, mi ha confermato che si trattava di uno pseudonimo e che era torinese....purtroppo lui da una quindicina d'anni non è più in contatto con la Giorgini, e non avendo più il telefono non sa come rintracciarla: si ricorda che aveva una sorella, Maretta Giorgini, segretaria delle edizioni musicali Alfiere.
Ora sto cercando di individuare questa signora, per capire finalmente chi sia Gina Gey.....un'ultima cosa: quando il quotidiano "La Stampa" ha messo in rete tutto il suo archivio, tra le mille e mille ricerche che ho fatto c'è anche quella su questa cantante, ed ho trovato una recensione di questo 45 giri e varie sue esibizioni in locali torinesi nel biennio 1967-1968....tra cui una al "Garden Danze" proprio la stessa sera (25 gennaio 1968) in cui al Piper (parlo del "nostro" Piper, non di quello in via Tagliamento....) suonavano le mitiche "Le Stelle di Mario Schifano".....chissà chi ha fatto più pubblico!!!
Passando, finalmente, alle canzoni...."Due occhi fra noi" è una canzone che mi piace molto, un Rhythm 'n' Blues con i fiati in sottofondo, peccato non conoscere i nomi dei musicisti...ed anche Gina Gey dimostra di avere una voce tutto sommato adatta al brano e certamente non peggiore di quella di altre cantanti che hanno inciso persino uno o due 33 giri (come Niky, Dominga o Barbara Lory).
"Qualcosa di blu", canzone più lenta, dovrebbe essere una cover, vista la firma McDaniels, ma non so, ahimè, dirvi di cosa.....se qualcuno per caso lo sapesse me lo faccia sapere; il testo italiano è di Renato Scala.

1) Due occhi fra noi (testo di Bruna Giorgini Dunn; musica di Gilberto Valgiusti)
2) Qualcosa di blu (testo di Renato Scala; musica di McDaniels)

mercoledì 5 gennaio 2011

Adriano Pappalardo - Mi basta così (1975)














Il terzo album di Adriano Pappalardo, al contrario dei primi due, non è mai stato ristampato in CD; Si tratta del disco che segna il suo passaggio dalla Numero Uno alla RCA Italiana, il che significa anche un certo distacco dall'ìinflusso di Mogol-Battisti, che avevano seguito il cantante leccese all'inizio della carriera discografica.
La title track ed altri due brani sono scritti da Bruno Tavernese, l'autore che qualche anno dopo scriverà la canzone più nota di Pappalardo, e cioè "Ricominciamo".
Sono anche da ricordare tre cover: la prima, "Ai miei figli che dirò", è la versione in italiano di "Knockin' on heaven's door" di Bob Dylan (e non dei Guns N' Roses, come ho sentito affermare anni fa da qualcuno...) con il testo curato da Amerigo Paolo Cassella, "Dolcemente", cover di "Love me tender", il celebre successo di Elvis Presley adattato da Mario Panzeri, e "Il suono del silenzio", traduzione effettuata da Bruno Lauzi di "The sound of silence" di Paul Simon, che probabilmente era stata preparata da Lauzi per il suo 33 giri dedicato al cantautore americano e poi non era stata inclusa (.....apro una parentesi: su Lauzi, prossimamente, ho intenzione di realizzare alcuni post, spero interessanti).
Particolare è "No signori", l'unica canzone di cui Pappalardo è coautore, con un ritmo indiavolato nella strofa, scandito da batteria e basso.
Tra i musicisti che suonano nel disco sono da citare Luciano Ciccaglioni e Roberto Rosati alle chitarre, Adriano Giordanella alle percussioni ed Edda Dell'Orso, nota soprattutto per le sue partecipazioni alle colonne sonore di Morricone, alla voce in "Dolcemente" e "Non si può".
Dopo quest'album Pappalardo inciderà ancora album interessanti, in particolare "Immersione" e "Oh!Era ora", poi....il vuoto, dal punto di vista musicale, qualche apparizione cinematografica e, infine, "L'isola dei famosi".....dopo essere partiti da Lucio Battisti.
Penso proprio che si adatti alla perfezione il detto "Dalle stelle alle stalle"......


LATO A

1) Mi basta così (testo di Luigi Albertelli; musica di Bruno Tavernese)
2) Ai miei figli che dirò (testo di Amerigo Paolo Cassella; musica di Bob Dylan)
3) No signori! (testo di Alberto Salerno; musica di Adriano Pappalardo e Claudio Fabi)
4) Dolcemente (testo di Mario Panzeri; musica di Vera Matson)

LATO B

1) Non si può (testo di Luigi Albertelli; musica di Bruno Tavernese)
2) Schik-na-na Schik-na-ue (testo di Luigi Albertelli; musica di Bruno Tavernese)
3) Il suono del silenzio (testo di Bruno Lauzi; musica di Paul Simon)