Cerca nel blog

domenica 23 agosto 2015

Rita Pavone - Otra vez Rita (1964)













Come forse sapete, oggi Rita Pavone compie settant'anni: tra chi segue il blog c'è un parente molto stretto della cantante, speriamo che non sia in vacanza, e che possa far arrivare alla zia i nostri auguri.
Pel di Carota è una delle cantanti italiane più famose nel mondo, e sicuramente è, con Umberto Tozzi, uno dei due torinesi che hanno portato il nome della nostra città ai vertici delle hit parade di tutti i continenti, quindi abbiamo pensato di presentare uno dei suoi numerosi dischi pubblicati all'estero, un album del 1964 intitolato "Otra vez Rita" (credo che in spagnolo significhi "Un'altra volta Rita").
Questo LP è la versione argentina del secondo 33 giri pubblicato dalla Pavone, "Non è facile avere 18 anni", da cui però differisce, a parte per la copertina, per la sostituzione di "Bianco Natale", terza traccia del lato B, con "Datemi un martello", canzone che viene inserita all'apertura dello stesso lato (con qualche cambiamento quindi nella scaletta).
"Datemi un martello", versione di "If I had a hammer" di Pete Seeger (ma il testo di Migliacci non ha nulla da spartire con quello originale), era d'altronde stato pubblicato su 45 giri poco tempo dopo l'uscita italiana dell'album.
La maggior parte di queste canzoni sono molto note: "Non è facile avere 18 anni", "Son finite le vacanze", "Cuore" (cover di "Heart", successo di Wayne Newton), "Ti vorrei parlare" (scritta da Roberto Ferrante) e "Che m'importa del mondo" sono state pubblicate su 45 giri, mentre "Se fossi un uomo" è la versione italiana di un brano,  "Wenn Ich Ein Junge War", che la Pavone aveva inciso in Germania nel 1963 su un 45 giri, arrivato al secondo posto della classifica tedesca dei dischi più venduti; la canzone in originale è firmata da Rudolf Günter Loose per il testo e da Heinz Bucholz, che è uno pseudonimo del direttore d'orchestra Werner Muller, per la musica.
Vi sono poi alcuni inediti di cui uno scritto da Gianni Meccia, "Non c'è un po' di pentimento" (che però in SIAE risulta depositata anche, per la musica, da Enrico Polito).
Pelleschi, che firma la musica di "Son finite le vacanze", è lo pseudonimo di Mario Cantini.
Tra le cover è presente anche una, con testo in italiano, di "On the sunny side of the street" (celebre canzone incisa anche da Louis Armstrong); Gagis, il traduttore, è lo pseudonimo di Giuseppe Gallazzi, titolare delle edizioni musicali Francis Day; "Somigli ad un'oca" è invece "Your baby's gone surfin" di Duane Eddy.
Luis Enriquez Bacalov, autore di tre canzoni, si occupa degli arrangiamenti e dirige l'orchestra, tranne in "Se fossi un uomo", in cui è diretta da Werner Muller (poichè la base è la stessa dell'originale tedesco).
Al disco partecipano i 4+4 di Nora Orlandi.


LATO A

1) Non è facile avere 18 anni (Andreea Bernabini)
2) Somigli ad un'oca (Franco Migliacci-Duane Eddy-Lee Hazlewood)
3) Ti vorrei parlare (Carlo Rossi-Roberto Ferrante)
4) Se fossi un uomo  (Carlo Rossi-Heinz Bucholz-Rudolf Günter Loose-Werner Müller)
5) Quando sogno (Gagis-Dorothy Fields-Jimmy McHugh)
6) Cuore (Carlo Rossi-Cynthia Weil-Barry Mann)

LATO B

1) Datemi un martello (Sergio Bardotti-Lee Hays-Pete Seeger)
2) Son finite le vacanze (Carlo Rossi-Pelleschi)
3) Che m'importa del mondo (Franco Migliacci-Luis Enriquez Bacalov)
4) Non c'è un po' di pentimento (Gianni Meccia)
5) Sotto il francobollo (Carlo Rossi-Luis Enriquez Bacalov)
6) Auguri a te (Carlo Rossi-Luis Enriquez Bacalov)


giovedì 20 agosto 2015

Alessio Marino e Massimiliano Bruno - Terzo Grado-Indagine sul Pop Progressivo italiano





















Con qualche mese di ritardo, recensiamo un libro scritto da due amici del blog, Alessio Marino (ideatore e direttore della Beat Boutique '67 , il Centro Studi sul Beat Italiano dotato tra l'altro di un archivio sterminato ed unico nel suo genere sicuramente in Italia, e credo anche al mondo, e dell'Associazione Giovani Pop), e Massimiliano Bruno. Entrambi sono noti tra gli appassionati di musica beat e prog italiana per la loro competenza e precisione, che viene messa in luce anche negli articoli che curano per "Storie di Giovani Pop" (e, fino a qualche tempo fa, per "BEATi voi"): e ovviamente anche in questo libro, pubblicato dalla Tsunami Edizioni di Milano, casa editrice che ha pubblicato molti volumi interessanti sul rock, tutto ciò viene messo in evidenza: infatti non ci si limita a parlare dei soliti noti (PFM, Banco, Orme, Osanna, New Trolls, ecc...) ma soprattutto si esplorano e si trattano i nomi meno conosciuti (ma non per questo meno validi) e in alcuni casi veri e propri Carneadi su cui si fa luce per la prima volta (ad esempio per i Vulcani, gli Eremiti, i Vocals e molti altri).
Molto interessante la seconda parte del volume, che raccoglie una serie di interviste ad alcuni protagonisti di quella stagione musicale (e che segue la prima parte introduttiva con un resoconto generale sul contesto storico e sociale dell'Italia tra la fine degli anni '60 e i primi anni '70): la scelta è di privilegiare i nomi meno noti anche nel trattare di gruppi famosi, per cui delle Orme si intervista Nino Smeraldi (fondatore e membro nei prmi anni di attività) e dei Trip il torinese Pino Sinnone; tra gli altri nomi citiamo Paolo Siani (ricordato anche nell'intervista di Golzi come batterista nei due primi 45 giri dei Matia Bazar), Alberto Valli degli Spaventapasseri, Michele Arena dei Maxophone...ma sono tutte interviste interessanti.
Segue una guida all'ascolto del rock progressivo italiano, e conclude il libro una discografia di questo genere che privilegia le rarità e gli inediti e che quindi è imprescindibile per ogni appassionato e collezionista di prog italiano.
Il volume è pubblicato in due edizioni, che differiscono per la copertina (come potete vedere) e, soprattutto, per un omaggio presente nell'edizione speciale: la ristampa di uno dei due mitici 45 giri incisi da Lydia e gli Hellua Xenium, un altro di quei gruppi "misteriosi" su cui Alessio e Massimiliano fanno luce nel loro studio.
In conclusione: un libro di questo genere, oltretutto anche abbordabile come prezzo, cosa non trascurabile di questi tempi, non può mancare in una biblioteca di chi segue la musica italiana di quegli anni, ma anche di chi vuole approfondire un genere che conosce solo superficialmente: se proprio dobbiamo fare una critica, sarebbe stato forse utile predisporre un'ulteriore edizione, con un prezzo ovviamente maggiorato, e le fotografie a colori, ma ci rendiamo conto che queste sono scelte editoriali in cui gli autori non hanno voce in capitolo...ma si tratta, in confronto alla mole di notizie e informazioni presenti, di un'inezia, per cui il consiglio che diamo a tutti gli amici del blog, ed anche a chi è capitato qui per caso, è di comprare "Terzo grado" e leggerlo, non rimarrete delusi!

sabato 15 agosto 2015

Giancarlo Golzi (10 febbraio 1952-12 agosto 2015)

Come forse saprete, Giancarlo Golzi, batterista dei Matia Bazar, ci ha lasciato improvvisamente tre giorni fa. Avevo avuto modo di conoscerlo alla fine del 2010, in occasione di un'intervista realizzata per "Musica leggera" e pubblicata sul numero 14 di marzo 2011.
Doveva essere una chiacchierata con qualche accenno alla storia passata dei Matia Bazar per poi parlare di quello che era all'epoca il nuovo album in fase di uscita, "Conseguenza logica", con il ritorno di Silvia Mezzanotte come voce solista.
Alla fine invece, grazie alla disponibilità ed alla simpatia di Giancarlo, venne fuori un articolo di ben tredici pagine che partiva dagli inizi di Golzi con i Museo Rosenbach,  raccontando anche molte cose interessanti ed aneddotiinediti, per poi analizzare la nascita dei Matia Bazar, il suo ingresso nel gruppo dopo i primi due 45 giri (quello inciso a nome "Matia" del 1974 e la celeberrima "Stasera che sera", entrambi con Paolo Siani alla batteria), la stagione dei successi, l'abbandono di Piero Cassano con la coincidente svolta dei primi anni '80 e tutte le tappe successive dalla storia e del percorso artistico della band, tra abbandoni, cambi di etichetta e nuovi successi.
Come potrete rendervi conto leggendola, si tratta di un'intervista molto piena, ricca di informazioni, anche sulla nascita delle canzoni (ad esempio il racconto su come è stato scritto il testo della notissima "Vacanze romane"), resa possibile dall'estrema disponibilità (oltre che memoria...) di Giancarlo: e non è una cosa così scontata, ho fatto interviste ad artisti che con la cosa dell'occhio guardavano l'orologio sperando di finire presto, e ad altri che, con la scusa di non ricordare molto il passato, facevano di tutto per portare il discorso sull'ultimo disco uscito.
Ricordo che Francesco Coniglio fu molto soddisfatto dell'intervista, e il direttore Maurizio Becker dovette lavorare di taglio e cucito per pubblicarla senza tagli, cosa molto difficile visto la lunghezza.
Il tutto fu arricchito, come d'abitudine per "Musica Leggera", con immagini interessanti e particolari. Ho pensato che, dopo quattro anni, pubblicare nel sito l'intervista potesse essere un buon modo per ricordare Giancarlo Golzi, anche perchè di fatto in essa viene ricostruita quella che è stata tutta la sua vita artistica, con anche dettagli sulla sua vita personale, quando racconta ad esempio dei genitori e dell'autoscuola del padre.
Mi sono accorto anche di due errori che ho fatto, abbastanza imperdonabili: il primo si trova a pagina 34, quando Giancarlo parla di Giusta Spotti, ed io la definisco come la figlia di Pino, quando in realtà era la moglie del Maestro, vedova già da alcuni anni. Il secondo invece è a pagina 39, quando gli chiedo del passaggio dalla Ariston alla EMI (invece che alla CGD, come peraltro lui correttamente risponde). Mi scuso con i lettori, con un certo ritardo, per queste due inesattezze.
Avremo modo sicuramente in futuro di ricordare nuovamente Giancarlo, presentando nel blog qualche rarità dei Matia Bazar, con dischi pubblicati all'estero; spero intanto che sia ben accolto questo ricordo.












lunedì 10 agosto 2015

Rita Arnoldi - Quel ragazzo del bar/Ciò che mi importa (sapere) ( 1964)












Di Rita Arnoldi avevamo già parlato nel blog nel 2011, in questo post in cui ipotizzavamo per la cantante una probabile origine milanese; e invece grazie al contributo di Enrico Casali e di Happy Ruggiero abbiamo appurato che era una cantante torinese, figlia di un impresario cittadino all'epoca noto, e che aveva anche inciso un altro 45 giri per la Scat, etichetta satellite della DKF.
Stampa Sera,  31 ottobre 1958, n° 259, pag. 2
Da una ricerca nell'archivio de "La Stampa" abbiamo ritrovato le prime notizie di sue esibizioni dal vivo già nell'ottobre del 1958 con il complesso di Gianni Armand, mentre qualche anno dopo si esibisce con il complesso dei Pino's, di cui nulla sappiamo.
Ma abbiamo anche ritrovato un ulteriore 45 giri, che allo stato attuale delle ricerche è il primo dei tre (essendo la matrice datata 10 aprile 1964), ma che non siamo affatto sicuri che sia il primo inciso dalla cantante, visto e considerato che cercando e ricercando vengono sempre fuori cose nuove...la casa discografica è la milanese Combo, fondata da Gorni Kramer con Trevisan, fondatore della Fonit e da essa fuoriuscito al momento della fusione con la Cetra.
La Stampa, 13 febbraio 1966, n° 37, pag. 4.
Tornando a questo disco, vi è una particolarità: mentre in copertina pare che il lato A sia "Quel ragazzo del bar", sull'etichetta invece i brani sono etichettati all'inverso, e questo diventa il lato B; peraltro la canzone, scritta da Nisa per il testo e dal maestro torinese Eugenio Calzia per la musica, era già stata presentata da Wilma De Angelis al Festival Europeo di Saint Vincent (non mi risulta però che poi la De Angelis l'abbia incisa).
Si tratta di un tipico brano anni '60 , ben arrangiato con i fiati in sottofondo e un testo d'amore, mentre "Ciò che importa (sapere)" è più melodico rispetto a "Quel ragazzo del bar" e il testo, anch'esso d'amore, è però decisamente meno moderno, più sullo stile che andava di moda negli anni '50, un po' alla Nilla Pizzi (per capirci).
La musica è sempre di Calzia, in collaborazione con il maestro canavesano Modesto Vironda, personaggio all'epoca noto nella zona, mentre il testo è di Angelo Lazzaretti, autore di canzoni per Nilla Pizzi ("Sei troppo timido"), Marino Marini (L'amuleto magico"),  Fred Bullo ("Il tango della malavita") e Alvaro Amici ("Carrozzella romana").
In entrambi i brani è presente l'orchestra di Gen Kelzy, che non è l'inesistente Gennaro Kelzy (come hanno scritto in questo sito), ma è uno pseudonimo di Eugenio Calzia.
Bella la voce della Arnoldi, un'altra cantante che con qualche chance in più avrebbe forse potuto raggiungere risultati maggiori.
Chissà che fine ha fatto e se, un giorno o l'altro, riusciremo a rintracciarla.

1) Quel ragazzo del bar (Nisa-Eugenio Calzia)
2) Ciò che importa (sapere) (Angelo Lazzaretti-Modesto Vironda- Eugenio Calzia) t

lunedì 3 agosto 2015

Barbara Lory - La stagione dell'amore/Farò come te (1967)














E' da un po' di tempo che non ci occupiamo nel blog di Barbara Lory, la cantante lombarda che tra la fine degli anni '60 e i primi anni '70 incise alcuni 45 giri e un 33 per la Saint Martin Record, senza però riuscire a raggiungere il grande successo: riprendiamo oggi con un disco del 1967.
La canzone sul lato A ha lo stesso titolo di un classico di Franco Battiato, "La stagione dell'amore": si tratta di una canzone ben scritta e ben arrangiata (d'altronde Jan Langosz, il compositore e arrangiatore del brano, era un musicista molto preparato), con un inizio con la batteria e il vibrafono ed il sax che entra nella seconda strofa e che fa un assolo decisamente interessante: peccato non sapere chi sia il musicista, sicuramente uno dei tanti jazzisti milanesi che suonavano nei dischi di musica leggera in quegli anni (forse Eraldo Volontè?).
"Farò come te", il retro, è un brano più tradizionale, con un'orchestra d'archi e una melodia più convenzionale, scritta da due musicisti, Arrigo Amadesi (che abbiamo già incontrato) e Renato Martini, mentre il testo è di Alberto Testa (e non è certamente tra i suoi più ispirati).
Bella la voce della Lory (che in certi punti mi ricorda vagamente la Zanicchi), cantante che avrebbe meritato maggiore fortuna.

1) La stagione dell'amore (Enzo Mazza-Jan Langosz)
2) Farò come te (Alberto Testa-Arrigo Amadesi-Renato Martini)


venerdì 31 luglio 2015

Quintetto di Torino - La coppa del jazz (1960)













Dopo qualche giorno di vacanza, il blog ritorna con un EP del Quintetto di Torino, l'unica incisione di questa formazione che si mise in luce nel 1960 durante la prima edizione della "La coppa del jazz", concorso radiofonico indetto dalla Rai e trasmesso dal Secondo Programma dal 26 gennaio fino al 25 maggio e che si concluse con la vittoria del Quintetto del batterista milanese Gil Cuppini: i cinque di Torino, che al contrario del complesso di Cuppini non erano professionisti, arrivarono fino alla fase finale, presentando brani arrangiati dal fisarmonicista alessandrino Gianni Coscia, che era stato il deus ex machina del complesso, a volte tratti dalla tradizione popolare.
Il disco si apre con una versione di "Blues the most" del pianista statunitense Hampton Hawes (che lo incise nel 1955), mentre "Serenissima" è un tema di Coscia; il brano conclusivo, "Tributo a Frumento", è interessante perchè si tratta di una rielaborazione di alcuni motivi tradizionali che il fisarmonicista aveva sentito suonare in gioventù da un tale Frumento, musicista che si esibiva nei paesi del Piemonte.
Dei cinque musicisti quello destinato ad una notevole carriera è stato l'astigiano Dino Piana, che dopo aver inciso un album solista nel 1962 per la Ricordi, "Così con Dino Piana", e dopo aver suonato tra l'altro nelle orchestre di Gigi Cichellero, Gorni Kramer e Angel "Pocho" Gatti diventerà nel 1969 trombone solista dell'Orchestra della Rai di Roma, non tralasciando comunque il jazz (suonerà con svariati gruppi, creando anche un quintetto suo insieme ad Oscar Valdambrini).
Degli altri componenti il complesso, ricordiamo il contrabbassista Nando Amedeo, che suonò con il pianista Mario Rusca e poi con Riccardo Mazzanti nel Quartetto Swing, il sassofonista Gianni Dosio, attivo in molti complessi tra cui quello di Giulio Libano (suonando in moltissime incisioni di vari artisti per la Jolly) e il batterista Franco Tonani, in seguito con Romano Mussolini e Amedeo Tommasi, mentre Enrico Desià non continuò la carriera musicale.
Del "Quintetto di Torino" sono stati pubblicati altri brani, "I'll remember April", "Moritat" e "Dolce sogno", all'interno di una raccolta sulla Coppa del Jazz facente parte della serie "Via Asiago 10", molto interessante, e che contiene anche un'altra versione di "Blues the most" e "Bernie's blues", che il Quintetto suona insieme al gruppo di Cuppini, e "Roman blues", che i torinesi eseguono con il Trio di Enrico Intra.
E per finire un libro che vi consigliamo, pubblicato pochi mesi fa: "Torino la città del jazz", di Marco Basso, edito da SV Press, che ovviamente parla anche del Quintetto di Torino.

1) Blues the most (Hampton Hawes)
2) Serenissima (Gianni Coscia)
3) Tributo a Frumento (Gianni Coscia)

venerdì 10 luglio 2015

I Campanino - Luna lunera/Munastero 'e Santa Chiara (1962)













Chi segue il blog dagli inizi, sa che i Campanino sono stati uno dei primi complessi di cui abbiamo parlato, già nel febbraio del 2011; oggi ci ritorniamo per parlare di un altro 45 giri inciso nel 1962 per la Sahara, piccola etichetta milanese che, probabilmente per risparmiare sulle copertine, usa la stessa foto per questo e per il 45 giri successivo (di cui nel blog abbiamo già parlato).
Sul lato A "Luna lunera", il cui testo è firmato da Gian Carlo Testoni e da Larici, pseudonimo del paroliere piemontese Mario Gili: la cosa strana è che però i Campanino cantano questo brano con il testo originale in spagnolo.
"Luna lunera" è una celebre canzone cubana: l'autore, Antonio Fernández Gómez (che usa lo pseudonimo Tony Fergo, usando le iniziali dei due cognomi) è nato il 13 gennaio 1923 a Guanabacoa, in provincia de L'Avana, e da quel che ho letto nel suo sito ufficiale è ancora vivo.
Una delle prime versioni incise in Italia è stata quella di Alberto Rabagliati del 1949 (attribuita sull'etichetta del 78 giri a Tony Furdo....), seguito l'anno successivo da Nilla Pizzi, mentre più recentemente è stata incisa da Mina nel 1987 nel suo album "Rane supreme", sempre in spagnolo, ma devo dire che quella dei Campanino è decisamente più vivace.
Sicuramente, per esserci la firma di Testoni e Larici, un testo in italiano deve esistere: ma chi l'ha inciso? Si accettano ovviamente suggerimenti.
Nel retro vi è una versione della celeberrima "Munasterio 'e Santa Chiara", che chissà perchè sia in copertina che nell'etichetta è scritta senza la i: presentata a Piedigrotta nel 1945, la canzone ebbe subito un notevole successo, con svariate incisioni, ma quella dei Campanino si distingue per la modernità della ritmica, un po' come faceva nello stesso periodo Peppino di Capri quando riproponeva i successi della canzone classica napoletana rivestendoli con ritmi moderni.
Anche in queste due canzoni i fratelli napoletani con gli altri tre musicisti mettono in luce le loro doti, in particolare Franco che si occupa anche degli arrangiamenti e che in seguito diventerà un noto autore di colonne sonore.

1) Luna lunera (Gian Carlo Testoni-Mario Gili-Tony Fergo)
2) Munastero 'e Santa Chiara (Michele Galdieri-Alberto Barberis)

mercoledì 8 luglio 2015

Antonella Bellan - Il sole nuovo/Il sole nuovo (base) (1979)












Chi ha inventato il karaoke? E' opinione comune che siano stati i giapponesi, ma in Italia il primo ad introdurlo e a farlo conoscere potrebbe essere stato Pier Benito Greco, almeno stando a quel che si legge sul retro di copertina del disco di Antonella Bellan che presentiamo oggi: "Per la prima volta, in Italia, un discografico vi offre la possibilità di cantare o suonare su una base musicale".
Non so e non ho verificato, ma sono sicuro che anche prima qualcuno aveva pubblicato 45 giri con sul retro la base musicale del brano sul lato A....ma Greco, titolare della PBG (etichetta il cui nome è un acronimo delle sue generalità), si appropria di questo merito, con "Stampa Sera" che sponsorizza l'iniziativa.
Passando alla canzone, si tratta di un brano melodico, senza infamia e senza lode, scritto dallo stesso Greco con la collaborazione al testo del dentista paroliere Renato Scala: la bella voce di Antonella avrebbe, in questo caso, meritato qualcosa di meglio.

1) Il sole nuovo (Pier Benito Greco-Renato Scala-Pier Benito Greco)
2) Il sole nuovo (base) (Pier Benito Greco)

sabato 4 luglio 2015

Bruno Lauzi - Persone (1977)














Nella discografia di Bruno Lauzi, "Persone", il 33 giri del 1977, è senza dubbio un episodio minore: sia per la qualità delle canzoni, che in poche occasioni raggiunge i livelli a cui Lauzi ci ha abituati, sia per gli arrangiamenti curati dal Maestro Pippo Caruso (tranne "Nani", arrangiata da Claudio Pascoli), non sempre del tutto riusciti, ed anche per la cover di Paolo Conte, "Wanda", sicuramente meno immediata rispetto a quelle presenti nei dischi precedenti di Lauzi (e cioè "Onda su onda" e "Genova per noi").
Il brano iniziale, "Un uomo che va", ha una musica che richiama uno degli amori musicali di Lauzi, il Brasile; nel finale vi è un brano recitato in cui vengono richiamate altre canzoni del disco.
"Navigatore solitario" ha qualcosa di irrisolto, sembra una canzone con delle ambizioni ma non sviluppate adeguatamente; meglio senza dubbio "Briccofiore", una marcetta senza pretese, o "Accontentase", in dialetto genovese e con la musica di Ennio Ceseri, che è uno dei brani migliori del disco insieme a "Io canterò politico".
Il lato A si conclude con la cover di Paolo Conte, che rispetto all'incisione del 1974 dell'astigiano ha il titolo, chissà perchè, allungato.
Apre l'altro lato del disco forse la canzone più brutta del disco, "Adriano", storia di un tizio che si innamora di una donna per scoprire poi che si tratta di un travestito: evidentemente era un argomento che in quegli anni era molto gettonato, perchè nello stesso anno Fabio Concato pubblica "A Dean Martin", mentre due anni dopo abbiamo "Avventura con un travestito" di Califano e "Sbattiamoci" del notoriamente eterosessuale Renato Zero.
Un po' meglio "Il dubbio e la certezza", con un testo interessante ma con una musica sottotono, una marcetta che nell'intermezzo tra le strofe pare citare "Il pescatore" di De André e Franco Zauli, mentre "Nani", su musica di Dario Farina, è un altro trascurabile episodio minore.
"Io canterò politico" è, come detto, il brano migliore del disco, sia per il testo, sincero e sentito, in cui Lauzi esprime tutto quello che pensava dei suoi "colleghi cantautori, eletta schiera" che in quel periodo erano riusciti ad affermarsi coniugando spesso la musica con la politica, non sempre sinceramente ma, a volte, per convenienza: essere da una certa parte voleva dire essere chiamati a suonare ai vari Festival delle Unità o ai vari Festival del Proletariato Giovanile.
Anni dopo ho avuto modo di conoscere Lauzi, quando con i Powerillusi siamo andati a suonare alla Fiera di Milano nel corso di una rassegna di cui non ricordo il nome: ho chiacchierato non più di cinque minuti, ma gli ho chiesto (era una curiosità che avevo da tanto) il perchè della citazione di Guccini, che io avevo sempre interpretato in modo ironico: Lauzi invece mi disse che era sincero, nel senso che pensava veramente che Guccini fosse candido e poetico, ed apprezzava molto soprattutto i testi del pavanate, mentre la sua critica era diretta verso altri colleghi, più giovani, che secondo lui erano meno dotati e meno convinti dal punto di vista politico (e mi fece i nomi di un cantautore romano del giro RCA e di uno milanese che, in seguito, aveva anche citato in una canzone di due o tre anni dopo).
"Amico brasiliano" è una cover di "O mestre-sala dos mares" ("Il maestro di cerimonie dei mari"): l'originale, scritto dal cantautore Joao Bosco su musica di Aldir Blanc nel 1973 e portata al succeso l'anno dopo da Elis Regina, racconta la storia vera del soldato João Cândido Felisberto che nel 1910 capeggiò una rivolta di marinai, per poi finire in carcere prima e poi in ospedale psichiatrico; il testo di Lauzi parla però di tutt'altro.
Conclude il disco una ripresa del brano iniziale.

LATO A

1) Un uomo che va (Bruno Lauzi)
2) Navigatore solitario (Bruno Lauzi)
3) Briccofiore (Bruno Lauzi)
4) Accontentase (Bruno Lauzi-Ennio Ceseri)
5) Wanda, stai seria con la faccia ma però... (Paolo Conte)

LATO B

1) Adriano (Bruno Lauzi)
2) Il dubbio e la certezza (Bruno Lauzi)
3) Nani (Bruno Lauzi-Dario Farina)
4) Io canterò politico (Bruno Lauzi)
5) Amico brasiliano (O mestre-sala dos mares) (Bruno Lauzi-Aldir Blanc-Joao Bosco)
 6) Un uomo che va - II parte (Bruno Lauzi)

martedì 30 giugno 2015

Marco Carena - Il meglio di...(1990)












Quello di oggi è un repost; infatti avevamo già presentato il primo album di Marco Carena il 21 giugno 2011, in questo post : perchè quindi ritornare a parlare di questo disco?
E' presto detto....come i torinesi forse sanno, la sera del 24 giugno Marco ha tenuto un concerto gratuito in piazza Vittorio, presentando le sue canzoni più famose tra cui anche "Io ti amo", che nel 1990 vinse il festival di Sanscemo e che è presente in questo 33 giri......ora, il testo di questa canzone (che in 25 anni Carena ha presentato in spettacoli in tutta Italia e che ha anche cantato varie volte in televisione, spesso al "Maurizio Costanzo Show") è stato accolto dal Comitato SeNonOraQuando con molte polemiche (qui potete leggervi l'articolo completo de "La Stampa), manco si trattasse di Sid Vicious......il sottotitolo dell'articolo è "Il concerto diventa “un caso” per i testi estremi delle canzoni presentate".
Testi estremi quelli di Marco Carena??? Ma questo Comitato ha mai ascoltato i testi di Lou Reed? E conoscono il significato delle parole ironia e sarcasmo????
Mah.....che tempi......gli ayatollah sono già tra noi......ma passiamo al disco, che è meglio.
Vi rimandiamo al vecchio post per la recensione completa; qui ricordiamo solo che “Io ti amo”, il "pomo della discordia" odierna, è presente nell'album in una versione diversa rispetto a quella presente pochi mesi prima nella compilation del festival, che era stata pubblicata dalla Polygram prima che Carena firmasse con la Virgin.
I testi e le musiche sono di Carena, mentre gli arrangiamenti sono curati da Roberto Colombo, anche produttore del disco, e Massimo Luca.
Dopo la partecipazione con "Serenata" al Festival di Sanremo 1991 l'album fu ristampato con l'aggiunta della canzone nuova ed il titolo cambiato in "Serenata (il meglio di....)"; anche di questa canzone abbiamo già parlato in un altro post

LATO A

1) Che bella estate
2) Io ti amo
3) Blues delle mutande lunghe
4) Accessori auto

LATO B

1) Deandrata
2) Histoire du vol-au-vent
3) Bongustata
4) Ma tanto lo so
5) Buonanotte

lunedì 29 giugno 2015

Stefano Rosso - ...e allora senti cosa fò (1978)












A mio parere ci sono artisti che, dopo la scomparsa, vengono ricordati anche più di quelli che sono i loro reali meriti, ed altri che, invece, vengono dimenticati in fretta: Stefano Rosso fa parte di questi ultimi anche se, a dire il vero, era già stato purtroppo dimenticato anche in vita, ingiustamente.
Il blog ha contribuito a ricordarlo già in varie occasioni, ed oggi lo facciamo presentando il suo secondo album, "....e allora senti cosa fò", pubblicato nel 1978, due anni dopo il successo di "Una storia disonesta", di cui ricalca lo stile e le tematiche ma in modo sempre originale ed ironico: ad esempio nel brano di apertura, "Colpo di stato", ancora attuale, anche se ora non c'è più soltanto il calcio a distogliere la gente dal pensare (si sono aggiunti internet, cellulari vari e altro ancora).
La title track è un valzer che ricorda musicalmente lo stile delle classiche canzoni romane, con il violino del grande Tino Fornai in evidenza, e un testo che, sempre in maniera ironica, racconta le vicende di un uomo lasciato dalla ragazza....ma alla fine il brano si conclude con i versi "per fortuna che c'è la sessoautonomia che è come i blue-jeans: nun passa mai de moda!".
Vi è anche qualche brano più riflessivo, come "Bologna '77", con accenni alla vicenda di Giorgiana Masi ed una citazione di "Lilly" di Venditti, o "E intanto il sole si nasconde".
In "C'era una volta (e ancora c'è)" partecipa ai cori Ivano Fossati, che all'epoca era anche lui un artista RCA e che inoltre condivideva con Stefano Rosso il produttore, cioè Antonio Coggio, storico collaboratore e coautore di tanti successi del primo (il migliore) Baglioni.
Da citare anche "Odio chi", canzone strutturata ad elenco, che durante una puntata della trasmissione "Odeon" venne proposta dall'autore con il testo e il titolo cambiato in "Odeon chi" (con un elenco di alcuni servizi giornalistici effettuati dal programma).
L'album si conclude con una versione del suo primo successo, "Letto 26", con il testo modificato: devo dire però che ho sempre trovato più riuscita la prima versione, che potete ascoltare nella bonus track, una versione estesa del brano.
Gli arrangiamenti sono curati da Ruggero Cini, grande musicista del giro RCA, tranne "Letto 26" arrangiata da Piero Pintucci (la registrazione è del resto la stessa del 45 giri originale), mentre la produzione è, come abbiamo detto, di Antonio Coggio; la copertina è di Cesare Monti, cioè il da poco scomparso Cesare Montalbetti.
Oltre al già ricordato Fornai, i musicisti sono alcuni tra i nomi più noti del giro romano dell'RCA: Massimo Buzzi, ex dei Faraoni, alla batteria, Piero Ricci al basso, Luciano Ciccaglioni (oltre a Stefano Rosso) alle chitarre, mentre Cini suona le tastiere e Coggio la fisarmonica; ai cori vi è il gruppo dei Pandemonium.
I testi e le musiche sono tutti di Stefano Rossi, il vero nome di Stefano Rosso.

LATO 1

1) Colpo di stato
2) Libertà...e scusate se è poco
3) ...e allora senti cosa fò
4) Reichiana
5) E intanto il sole si nasconde

LATO 2

1) Odio chi
2) L'osteria del tempo perso
3) C'era una volta (e ancora c'è)
4) Bologna '77
5) Domani è un altro giorno
6) Letto 26 (seconda parte)

Bonus track: 1) Letto 26 (integrale)

venerdì 26 giugno 2015

The Juniors - Black night/I'll be blind (1970)













Ritorniamo dopo qualche tempo a parlare del gruppo vercellese The Juniors, che dopo essere stati il complesso di accompagnamento di Gianni Pettenati, avevano iniziato nel 1967 la carriera da solisti.
Dopo alcuni 45 giri incisi per la DKF Folklore di Happy Ruggiero e per la Fonit Cetra, approdano alla CGO, piccola etichetta milanese, e nell'autunno del 1970 pubblicano questo 45 giri.
Non ha bisogno di presentazioni la canzone sul lato A: si tratta di una cover della celeberrima "Black night" dei Deep Purple, e devo dire che all'ascolta i vercellesi se la cavano egregiamente, dimostrando di essere musicisti di buon livello (ovviamente non a quello di Lord, Blackmore e compagni).
La cosa però divertente è il lancio pubblicitario del disco, affidato ad un articolo intervista pubblicato su "Ciao 2001" n.4 del 18 novembre 1970 (alle pagine 56 e 57) in cui si vuol far credere all'ingenuo lettore che il gruppo, avendo soggiornato qualche tempo in Gran Bretagna, sia arrivato con il 45 giri di "Black night" al secondo posto della classifica inglese dei dischi più venduti....!
Peraltro, come potete vedere, anche il front della copertina giocava con questo equivoco, da un lato inserendo l'hit parade inglese con "Black night" in classifica (.....tanto, chi mai sarebbe andato a controllare, secondo la CGO?), e dall'altro con la scritta trasversale "versione originale"....e come no!
Quella dei Deep Purple era stata pubblicata in giugno: chissà, forse pensavano che, come in passato spesso accadeva, non sarebbe mai stata stampata in Italia.
Con il lato B invece non siamo in presenza di una cover ma di un quasi plagio: infatti "I'll be blind" ha più di una similitudine con "Sixty years on" di Elton John (in Italia conosciuta per la cover dei Nomadi, "Ala bianca"), tranne che per il ritornello.
Il testo è firmato Complex che, come un'altro post , è lo pseudonimo di Rinaldo Prandoni, mentre la musica è di Ennio Poggi.

1) Black night (Blackmore-Gillan-Glover-Lord-Paice)
2) I'll be blind (Complex-E.Poggi)

domenica 21 giugno 2015

Roberto Vecchioni - Messina/Appunti da "Il re non si diverte" (1974) e La farfalla giapponese (canzone per tutti gli amori)/Messina (1974)




Oggi presentiamo una vera e propria rarità di Roberto Vecchioni: un disco che non è mai stato citato in nessuna delle ormai numerose discografie del cantautore milanese (ma di origini partenopee).
Si tratta di un 45 giti campione (che riporta la scritta "Vietata la vendita"), forse usato per le trasmissioni radiofoniche, datato 1974; le due canzoni sono tratte dal 33 giri che il cantautore aveva pubblicato alla fine del 1973, "Il re non si diverte", e che vinse il premio della critica.
In entrambi i casi però le canzoni sono in versione diversa, come vedremo...partiamo dal lato A: rispetto all'album, "Messina" inizia con una chitarra acustica e delle percussioni, ed entra poi il basso (è quindi assente il pianoforte): dalla formazione si deduce quindi che non si tratta di una registrazione effettuata durante le sessioni di "Il re non si diverte", poichè in esse il basso era totalmente assente; infatti il disco fu registrato con Massimo Luca alla chitarra, Toni Esposito alle percussioni e Mario D'Amora al pianoforte e alle altre tastiere, questi ultimi due portati dal nuovo produttore di Vecchioni, il napoletano Michelangelo Romano, dal gruppo di Alan Sorrenti.
Presumibilmente questa nuova registrazione fu effettata in contemporanea con quella de "La farfalla giapponese", poichè questa incisione venne poi usata come lato B del 45 giri del brano con cui Vecchioni partecipò a "Un disco per l'estate 1974" (e il cui numero di catalogo, DUC 245, è immediatamente seguente a questo).
Di "Messsina" ricordo che la prima volta che l'ascoltai ero un bambino, durante la famosa "Schif Parade" presentata da Luciano Salce e Bice Valori, i Malalingua....pensate farla oggi una rubrica del genere!
Sul testo, che descrive la sensazione di straniamento che si può provare quando ci si trova al di fuori del proprio contesto abituale, copio quello che lo stesso Vecchioni scrisse nelle note interne del disco: «Mettiamo in chiaro che non ho niente contro Messina: nella canzone omonima è rappresentato quel senso d'insicurezza, quel sentirsi fuori posto che molti proverebbero svegliandosi all'improvviso in un luogo estraneo, contrario alle proprie abitudini. Così come Messina avrei potuto dire Sidney o New York».
"Il re non si diverte" è invece un edit della versione dell'LP, privata dell'introduzione al pianoforte e del finale, che sfuma; in questo modo la canzone passa da quasi dieci minuti di durata a 6'40'', più accettabili per un 45 giri, ed ha il titolo modificato in "Appunti da Il re non si diverte".
Il titolo del brano è tratto da quello del dramma "Il re si diverte" di Victor Hugo.

1) Messina
2) Appunti da "Il re non si diverte"














E visto che abbiamo parlato di "La farfalla giapponese", presentiamo anche questo 45 giri.
Se i discografici conoscessero un po' le cose di cui si occupano, i due brani sarebbero stati inseriti come bonus nella ristampa dell'LP: invece, mentre la versione qui presente di "Messina" è rimasta inedita, il brano sul lato A è stato pubblicato in...."Saldi di fine stagione", l'album di due anni prima, con sonorità completamente diverse, ed inoltre al posto di una canzone del disco, "La tua assenza".....ma perchè??
"La farfalla giapponese" ha il testo tratto da una poesia dell'uruguaiano Mario Benedetti; a "Un disco per l'estate" fu eliminata al primo turno, non classificandosi quindi per la fase finale, quella con cui si aveva il passaggio televisivo.
Interessante dal punto di vista cantautorale questa edizione del concorso estivo: oltre a Vecchioni, parteciparono infatti Lucio Dalla ("Anna bell'Anna"), Jannacci ("Brutta gente"), Renato Zero ("Inventi"), la brava Anna Melato ("Vola"), di cui presto parleremo e Luciano Rossi, l'unico di questi che ottenne successo, anche se alcuni mesi dopo, con "Ammazzate oh".
Tornando a cantautore milanese, Vecchioni è autore di tutti i testi e le musiche delle canzoni di questo post.
Come bonus track le versioni tratte dall'album di "Messina" e "Il re non si diverte".

1) La farfalla giapponese (Canzone per tutti gli amori)
2) Messina

Bonus tracks: 1) Il re non si diverte (versione album)
                        2) Messina (versione album)

giovedì 18 giugno 2015

Antonio Asquino - Canto bianconero-Juve bis '77 (1977)










 

Del cantautore torinese Toni Asquino abbiamo già parlato in questo post , in cui presentavamo un disco del Duo Fasano con due canzoni scritte anche da lui; oggi invece parliamo di un suo 45 giri, particolarmente d'attualità in questi giorni di sconfitte berlinesi....un disco che, come potete dedurre dalla copertina, fu pubblicato in occasione della mitica conquista della Coppa Uefa nel 1977 da parte della Juventus (nella cartina infatti sono localizzate le città delle squadre eliminate dai bianconeri in quel torneo, fino ad arrivare alle due finali contro i baschi dell'Atletico Bilbao).
Bei tempi e bei ricordi per me, almeno tanto belli quanto è invece tuttora negativo il ricordo di tal Magath.
Ma non divaghiamo e torniamo alla musica ed alle due canzoni di questo disco che il cantauore incise con il nome completo (e cioè Antonio Asquino).
Che dire di "Canto bianconero"? Si tratta di un inno che forse aveva l'ambizione di  sostituire quello che allora era l'inno della Juventus, il celebre "Juve Juve", ma è sicuro che l'andamento della canzone è molto...come dire? "paesano" (ricorda certe marcette estive pubblicate negli anni precedenti dalla Kansas, per capirci, stile "Militare non partire").
Nel testo vi è anche una citazione che, se fatta oggi, attirerebbe addosso a Toni le ire di qualche integralista: nella seconda strofa infatti si recita "Che venga anche Maometto vestito da portiere...."....ma pensate poi se al giorno d'oggi sarebbero ancora possibili canzoni come "Caravan petrol" di Carosone o "Allah! Allah" dei mitici Daniel Sentacruz Ensemble....
Forse è meglio il lato B, "Juve bis '77", con un arrangiamento musicale in cui sono presenti anche dei fiati....ma certo che, da juventino, devo ammettere che la vendittiana "Roma Roma (Roma non si discute, si ama)" è decidamente a un altro livello.

1) Canto bianconero (Tony Asquino)
2) Juve bis '77 (Tony Asquino)

sabato 13 giugno 2015

Goran Kuzminac - Contrabbandieri di musica (1987)












Oggi parliamo per la prima volta nel blog del cantautore italo-jugoslavo Goran Kuzminac, presentando il suo terzo album, "Contrabbandieri di musica", il primo inciso dopo l'abbandono della UNA, etichetta legata alla RCA e curata da Vincenzo Micocci, per la piccola Top Records (etichetta milanese distribuita dalla CGD).
Kuzminac, eccellente chitarrista acustico, è stato uno di quei personaggi venuti fuori in un periodo in cui l'attenzione sui cantautori era un po' in fase calante, un po' come Mario Castelnuovo o Marco Ferradini (con cui non a caso collaborò per un Q Disc che avrebbe dovuto agevolare il loro lancio), per cui vengono ricordati per alcune canzoni ("Teorema", "Sette fili di canapa", "Ehi ci stai" e poche altre) ma non sono riusciti ad imporsi come i colleghi diventati famosi in anni precedenti.
Proprio uno di questi colleghi, Antonello Venditti, è presente nel disco come produttore artistico di due canzoni, "Cosa ci fai nella mia vita" (bella canzone d'amore) e "Dove sei quando non ci sei" (entrambe infatti sono edite dalle edizioni musicali Stukas, di proprietà del cantautore romano), oltre che come corista.
Questo "Contrabbandieri di musica" ha dei suoni molto anni '80, che non si sposano con quella che era l'identità chitarristica dei dischi precedenti di Kuzminac: per intenderci, manca in questo disco un brano come "Stella del nord" o "Stasera l'aria è fresca", che con la già citata "Ehi ci stai" rimangono ancora oggi le canzoni più note del cantautore italo-jugoslavo.
Qualche arpeggio di chitarra acustica si ascolta solo in "Il barone rosso", sicuramente il brano migliore del disco, con il testo scritto in collaborazione con Gaio Chiocchio (peccato che poco dopo l'inizio entri una batteria invadente a rovinare tutto).
Al disco collabora Alberto Radius come produttore artistico (a parte i due ricordati prodotti da Venditti) e come chitarrista, mentre tra gli altri musicisti ci sono Fabio Piagnatelli e Rino Zurzolo al basso, Amedeo Bianchi al sax, Marco Rinalduzzi alle chitarre e Stefano Previsti alle tastiere.
Manca tra i musicisti un batterista.....e si sente, visto l'uso continuo di brutte batterie elettroniche.

LATO A

1) Contrabbandieri di musica (Goran Kuzminac)
2) Vogue (Goran Kuzminac)
3) Dove sei quando non ci sei (Goran Kuzminac)
4) Perfida Jonne (Goran Kuzminac)
5) Perchè mi telefoni ancora? (Goran Kuzminac)

LATO B

1) Malaria (Goran Kuzminac)
2) Gli specchi (Goran Kuzminac)
3) Cosa ci fai nella mia vita (Goran Kuzminac)
4) Il barone rosso (Goran Kuzminac-Gaio Chiocchio-Goran Kuzminac)


lunedì 8 giugno 2015

Statuto - Ci pensa Fonzie/In fabbrica (2014)




Il blog è fermo ormai da quasi un anno: abbiamo ricevuto parecchie mail e richieste di chiarimenti.
Sono tanti i motivi di questa attesa, una stanchezza generale ma anche una certa delusione per alcuni progetti su cui ho lavorato e che non sono poi andati in porto (in particolare un libro a cui tenevo moltissimo).
Dopo un po' di tempo però ho deciso che volevo ricominciare, e finalmente oggi il blog riprende la sua attività.
E, visto il periodo, ho pensato che questo nuovo 45 giri degli Statuto fosse l'ideale: ho apprezzato molto, in un'epoca in cui la musica è sempre più digitale, impalpabile ed eterea non solo per i supporti, la scelta del complesso torinese di pubblicare due nuove canzoni in vinile, una sul lato A ed una sul lato B.
Il brano sulla prima facciata, scritto dal cantante Oscar con la collaborazione per la parte musicale del chitarrista (bravissimo) Bumba, cioè Alex Loggia, è molto attuale: dietro la descrizione di Fonzie non è difficile individuare il personaggio politico a cui ci si riferisce....tra l'altro il gruppo è riuscito a coinvolgere, durante una sua visita in Italia, Henry Winkler, l'attore che in "Happy Days" impersonava Arthur Fonzarelli, nella foto di copertina, con in mano due cd del gruppo.
Sul lato B c'è invece la cover di una canzone dei Gang, scritta (come molte del gruppo marchigiano) dai fratelli Severini: Massimo partecipa alla registrazione, effettuata dal vivo in un locale torinese, ed è presente sul retro della foto di copertina.

1) Ci pensa Fonzie (Oscar Giammarinaro-Alex Loggia-Oscar Giammarinaro)
2) In fabbrica (Marino Severini-Sandro Severini)