Cerca nel blog

domenica 27 febbraio 2011

Giorgio Laneve - Un poco abitudine... (1973)












Le rare volte in cui le case discografiche fanno qualcosa di buono, bisogna ammetterlo…e l’iniziativa dell’Universal dell’anno scorso, di ristampare in cofanetti di sei CD, ad un prezzo abbordabile, album di cantautori italiani introvabili è in effetti una bella cosa.
Forse una critica, tanto per fare le pulci su tutto, sono gli abbinamenti tra artisti: se insomma mi interessa Edoardo De Angelis e voglio comprare il cofanetto con l’album omonimo e “Piccola storia di libertà”, a suo tempo pubblicati dalla Polydor, devo anche acquistare Enrico Nascimbeni, Gianfranco Manfredi e Teresa Gatta….per me non è un problema perché mi piacciono tutti e quattro, ma uno che magari non sopporta Nascimbeni si deve sorbire due suoi album.
Comunque…in uno di questi cofanetti sono stati finalmente ristampati in CD due LP di Giorgio Laneve, il primo eponimo del 1970 ed il secondo, “Amore e leggenda” del 1971, quindi i due pubblicati dalla Philips.
Poi Laneve cambiò etichetta, passando alla Decca, che nella giravolta di passaggi di proprietà degli ultimi anni è finita sotto qualche multinazionale (che non so) che non è la Universal, e quindi il suo terzo disco, “Un poco abitudine…” non è stato ristampato….ma rimediamo qui.
Laneve è un cantautore che risente molto dell’influenza dei francesi, da Brel a Brassens, e quindi ricorda, soprattutto musicalmente, altri suoi colleghi più fortunati come Paoli o De André: aveva però una vena poetica raffinata, ed avrebbe meritato di non essere dimenticato così in fretta….invece anche i sacerdoti sanremesi del cantautorato alternativo, autoridotto e fuori dall’ottica del sistema (…beh, almeno negli anni ’70) se lo sono dimenticato, pur avendolo invitato nel 1974 in quella che è rimasta la sua unica partecipazione al Club Tenco.
Questo suo terzo disco è arrangiato da Marcello Minerbi dei Los Marcellos Ferial: non ci si deve stupire dell’apparente contrasto musicale, Minerbi già l’anno precedente aveva arrangiato quel capolavoro (a mio parere) del cantautorato italiano che è “Aspettando Godot” di Claudio Lolli.
Le uniche due canzoni non firmate dal solo Laneve sono due cover: la prima, “Bella marchesa”, è una traduzione di “Marquise”, dal repertorio di Brassens, mentre “Signora” è la traduzione di un brano della cantante francese Barbara.
“Il dono” si stacca, musicalmente, dal resto del disco, ha infatti un arrangiamento ritmato con dei fiati jazz in sottofondo.
“Le tre sorelle” è una favola che anticipa il disco successivo di Laneve, “Viva fantasia”, che racchiude infatti canzoni per bambini (ed in cui “Le tre sorelle” viene reinserita).
Le altre canzoni, delicate ed acustiche, sono per lo più canzoni d’amore, e le poche eccezioni come “Ma che volete da noi?” (in cui Laneve affronta una tematica più sociale) mantengono una dolcezza di fondo che è la caratteristica forse più evidente di questo cantautore, che avremo occasione di approfondire in futuro.
Terminiamo con un quiz: in questo post è nascosta una citazione tratta da una canzone di Roberto Vecchioni: qual è il titolo di questo brano? Non vale cercare su google......


LATO A

1) Un amore non del tutto sbagliato (Giorgio Laneve)
2) L’uomo nero (Giorgio Laneve)
3) Un viaggio lontano (Giorgio Laneve)
4) Bella marchesa (Giorgio Laneve-Pierre Corneille-Tristan Bernard-Georges Brassens)
5) Quando devi cercare le parole (Giorgio Laneve)
6) Amore all’italiana (Giorgio Laneve)

LATO B

1) La lancia d’oro (Giorgio Laneve)
2) Un poco abitudine (Giorgio Laneve)
3) Le tre sorelle (Giorgio Laneve)
4) Ma che volete da noi? (Giorgio Laneve)
5) Il dono (Giorgio Laneve)
6) Signora (Giorgio Laneve) (Giorgio Laneve-Barbara)

sabato 26 febbraio 2011

Silva Grissi – Vorrei/Sopra le nuvole-Γιατί/Panteboy (1968)












Nell’intervista a Giancarlo Golzi pubblicata sul nuovo numero di “Musica Leggera” (che vi consiglio di acquistare…) a pagina 30, il batterista dei Matia Bazar ad un certo punto dice che l’unico gruppo in Italia precedente al loro che aveva avuto una cantante come solista, sul modello di Grace Slick dei Jefferson Airplane (ma anche di Julie Driscoll e dei Trinity), erano stati i Circus 2000 di Silvana Aliotta.
Io credo che Silvana sia una delle voci femminili migliori della musica italiana: certo, non nel post che presentiamo oggi, in cui è ancora giovanissima e con la voce immatura, ma certamente nelle incisioni del gruppo torinese, dalla vita troppo breve (nascono alla fine del 1969 e si sciolgono alla fine del 1972, con circa 3 anni di attività).
Il disco che presentiamo oggi è però interessante: e forse sarebbe meglio scrivere ‘’i dischi’’.
Partiamo dall’inizio….Silvana Aliotta, nata a Reggio Calabria il 21 agosto 1949 da una famiglia siciliana ma cresciuta a Torino, dove i suoi si trasferiscono nel 1951, è una bambina prodigio: debutta infatti a soli 9 anni in uno spettacolo al Teatro Alfieri di piazza Solferino, dove si presenta come sosia di Betty Curtis cantando alcune canzoni della brava cantante milanese.
A 16 anni partecipa al Festival di Castrocaro con le canzoni “Caro Johnny” (che poi inciderà) e “I tuoi anni più belli”, e firma un contratto con la Odeon che l’anno successivo, nel 1966, la fa partecipare a “Un disco per l’estate” con “Luglio e agosto” ed alla “Mostra Internazionale di Musica Leggera” con “Goodbye Venezia”….ma non succede molto, e Silvana, lasciata libera dalla sua etichetta, firma con la DKF, casa discografica torinese distribuita dalla Phonogram fondata l’anno precedente dal maestro Happy Ruggiero….la denominazione precisa dell’etichetta è “DKF-Folklore”, in quanto nasce in origine per la pubblicazione di dischi di cantanti folk (uno di essi, Tony Pagliaro, vince nel 1966 un premio internazionale per il miglior disco folk con un suo album di brani tradizionali siciliani), ma presto incidono per la DKF molti cantanti torinesi, dai Ragazzi del Sole a Mariolino Barberis, dai The Juniors alla Gina Gey (a cui abbiamo dedicato uno dei primi post).
Ruggiero le fa scegliere come nome d’arte ‘’Silva Grissi’’: curiosamente, da me intervistati, nessuno dei due si ricorda come nacque il cognome d’arte (…ipotizzo che Silva fosse stato scelto come diminutivo di Silvana).
Il primo 45 giri inciso per la DKF dalla cantante contiene due canzoni, “Vorrei” e “Sopra le nuvole”: mentre la prima è una rielaborazione del celebre “Adagio in sol minore” attribuito a Tomaso Albinoni (in Siae però la musica è depositata, con il titolo “Vorrei andare lontano”, a nome di Raffaele Cirulli, vero nome di Raf Cristiano, oggi insegnante al Conservatorio di Alessandria ma con un lungo passato nella musica leggera) con il testo di Luciana Medini e del medico Renato Scala, la seconda è invece sicuramente una cover, viste le firme degli autori, ma non è riportato il titolo della canzone originale (ed io, dall’ascolto, non l’ho riconosciuta).
Un articolo di Stampa Sera su Silvia Grissi
In entrambe le canzoni suona l’orchestra di Happy Ruggiero.
Sull’”Adagio” apro una parentesi: pare che in realtà non sia affatto di Albinoni, ma del musicologo Remo Giazotto, che lo pubblicò nel 1958 ricostruendolo sulla base di alcuni frammenti di spartiti di Albinoni trovati alla Biblioteca Musicale di Dresda….spartiti che però, ricercati da alcuni studiosi, non sono mai stati ritrovati, per cui molti ipotizzano che sia tutto opera di Giazotto: ma se fosse così perché non rivelarlo, prima di morire (nel 1998)? Forse per fare uno scherzo tipo quello dei falsi Modigliani? Oppure dopo il 1958 i frammenti di spartiti sono stati distrutti o rubati? Mah…ritorniamo alla Aliotta.
L'edizione greca del disco in italiano - lato A
L'edizione greca del disco in italiano - lato B
Silvana presenta “Vorrei” alla “Sei giorni della canzone” di Milano, dove ottiene un buon successo, come raccontano i giornali dell’epoca, dopodiché parte per un tour in Grecia.
Come ho scritto, la DKF era distribuita dalla Phonogram, che decide, con l’occasione della tournée, di pubblicare il disco per il mercato ellenico, su etichetta Polydor: il disco entra in classifica e si vende abbastanza bene, per cui si decide di realizzare anche la versione in greco (il testo è firmato Ελλήναιος , sicuramente uno pseudonimo); nel frammento di intervista ad Happy Ruggiero e che riporto in basso, il Maestro sostiene di aver riregistrato le canzoni ad Atene con un’orchestra greca, devo però dire che, ad un ascolto comparato dei due brani, le versioni mi sembrano identiche.
Anche la Aliotta, intervistata, ci ha raccontato alcuni particolari su “Γιατί”, questo il titolo in greco di “Vorrei”, e sulla tournée, in cui era accompagnata dal gruppo di Ronnie Jones.
Tutti quelli che, avendo fatto il classico, volessero provare a leggere il testo in greco (o magari a cantarlo insieme a Silvana) possono trovarlo in questo sito: http://www.inout.gr/showthread.php?t=44197
La carriera dell’Aliotta continua con altri 45 giri, fino all’incontro, allo Swing di Torino, con un gruppo di ragazzi appassionati di jazz: Johnny Betti, Marcello Quartarone e Gianni Bianco….ma questa è un’altra storia (….e un altro post).
L'edizione greca del disco in greco - lato B
L'edizione greca del disco in greco - lato A













FRAMMENTO DELL’INTERVISTA A SILVANA ALIOTTA

Come avvenne il passaggio alla DKF? Era un’etichetta torinese, quindi più piccola della Carisch…

Sì, è vero, anche se poi la distribuzione era affidata alla Phonogram. All’epoca era mio padre che si occupava di me, quindi avranno contattato lui…non seguii molto la cosa. La DKF Folklore era una casa discografica torinese, il capo era un direttore d’orchestra, Happy Ruggiero, e mi ricordo anche che avevano degli studi di registrazione dalle parti di via Ventimiglia, si registrava lì.
Dicevo che la nuova etichetta mi portò fortuna: infatti il primo disco, Vorrei, fece la “Sei giorni della canzone”, una gara canora abbinata al ciclismo, e nello stesso anno feci anche un tour insieme a Milva e ai Giganti.Vorrei era una rielaborazione dell'Adagio di Tomaso Albinoni, che non era citato nell'etichetta, rielaborato e firmato da Raf Cristiano, un direttore d'orchestra e concertista della Rai di Torino, insegnante di pianoforte al conservatorio (e che in realtà si chiamava Raffaele Cirulli), che è stato anche il mio maestro di canto.
Ma la cosa più importante è che arrivò al primo posto in classifica in Grecia, per cui mi venne organizzata in fretta e furia una tournée....pazzesco, sono arrivata ad Atene e vi erano i manifesti con la mia faccia, una situazione incredibile, feci subito spettacoli televisivi, realizzarono anche un video.
Il gruppo che mi accompagnava era quello di Ronnie Jones, all'avanguardia all'epoca....mi ricordo che suonammo allo “Stork Club” di Atene e venne a sentirci il principe d'Arabia che si trovava in Grecia in quel periodo.
La Phonogram mi fece registrare una versione di Vorrei in greco, intitolata Jaty, che significa Perchè, e fu prodotta da Niko Papathanassiou, fratello di Vangelis: e Jaty sostituì Vorrei in testa alle classifiche.
Pensa che io questi dischi nemmeno li ho; mi ha fatto molto piacere quindi qualche tempo fa trovare le due canzoni su You Tube, sia in italiano che in greco.....qualcuno evidentemente si ricorda ancora di Silva Grissi.

Poi però tornasti in Italia.....

Sì, per realizzare il secondo disco, Il processo, con cui partecipai a “Settevoci” di Baudo.....persona che poi ritornerà nella mia vita in seguito. Questa canzone era la versione italiana di End of the world degli Aphrodite's Child. Poi registrai anche Comme d'abitude, versione originale di My way, che uscì ma forse solo in Grecia....non mi ricordo.

FRAMMENTO DELL’INTERVISTA AD HAPPY RUGGIERO

Un'altra cantante della DKF è Silva Grissi, cioè Silvana Aliotta, che pochi anni dopo diventerà nota come cantante dei Circus 2000....come mai questo pseudonimo, visto che lei già aveva inciso con la Odeon con il suo vero nome?

Il perchè non lo ricordo, si usavano spesso degli pseudonimi se il nome non aveva, diciamo così, un bel suono.....forse abbiamo pensato che Aliotta suonasse male, chissà, o forse volevamo distaccarci dalla produzione precedente....comunque con lei abbiamo avuto un bel successo in Grecia, con una canzone, Vorrei, che era una rielaborazione dell’Adagio di Albinoni: successe che la Phonogram, che distribuiva la DKF, aveva stampato il disco in Grecia, ed aveva avuto un grande successo arrivando al primo posto in hit parade….per cui andammo ad Atene, si fece qualche televisione, e poi preparammo una versione della canzone tradotta in greco, che divenne Jatì e fu stampata dalla Phonogram su etichetta Polydor, ottenendo un nuovo successo….la registrammo con un’orchestra ad Atene, io la dirigevo, era una cosa anche emozionante.
E poi si fecero le serate.

Dopo quel disco la Aliotta pubblicò Il processo, che era una cover di “End of the world” degli Aphrodite’s Child….

Sì, una canzone ed un gruppo che avevamo conosciuto lì ad Atene; e poi se non vado errato deve aver fatto qualche altro 45 giri prima dei Circus 2000 sempre con la DKF, ma non ricordo i titoli.


1) Vorrei (Luciana Medini-Renato Scala-Raffaele Cirulli)
2) Sopra le nuvole (Savelli-Williams-Harrison)
3) Γιατί (N. Ελλήναιος - Raffaele Cirulli)
4) Panteboy (N. Ελλήναιος -Williams

mercoledì 23 febbraio 2011

I Campanino – Sera serena/Solo per un’estate (1961)

 










Di questo gruppo napoletano, i Campanino, abbiamo già parlato in un post riguardante un 45 giri con due brani strumentali, di cui uno era la celeberrima "Telstar"; questa volta invece vi sono due canzoni cantate.
Al contrario dell’altro disco, che in copertina raffigurava solo i due fratelli Campanino, in questo il gruppo è ritratto al completo nella sua formazione del 1961, con il batterista Ugo Fiorenzano, il bassista Aldo Sassone ed il sassofonista Alvaro Vicencio.
Questo è il secondo disco inciso dal gruppo per l’etichetta milanese Sahara: nel corso della loro carriera i Campanino, dopo gli inizi con la Jolly, hanno cambiato molte case discografiche, dalla RCA Camden all'Ariston, dalla Royal fino a La Mela, etichetta fondata da loro stessi.

Passiamo alle canzoni: “Sera serena” è una canzone estiva del cantautore napoletano Lello Caravaglios, che venne incisa anche da Nevil Cameron e dai Mattatori, mentre “Solo per un’estate” è scritta da Augusto Mauro e Matteo Treppiedi (anche se quest’ultimo non è riportato sull’etichetta).

1) Sera serena (Raffaele Caravaglios)
2) Solo per un’estate (Augusto Mauro – Matteo Treppiedi)

martedì 22 febbraio 2011

AA.VV. – Canzoni in automobile (2011)

SERIE: "LE GRANDI RACCOLTE PER LA GIOVENTU' " - VOL. 2

Ed eccoci giunti, dopo due mesi, al secondo volume della serie “Le grandi raccolte per la gioventù”, raccolte musicali virtuali, compilate in maniera tematica, grandi raccolte (e non compilation, come si usa oggi) per la gioventù in quanto si spera che possano essere utili per i più giovani lettori del blog, per conoscere canzoni ed interpreti di cui, forse, ignorano l'esistenza.
Il secondo volume raccoglie alcune canzoni legate da un filo conduttore: l’automobile.


CANZONI IN AUTOMOBILE

Il punto di partenza è quello che, a torto o a ragione, è uno dei simboli di Torino, al punto di citare la città all’interno della sua ragione sociale: la Fiat.
Al di là di come la si pensi in merito alle recenti vicende legate al contratto di Mirafiori, una cosa è sicura: se la Fiat decidesse di spostarsi da qualche altra parte, la città di Torino potrebbe pretendere il cambio di denominazione, magari da Fiat a Fiad, Fabbrica Italiana Automobili Detroit….in effetti anche quella I sarebbe di troppo….ecco, Faad ci starebbe bene (Fabbrica Americana Automobili Detroit).
E dire che nel 1967, nell’anno in cui con 750.000 lire si poteva comprare una 850 beige, a Mirafiori lavoravano circa 100.000 operai, contro i poco più di 5000 di oggi….
Ma non divaghiamo e torniamo alla raccolta….cominciamo con Lucio Dalla, che la apre, e che racconta di un’intervista di un giornalista inglese ad uno dei due Avvocati piemontesi per antonomasia (l’altro è Paolo Conte): questa canzone faceva parte di un 33 giri, “Automobili”, che conteneva alcuni brani tratti dallo spettacolo teatrale “Il futuro dell’automobile”, con testi di Roberto Roversi (che nell’album si firma con lo pseudonimo “Norisso”), e quindi in teoria ogni canzone del disco poteva rientrare in questa raccolta…abbiamo scelto una delle meno note.
Diversi sono, visto il tipo di antologia, i generi delle canzoni: si passa dai cantautori come il citato Dalla al demenziale di Marco Carena e della sua “Accessori auto”, dal beat dei “Barracuda” al melodico di Califano.
Vi sono alcune di queste canzoni che nel titolo hanno un modello di automobile, dalla “Torpedo blu” e “La Balilla” di Giorgio Gaber alla “Topolino amaranto” del già citato Conte, dalla 1100 di Rino Gaetano alla 500 di Latte e i suoi derivati e Francesco Baccini (che in “Il 500 innamorato”, scritta da Lorenzo Zecchino, dialoga con Arianna Stella, che interpreta una Ferrari rossa….!)….per arrivare alla “Milletré” di Domenico Modugno, che faceva parte di un disco pubblicitario realizzato dal cantautore pugliese per la Fiat.
In altre, invece, l’automobile è solo un pretesto per parlare d’altro, come in “Prete in automobile” di Luigi Tenco (pubblicata postuma nel 1972) o “Gino e l’Alfetta” di Daniele Silvestri.
L’automobile può essere un’aspirazione, come per il gruppo beat milanese dei “Barracuda”, che pubblica nel 1967 per la Metropol un 45 giri con sul lato A la canzone “Se avessi una macchina”, o un posto dove appartarsi con l’amante, come canta Bruno Lauzi.
La storia più poetica è però quella che racconta Pierangelo Bertoli: “Filastrocca a motore” è una delle sue canzoni più misconosciute, ma al tempo stesso è una delle più belle.
Alla prossima raccolta!

1) Lucio Dalla - Intervista con l’avvocato (Norisso-Lucio Dalla) 1976
2) Leo Maucieri – Scuola guida (Giorgio Calabrese-Goffredo.Canarini-Roger Miller) 1968
3) New Trolls – Autostrada (Gianni Belleno) 1970
4) Giorgio Gaber – Torpedo blu (Leo Chiosso-Giorgio Gaber-Giorgio Casellato) 1968
5) Domenico Modugno – La “Milletré” (Domenico Modugno) 1961
6) I Barracuda – Se avessi una macchina 1967
7) Marco Carena -. Accessori auto (Marco Carena) 1990
8) Paolo Conte – La Topolino amaranto (Paolo Conte) 1975
9) Franco Califano – Autostop (Franco Califano-Gianni Wright) 1979
10) Eugenio Finardi – Infinita autostrada (Eugenio Finardi-Danilo Madonia-Eugenio Finardi) 1984
11) Francesco Baccini – Il 500 innamorato (Lorenzo Zecchino) 1996
12) Loredana Berté – Un’automobile di trent’anni (Ivano Fossati) 1983
13) Bruno Lauzi – I due amanti in automobile (Bruno Lauzi) 1985
14) Rino Gaetano - L'operaio della Fiat (La 1100) 1974
15) Giorgio Gaber – La Balilla (tradizionale; rielaborazione: Giorgio Gaber) 1968
16) Patti Pravo – Autostop (Maurizio Monti-Paul Jeffery-Nicoletta Strambelli-Maurizio Monti) 1979
17) Latte & i suoi derivati – 500 sotto il sole (Claudio Gregori-Enrico Cosimi-Claudio Gregori) 1996
18) Alice – L’auto corre lontano, ma io corro da te (Mogol-Jimmy Webb) 1995
19) Luigi Tenco – Prete in automobile (Luigi Tenco) 1972
20) Pierangelo Bertoli – Filastrocca a motore (Pierangelo Bertoli-Marco Dieci) 1979
21) Daniele Silvestri – Gino e l’Alfetta (Daniele Silvestri) 2007

lunedì 21 febbraio 2011

Gianni Morandi – EP flexy












In appendice ai post sanremesi, oggi presentiamo un disco del presentatore del festival, Gianni Morandi: è un disco stranissimo, innanzitutto perché si tratta di un flexy celeste inciso da entrambi i lati, ed è l’unico che ho di questo tipo: gli altri hanno soltanto un lato inciso (non sono a conoscenza di altri flexy incisi da tutti e due i lati, se qualcuno ne sa qualcosa in più mi faccia sapere).
Ma non basta: è anche l’unico che ho che contiene quattro canzoni (gira a 33 giri).
Si tratta di una stampa russa, anzi per meglio dire sovietica, visto che l’etichetta è la Melòdia, la casa discografica di stato dell’Urss, nonché l’unica esistente fino alla caduta del muro di Berlino (caduta che ha causato tra l’altro la diffusione in Europa dei dischi delle t.A.T.u.).
Le quattro canzoni presenti sono tutte già edite in Italia, e le versioni mi paiono, ad un primo ascolto, le stesse: si tratta di “Fumo negli occhi” (versione in italiano di “Smoke gets in your eyes”, con il testo di Calibi, pseudonimo di Mariano Rapetti, padre di Mogol) , “Il giocattolo”, “La mia ragazza sa” e “In cerca di te”, successo di Nella Colombo del 1945.
Non vi è riportata la data ma, dalle canzoni inserite, tutte tratte da "Gianni 5", sicuramente è posteriore al 1968.

1) In cerca di te (solo me ne vo per la città) (Gian Carlo Testoni-Eros Sciorilli)
2) La mia ragazza sa (Franco Migliacci-Dario Farina-Piero Pintucci)
3) Il giocattolo (Franco Migliacci-Ubaldo Continiello-Bruno Zambrini-Luis Enriquez Bacalov)
4) Fumo negli occhi (Calibi-Jerome Kern-Otto Harbach)

sabato 19 febbraio 2011

La Strana Società – Andiamo via/Ma che ragione hai (1976)













E concludiamo questo excursus di quattro giorni su Sanremo con un complesso torinese, "La Strana Società", che partecipò al festival due anni di seguito, nel 1976 e nel 1977: ci soffermiamo sulla prima partecipazione, con “Andiamo via”, una canzone melodica che ricorda i Santo California, con una musica decisamente non memorabile, al confine con la banalità….e dire che tra gli autori ci sono nomi come Luigi Albertelli, Corrado Conti ed il maestro Franco Cassano.
Il maestro Cassano è autore anche della musica di “Ma che ragione hai” (pur firmandosi con lo pseudonimo Vostock), mentre il testo è del cantante della "Strana Società", Celestino Scaringella, e di Valerio Liboni; la canzone risale in realtà all’anno prececedente, infatti era già stata inserita come lato B del 45 giri “Cucciolo di donna”.
Ne approfitto per chiarire alcune cose sul gruppo, correggendo alcune imprecisioni lette qui e là, in libri e siti: la prima cosa è che il gruppo nasce da alcuni elementi che avevano suonato in precedenza nella seconda formazione dei "Ragazzi del Sole", storico gruppo beat torinese, che in vari momenti avevano abbandonato il gruppo originale (tra la fine del 1969 e i primi mesi del 1971), gruppo che NON si era sciolto (visto che continuò l'attività fino al 1983) ma aveva solo cambiato elementi....ma ai "Ragazzi del Sole" dedicheremo molti post in seguito, visto che l'intenzione è quella di ripercorrere la loro discografia completa.
Torniamo a "La Strana Societa": i primi componenti erano Valerio Liboni (batteria, ideatore del complesso), Gianni Foresti (basso), Carlo Lena (tastiere e chitarre) Cesare Gianotti (tastiere) e Celestino Scaringella (voce solista).
Foresti è il primo che lascia il gruppo, sostituito da Alfonso Dalicco nel 1973; nel 1974 Lena abbandona La Strana Società (oggi vive in Liguria, e qui potete visitare il suo sito), ed è sostituito da Roger Riccobono, mentre l'anno dopo è lo stesso Riccobono a lasciare il gruppo, sostituito da Umberto Tozzi (che registra due 45 giri), tra cui il citato "Cucciolo di donna/Ma che ragione hai", e che a sua volta è sostituito da Luigi Catalano.
La formazione quindi di Sanremo (e del lato A di questo disco) è Scaringella, Liboni, Dalicco, Gianotti e Catalano (come del resto si può vedere dalle cinque fotografie in copertina).

1) Andiamo via (Luigi Albertelli-Corrado Conti-Franco Cassano)
2) Ma che ragione hai (Valerio Liboni-Celestino Scaringella-Franco Cassano)

venerdì 18 febbraio 2011

Paolo Mengoli – Ahi! Che male che mi fai-Io senza te (1970)













Nel 1970 il festival viene vinto dalla celeberrima “Chi non lavora non fa l’amore”, che non è certamente la canzone migliore (come spesso succede....) : a mio parere sono sicuramente meglio la seconda e la terza, e cioè “La prima cosa bella” e “L’arca di Noè”.
Ma non parleremo delle canzoni famosissime (da “Eternità” a “La spada nel cuore”, da “Tipitipitì” a “Pa’ diglielo a ma’”), bensì, come al solito, di una scelta tra quelle dimenticate o quasi…..ed ho pensato ad “Ahi! Che male che mi fai”, la canzone che è presentata da Mengoli in abbinamento con “I Ragazzi della via Gluck”, e viene eliminata.
Mengoli è noto soprattutto per una canzone, “Perché l’hai fatto” (scritta da Mino Reitano) e per essere stato uno dei componenti della Nazionale Italiana Cantanti (…mi pare nel ruolo di portiere); in realtà ha inciso molte altre canzoni, e per due o tre anni ha frequentato le manifestazioni musicali dell’epoca come il “Cantagiro” o “Un disco per l’estate”.
Tornando ad “Ahi! Che male che mi fai”, la musica è scritta da Toto Cutugno (questo è il suo primo festival come autore), su testo di Cristiano Minellono, ed è sicuramente valorizzata dall’arrangiamento curato da Nando De Luca.
Mengoli, a mio parere, ricorda in certi momenti Gianni Morandi, suo conterraneo.
Il brano sul retro, “Io senza te”, ha una linea melodica più originale, scritta da Alfredo Ferrari, autore che ha lavorato spesso per il gruppo Ariston; l’arrangiamento di Massimo Salerno (fratello di Alberto, autore del testo, e figlio di Nicola Salerno, noto con lo pseudonimo Nisa e autore di molti testi per Carosone) è basato sul contrasto tra la strofa, con le percussioni, la batteria e l’organo in evidenza, ed il ritornello più tradizionale, con l’orchestra d’archi.

1) Ahi! Che male mi fai (Cristiano Minellono-Toto Cutugno)
2) Io senza te (Alberto Salerno-Alberto Ferrari)

giovedì 17 febbraio 2011

Rita Pavone – Zucchero-Nostalgia (1969)












Molti sono stati i cantanti torinesi che, a partire dal 1951 con il Duo Fasano, hanno partecipato alle varie edizioni del Festival di Sanremo: per limitarci alle ultime edizioni, abbiamo avuto i Subsonica con “Tutti i miei sbagli” (2000), gli Statuto con “Abbiamo vinto il festival di Sanremo” (1992), gli Eiffel ’65 con “Quelli che non hanno età” (2003), i Dottor Livingstone con “Al centro del mondo” (1999)….insomma, c’era l’imbarazzo della scelta, ma alla fine è caduta su Rita Pavone, cioè sulla più celebre cantante nata sotto la Mole ed a cui il blog non aveva ancora dedicato un post, finora (anche se su di lei ne sono pronti alcuni su varie rarità).
La canzone presentata a Sanremo nel 1969 da Pel di carota è “Zucchero”, scritta da Mogol e Luigi Clausetti (che si firma usando lo pseudonimo Ascri) per il testo e da Roberto Guscelli con il maestro Piero Soffici ed il figlio Roberto Soffici per la musica….viene, in genere, considerata un pezzo minore nella discografia della Pavone ma, riascoltandola, non mi sembra per niente male….!
Merito anche dell’arrangiamento, curato da John Fiddy, bassista ed arrangiatore con nomi quali David Essex e Petula Clark, di cui potete vedere un'immagine qui mentre invece qui potete leggere alcune notizie biografiche su di lui.
Dimenticabile invece il lato B, “Nostalgia”, scritta da Luigi Claudio per il testo e da Vittorio Bezzi e Carlo Scartocci (che si firma con lo pseudonimo Arden, che usava anche per le sue incisioni) per la musica.

1) Zucchero (Mogol–Luigi Clausetti-Roberto Guscelli-Piero Soffici-Roberto Soffici)
2) Nostalgia (Luigi Claudio-Vittorio Bezzi-Carlo Scartocci)

mercoledì 16 febbraio 2011

Angelica – Portami via-...e suonavano così (1972)












Come tutti sapete, è iniziato il Festival di Sanremo….e quindi, come avevo anticipato ieri, mi pareva giusto ricordarlo nel blog con un post, cercando però non uno dei “soliti” cantanti, ma tra i personaggi minori (spesso solo per fama e non per meriti artistici).
Ed ho pensato ad Angelica, una ragazza che come tante altre (Dominga, Niki, Barbara Lory, Lillian, per citarne alcune) ha tentato di emergere nel periodo a cavallo tra gli anni ’60 e i ’70, partecipando anche a molte manifestazioni musicali dell’epoca, senza però riuscire a fare il grande salto sul carrozzone della celebrità.
Angelica partecipa al Festival del 1972, vinto da Nicola Di Bari, che vede la partecipazione tra gli altri dei Delirium di Ivano Fossati con la celeberrima “Jesahel”, di Marcella con “Montagne verdi”, di Lucio Dalla con “Piazza Grande”, di Anna Identici con “Era bello il mio ragazzo” e di Gianni Morandi con quella che, a mio parere, è forse la sua canzone più brutta: “Vado a lavorare”.
Angelica non riesce ad andare in finale ed è eliminata, in buona compagnia: ci sono artisti come Pino Donaggio, Bobby Solo, i Nuovi Angeli, Michele, Fausto Leali ed una certa Carla Bissi (futura vincitrice).
Ma passiamo alla canzone: “Portami via” ha un andamento da sirtaki che mi ricorda certe canzoni di Iva Zanicchi del periodo (da “Fiume amaro” a “La riva bianca, la riva nera”), e devo dire che anche la voce di Angelica ha delle similitudini con quella dell’Aquila di Ligonchio: ovviamente si parva licet (la Zanicchi è ad un livello superiore).
Sul retro viene invece riciclata “…e suonavano così”, già pubblicata su 45 giri nel 1970, canzone gradevole ed orecchiabile.
Tutto sommato Angelica (al secolo Donatella Farinelli, nata a Castelleone, in provincia di Cremona, il 14 giugno 1947) avrebbe meritato maggior fortuna:

1) Portami via (Luciana Medini-Mario Mellier)
2) …e suonavano così (Luciana Medini-Mario Mellier)

martedì 15 febbraio 2011

Patrizia – Stallone (parte 1 & 2) (1980)












Stasera inizierà il Festival di Sanremo, e quindi da domani anche il blog ne terrà conto....ma per adesso possiamo ancora continuare con i soliti post e, seguendo la logica dell'alternanza, oggi tocca ad una proposta musicale torinese: una produzione da discoteca, con una canzone divisa in due parti scritta da tre musicisti torinesi che in quel 1980 erano il batterista (Valerio Liboni, ex componente dei Ragazzi del Sole e de La Strana Società), il bassista (Daniele Torchio) e il chitarrista (Roger Riccobono) dei Nuovi Angeli, coadiuvati da Gualtiero Gatto (discografico, titolare della Gattocicova).
Si tratta di un brano oggettivamente mediocre, cantato da una sconosciuta Patrizia, che immagino essere la ragazza raffigurata in copertina in una posa che non lascia adito a dubbi su a che cosa si riferisca il titolo della canzone e che, visti gli autori e l’etichetta, immagino essere anch'essa torinese (….ma non l’ho mai conosciuta, se no la ricorderei sicuramente).
Il testo recita frasi come “Stallone, fammi un po’ vedere….datti un po’ da fare…cresce….il ritmo”: potrebbe quasi essere un testo di una canzone tratta da “Mutando”, “Arrapaho” o altri dischi degli Squallor.
Pubblicato dalla Drums, etichetta attiva dai primi anni ’70 sui cui ritorneremo.

1) Stallone parte 1 (Valerio Liboni – Daniele Torchio – Roger Riccobono – Gualtiero Gatto)
2) Stallone parte 2 (Valerio Liboni – Daniele Torchio – Roger Riccobono – Gualtiero Gatto)

domenica 13 febbraio 2011

Margherita - Comme/Tu sei pallido (1964)












Nel post relativo a "Scrivi, ti prego" di Silvano Silvi abbiamo scritto che quel brano era il primo ska italiano, ma non il primo ska in italiano: infatti il brano di Silvi, del 1965, è il primo ska scritto da autori italiani, ma era stato preceduto da altre canzoni, tutte cover di canzoni straniere.
Sempre nel 1965 Les Surf, il complesso malgascio che in quel periodo andava per la maggiore in tutta Europa, avevano inciso “Un grosso scandalo”, cover di “Shame and Scandal in the Family”, successo di Lance Percival, scritto da Sir Lancelot (che lo incise per primo nel 1943 con un testo leggermente diverso) e da Lord Melody (che cambiò il testo di Lancelot), ma inciso anche da Peter Tosh con l’accompagnamento degli Skatalites e da innumerevoli altri artisti, con il testo in italiano scritto da Luciano Beretta (molto fedele all'originale, con una storia divertente).
Giià l'anno precedente però vi era stata una canzone in italiano nel celebre ritmo giamaicano: si tratta di "Tu sei pallido", inciso da Margherita (Margherita Cappellazzi, nata a Parma nel 1948) come retro di "Comme", la canzone con cui aveva gareggiato al Festival di Napoli 1964 in abbinamento con Giordano Colombo; anche nel retro di copertina, come potete vedere, viene scritto che la canzone è uno ska (negli Stati Uniti) o un  blue-beat.
"Tu sei pallido" non è però un brano originale come "Scrivi, ti prego", ma una cover, di "My boy lollipop", il successo di Millie Small di qualche mese precedente, che era a sua volta la cover di una canzone del 1956, scritta da Morris Levy e Johnny Roberts, discografici della Roulette Records, ed incisa da una ragazzina di quindici anni, Barbie Gaye, con successo relativo (in questa versione la canzone era intitolata "My boy lollypop", con una y al posto della i).
Qualche anno dopo, quando Chris Blackwell (fondatore della Island) cercava un brano da far incidere a Millie Small per il suo debutto, "My boy lollipop" era già quasi dimenticato: il merito del successo mondiale ottenuto dalla canzone nella versione di Millie è sicuramente dell'arrangiamento curato dal chitarrista giamaicano Ernest Ranglin, che suona nel disco (ed all'armonica c'è Jimmy Powell dei "Five Dimension").
Nel corso degli anni innumerevoli sono le cover del brano, da quella dei Bad Manners ai Selecter...cosa dire di questa versione in italiano? Ricalca l'arrangiamento originale, ovviamente, ma è un peccato che non si conoscano i nomi dei musicisti (componenti dell'orchestra diretta da Piero Soffici) che, nel 1964, hanno suonato in questo brano, in particolare l’armonicista dell’assolo centrale e la sezione fiati.
Il disco è uscito probabilmente con due copertine diverse: infatti in un trafiletto della rivista "Giovani" riportato qui a destra pare avere una grafica diversa rispetto a quella in nostro possesso, ed inoltre le due canzoni risultano avere i lati invertiti.
Ah dimenticavo di dire una parola sul lato A: l'autore del testo è il mio amico Alberto Testa (anche se nell'etichetta il suo nome non è riportato), che vorrei ricordare qui, a più di un anno dalla sua scomparsa; la musica è un valzer lento cantato dalla brava cantante parmigiana in napoletano….sicuramente è più a suo agio nel lato B.
Come bonus track abbiamo inserito anche la versione originale di Barbie Gaye e quella di Millie Small di "My boy lollipop", ed inoltre le due versioni di "Un grosso scandalo" con l'originale di Sir Lancelot.....tanto per ripassare un po' la storia dello ska.

1) Comme (Alberto Testa-Enzo Bonagura-Flavio Carraresi)
2) Tu sei pallido (Leo Chiosso-Morris Levy-Johnny Roberts)
Bonus track: 3) Barbie Gaye - My boy lollypop (Morris Levy-Johnny Roberts)
           4) Millie Small - My boy lollipop (Morris Levy-Johnny Roberts)
           5) Les Surf - Un grosso scandalo (Luciano Beretta-Sir Lancelot-Melody Lord)
           6) Dalida - Un grosso scandalo (Luciano Beretta-Sir Lancelot-Melody Lord)
           7) Sir Lancelot - Shame and scandal in the family (Sir Lancelot-Melody Lord)

sabato 12 febbraio 2011

Fred Buscaglione - 16 successi di Fred Buscaglione (1959)












Per questo post devo innanzitutto ringraziare un amico del blog, Albino (che è il gestore del bel sito C'era una volta...l'avanspettacolo ): Albino infatti si è occupato della scansione in digitale di ques'album di Fred Buscaglione del 1959, che possiede nell'edizione originale (con la data sul vinile 18 dicembre 1959).
Oltre che dall'etichetta interna, uno degli elementi per poter distinguere la ristampa dalla prima versione del disco è il retro di copertina: infatti quest'ultima riporta come sede della Cetra a Torino via Amedeo Avogadro 30 (come era nel 1959), mentre la ristampa, oltre che essere diversa graficamente, ha l'indirizzo nuovo di via Bertola 34, dove la casa resterà fino alla chiusura nel 1976 ed al trasferimento a Milano (città che è solita "rubare" molte cose inventate sotto la Mole, a partire dalla moda....).
"16 successi di Fred Buscaglione" è il primo LP di Buscaglione stampato in formato 30 cm invece di 25, ed è il sesto della sua carriera; si tratta di una raccolta di canzoni già note, pubblicate in precedenza in vari formati: 78, 45 e 16 giri ed EP.
La più vecchia è "Che bambola", che risale a novembre del 1955 (sul retro del 78 giri vi era "Giacomino"), mentre la più recente è "Il dritto di Chicago", pubblicata qualche mese prima.
La maggior parte di queste canzoni sono notissime e sono scritte dallo stesso Buscaglione per le musiche e dal suo paroliere storico, il chierese Leo Chiosso, per i testi: fanno eccezione "Le Rififi", canzone del pianista francese Philippe Gérard (pseudonimo di Philippe Bloch), con il testo di Jacques Larue (il cui nome non è riportato nel disco di Buscaglione), "Si sono rotti i Platters", con musica di Gualtiero Malgoni (qui in copertina salta invece la firma di Chiosso), autore anche di "Guarda che luna", sia della musica che del testo (Elgos è un suo pseudonimo), "Al chiar di luna porto fortuna", musica di Carlo Alberto Rossi e parole di Alberto Testa, ed infine "Mi sei rimasta negli occhi", il cui testo è di Mario Pogliotti dei "Cantacronache".
Non mi dilungo su "Nando 'd Piazza Cavour", sicuramente la figura più rilevante espressa dalla musica leggera torinese del secondo dopoguerra, almeno fino a Rita Pavone: esistono molti volumi biografici su di lui e sulla sua opera, ultimamente ne è stato pubblicato uno curato da Giancarlo Susanna intitolato "Nientepopodimeno che... Fred Buscaglione!", ben fatto ed interessante, come è anche molto utile per chi voglia approfondire la sua vicenda biografica "Fred Buscaglione, una vita in musica", di Maurizio Ternavasio, libri che si trovano entrambi ancora in commercio.Ricordiamo infine il complesso di Buscaglione, gli Asternovas, la cui formazione variò nel corso degli anni e che vide, tra gli elementi principali, Franco Pisano alla chitarra, il fratello Berto Pisano al contrabbasso (poi sostituito da Nino Gay e da Umberto Buscaglioe), Gianni Saiu, Oreste Corrado e Lino Garavelli alla chitarra, Pietro Silvestri, Carletto Bistrussu, Carlo Guagnini e Ulderico Rovero alla batteria, Nino Cianfanelli al sax, Sergio Valenti al clarinetto e al sax contralto, Giorgio Giacosa al sax, al clarinetto e al flauto, Giulio Libano, Dino Arrigotti e Paolo Zavallone al pianoforte.

LATO A

1) Eri piccola così (Leo Chiosso-Fred Buscaglione)
2) Che bambola! (Leo Chiosso-Fred Buscaglione)
3) Il dritto di Chicago (Leo Chiosso-Fred Buscaglione)
4) Love in Portofino (Leo Chiosso-Fred Buscaglione)
5) Le rififi (Philippe Gérard)
6) Si sono rotti i Platters (Leo Chiosso-Gualtiero Malgoni)
7) Ciao Joe (Leo Chiosso-Fred Buscaglione)
8) Sofisticata (Leo Chiosso-Fred Buscaglione)

LATO B

1) Guarda che luna (Elgos-Gualtiero Malgoni)
2) Whisky facile (Leo Chiosso-Fred Buscaglione)
3) Al chiar di luna porto fortuna (Alberto Testa-Carlo Alberto Rossi)
4) Che notte (Leo Chiosso-Fred Buscaglione)
5) Porfirio Villarosa (Leo Chiosso-Fred Buscaglione)
6) Mi sei rimasta negli occhi (Mario Pogliotti-Fred Buscaglione)
7) Criminalmente bella (Leo Chiosso-Fred Buscaglione)
8) Teresa non sparare (Leo Chiosso-Fred Buscaglione)

venerdì 11 febbraio 2011

Bruno Filippini - Canzone d'amore-Hip, hip, hip, hurrah! (1968)












Mi ricordo che, alla fine degli anni ’70, andai a vedere in concerto Angelo Branduardi….e ad un certo punto cantò una canzone, accompagnandosi con la sola chitarra, i cui versi iniziali dicevano “Ai giochi addio, per sempre di’, non sono più cose per te…”.
Pensai che la canzone facesse parte di qualche LP del cantautore di Cuggiono che non avevo…provai a cercarla in giro, ma non era presente in nessun album di Branduardi, e mi convinsi che, probabilmente, fosse un lato B di qualche 45 giri pubblicato ad inizio carriera.
Solo dopo qualche anno scoprii che, in realtà, si trattava di una canzone tratta dalla colonna sonora del film “Romeo e Giulietta” di Franco Zeffirelli, cantata da Bruno Filippini (che conoscevo per “Sabato sera”), e che era stata scritta dal grande Nino Rota…e scoprii anche che Branduardi, amando questa canzone, la eseguiva spesso dal vivo.
In effetti, le atmosfere acustiche, con il flauto in evidenza, si adattano molto allo stile da menestrello medioevale del cantautore; qualche anno dopo ne incise una sua versione anche Luciano Pavarotti.
Tornando al post, Filippini, che fino a quel momento aveva inciso per lo più canzoni spensierate, se la cava egregiamente.
Una nota sull’autore del testo: l’etichetta riporta il cognome Caruso, tuttavia alla Siae le parole risultano essere depositate a nome di Giancarlo Guardabassi…..l’ennesima discrepanza tra vero autore e firme sull'etichetta.
La canzone sul retro, “Hip, hip, hip hurrah!”, è una cover di “1, 2, 3, red light” dei 1910 Fruitgum Co., che la incisero anche in italiano (così come i Quelli); la canzone dava il titolo al secondo album del gruppo americano.
L’orchestra nelle due canzoni è quella di Piero Pintucci.

1) Canzone d’amore (Caruso – Nino Rota)
2) hip, hip, hip, hurrah! (Gianni Sajust - Sal Trimachi - Bobbi Trimachi)

giovedì 10 febbraio 2011

Gli Uh! – Oh no, non credo-Se ci fossi tu (1967)












Originari di Biella, gli Uh! (da non confondere con gli Who….) iniziano l’attività discografica a Torino: sotto la guida infatti del loro produttore, il torinese Vic Nocera (noto anche come paroliere, nonchè agente esclusivo per il Piemonte degli artisti del Clan Celentano) ottengono un contratto discografico con la torinese Moon Records Cedi del maestro Dell'Utri, la stessa casa discografica che, con la denominazione “Italia Canta”, aveva pubblicato le prime incisioni dei Cantacronache e di Fausto Amodei, Margot e Silverio Pisu.
A partire dal 1966 l’etichetta si era avvicinata al beat, stampando i dischi di gruppi come i Phantom o i Volti ’70 o della cantante Silvana Dei.
Come hanno raccontato gli stessi Uh! a Giorgio Pezzana (nel bel libro biografico a loro dedicato), le due canzoni del loro primo 45 giri gliele aveva fatte conoscere Teo Teocoli, allora cantante dei Quelli, che era andato a trovarli nella loro sala prove a Biella portando alcuni 45 giri che aveva comprato in America, tra cui vi erano “Hold on I’m coming” di Sam & Dave e “I’ve been loving you too long” di Otis Redding: la prima diventò in italiano “Oh no, non credo”, la seconda “Se ci fossi tu”, ed il disco venne pubblicato nella primavera del 1967 (sul vinile vi è stampata la data del 22 maggio).
La copertina raffigura il complesso al Valentino, e sullo sfondo è possibile intravedere un ponte sul Po.
Due cose da notare: nelle etichette del disco non sono riportati gli autori del testo in italiano, ma solo quelli della versione originale; inoltre Nat Romano, che ha curato gli arrangiamenti delle due canzoni, è lo pseudonimo del maestro Romano Farinatti.

1) Oh no, non credo (Hold on I’m coming) (Isaac Hayes – David Porter)
2) Se ci fossi tu (I’ve been loving you too long) (Otis Redding – Jerry Butler)

mercoledì 9 febbraio 2011

Miranda Martino – Se il mondo cambiasse/Ciao amore goodbye (1970)

 





 
Nella seconda metà degli anni ’60 il successo di Miranda Martino è decisamente in fase calante: la brava cantante passa infatti da un’etichetta all’altra (Zeus, Victory, Roman Record Company, Hello), incidendo 45 giri che restano lontani dalle classifiche di vendita.
Questo del 1970 che presentiamo oggi ha la particolarità che la canzone sul lato A, “Se il mondo cambiasse”, è scritta, per quel che riguarda il testo, da Stefano Rosso, che in quel periodo fa parte di un duo con il fratello (“L’Arca di Noè” in alcuni dischi e “Remo & Romolo” in altri), mentre la musica è di Roberto Gigli.
Nell'etichetta il vero cognome del cantautore, e cioè Rossi, scompare (il solito "mistero" delle firme delle canzoni in quegli anni.....).
"Se il mondo cambiasse" è un tentativo, da parte della Martino, di modernizzare il proprio repertorio, ed in effetti la canzone è ben arrangiata da Alberto Baldan e ben suonata, e la voce della cantante mi ricorda, in certi punti della strofa, Nada (…ma forse è solo una mia impressione?).
“Ciao amore goodbye” è invece una canzone un po’ anonima, cover di “Il faut regarder les etoiles” di Michel Delpech, del 1967 ( qui la copertina del disco francese).
Particolarmente curata la copertina, che è apribile: la casa discografica di Fischietti, Proietti e Pulvirenti curava in particolare l’aspetto grafico, e molti 45 giri hanno una copertina di questo tipo.


1) Se il mondo cambiasse (Stefano Rosso – Roberto Gigli)
2) Ciao amore goodbye (Roberto Gigli – Michel Delpech – Roland Vincent)

martedì 8 febbraio 2011

Vinilmania Milano, 12-13 Febbraio

Ci scrive Frank Dee

Ciao.
Volevo avvisarti che sabato e domenica prossimi ci sarà Vinilmania, al consueto Parco Esposizioni di Novegro (vicino Linate).
Domenica 13 ci sarà la presentazione del volume  "I Complessi Italiani 1944-1963", ad opera dello stesso autore, Maurizio Maiotti.
Per l'occasione ci saranno (confermati) Gerry Bruno, Guidone, Riz Samaritano, Potito Dipace e altri.
A presto!
                                                          Frank 

 

lunedì 7 febbraio 2011

Cantovivo – Leva la gamba (1979)

 










Ho conosciuto Alberto Cesa nel 1990 o 1991, in occasione di alcuni concerti che abbiamo effettuato con altri artisti tra cui i Cantovivo, il gruppo fondato da Cesa, Donata Pinti e Franco Lucà nel 1974.
Non riesco a ricordarmelo senza ghironda: anche nei momenti in cui non si suonava, il suo strumento era sempre lì presente….una grande persona, oltre che un grande artista.
Purtroppo ci ha lasciati poco più di un anno fa, il 6 gennaio 2010, e sono sicuro che, come al solito, Torino lo dimenticherà in fretta, purtroppo.
Per ricordarlo nel blog, oggi parliamo di quello che forse è il disco più celebre dei Cantovivo, “Leva la gamba”, del 1979, l’album che vinse il Grand Prix International du Disque di Montreux e che consentì al gruppo di effettuare tournée in tutta Europa.
Nel 1979 Peter Gabriel non aveva ancora scoperto la world music, Paul Simon non aveva ancora inciso "Graceland" e, per rimanere in Italia, Fabrizio De André e Mauro Pagani non avevano ancora progettato “Creuza de ma”: ma c’era già qualcuno che stava percorrendo quella strada, riscoprendo le antiche melodie delle valli piemontesi e dell’Occitania e le musiche studiate nell’800 da Costantino Nigra.
Tutti i brani sono tradizionali, rielaborati dai Cantovivo; alla rielaborazione dei brani, per quel che riguarda la parte musicale, collabora Toni Asquino, cantautore torinese attivo dai primi anni ’70.
L’unica eccezione è ‘’Il disertore’’, traduzione della canzone francese ‘’Le deserteur” di Jean Loup Baly (da non confondere con l’omonimo brano di Boris Vian); la canzone più famosa dell’album è però “Barbagal”, riproposta in seguito dai Cantovivo in altre incisioni successive.
Il disco, pubblicato dalla Ponzo Records, etichetta torinese (di cui riparleremo in altri post) distribuita dalla CGD, è anche molto curato dal punto di vista grafico, con la copertina apribile e, all’interno, tutti i testi in piemontese con la traduzione.

LATO A

1) Giga
2) Diga janeta
3) La mau marideia
4) Danza dell’estate
5) Donna lombarda

LATO B

1) Bourreé
2) Barbagal
3) Il disertore
4) Danze di Bagolino
5) Questua delle uova
6) Leva la gamba

domenica 6 febbraio 2011

Ruggero Oppi – Ai Romani piaceva la biga/Ninetta (1961)

 










Intervistato da “Musica leggera”, nel numero 12 del 2010, Francesco Guccini ad un certo punto ha ricordato un batterista-cantante bolognese, ed una sua canzone, “Ai Romani paceva la biga”…..cerchiamo di sapere qualcosa in più su questo brano.
Nel 1952 viene depositata alla Siae una canzone, scritta per quel che riguarda la musica da Max Springher, violinista jazz con uno stile simile a quello di Stéphane Grappelli, attivo in Italia a partire dagli anni ’30, mentre il testo è scritto da Mario Panzeri e Gian Carlo Testoni: il brano si intitola “Ai Romani piaceva la biga”.
I due parolieri due anni prima hanno scritto il testo di “Grazie dei fior”, canzone vincitrice del primo festival di Sanremo: canzone sicuramente agli antipodi di “Ai romani piaceva la biga” che, come si intuisce facilmente, è tutta basata sul doppio senso (….anzi direi quasi un senso unico!).
La canzone entra nel repertorio del complesso di Ruggero Oppi, batterista jazz titolare di un complesso in cui, negli anni ’40, ha suonato come clarinettista Henghel Gualdi, partecipando anche ad alcune incisioni con Gualdi e con Luttazzi per la CGD (ad esempio per Teddy Reno).
Dopo aver creato un complesso a suo nome, che nel corso degli anni cambierà nome più volte (da “Humor Ritmico” a “Ruggero Oppi e il suo Quintetto”) si esibisce nei night di tutta Italia, inizialmente con un repertorio jazz, e nel 1954 pubblica un corso per batteristi pubblicizzato anche su “Musica e dischi”.
Nella seconda metà degli anni ’50 si specializza in canzoni con doppi sensi, come “Miss Arrizza” e come questa del post odierno, che incide una prima volta nel 1958 per la Music, con il titolo accorciato in “La biga” (chi fosse interessato a questa versione la può trovare nel bel blog Generazioni e "Pick-Up" , blog che consiglio a tutti).
Per un certo periodo il cantante del complesso è Sergio Endrigo: è lo stesso cantante istriano a raccontarlo , ma non sappiamo se abbia anche inciso qualche disco con Oppi oppure no.

Dopo esser passato alla Combo, il batterista reincide la canzone, questa volta con il titolo completo, e questa è la versione di questo 45 giri, che la Combo pubblica sulla sottoetichetta Humor.
Molti sono gli artisti che hanno inciso in seguito questo brano: citiamo solo Riz Samaritano, che la registrò nel 1967 come lato B di “Il vampiro”.
Nello stesso filone è “Ninetta”: nel sito della Siae la canzone risulta scritta da Testoni con Ruggero Oppi, ma nell’etichetta è riportato come coautore Lidianni (che è, in realtà, uno pseudonimo usato dallo stesso Testoni)

1) Ai romani piaceva la biga (Mario Panzeri – Gian Carlo Testoni – Max Springher)
2) Ninetta (Lidianni – Ruggero Oppi)

sabato 5 febbraio 2011

Antonella Bottazzi – In me ci sono due me/La prima volta (1975)













Questo 45 giri mi è stato regalato tre anni fa da Alfredo Rossi, che ho intervistato recandomi a Milano qualche mese prima che morisse, dopo essere stato invitato telefonicamente da lui….una bella giornata trascorsa a casa sua, ammirando fotografie (una autografata con dedica da Nat King Cole), dischi d’oro appesi qui e là, cimeli vari…...
In quell’occasione mi regalo moltissimi dischi, tra cui alcune rarità, ed anche tre copie di questo della cantautrice piemontese Antonella Bottazzi (nata a Rocchetta Ligure, che nonostante il nome si trova in provincia di Alessandria).
Non conoscevo questo 45 giri, non sapevo nemmeno che la Bottazzi avesse inciso per la Ariston (dopo la Spark), e non l’ho nemmeno mai visto con la copertina (le copie che mi sono state date hanno tutte questa generica della Ariston).
La Bottazzi mi è sempre piaciuta: purtroppo però non sono in molti a pensarla come me, visto e considerato che, nonostante i dischi incisi, non ha avuto certo il successo che meritava…ed è anche stata sfortunata, visto che è mancata nel 1997 a soli 53 anni per un tumore.
Mi piace, nel piccolo di questo blog, contribuire a farla conoscere (in futuro parleremo di altri suoi dischi) iniziando con queste due canzoni: una, “In me ci sono due me”, più ritmata (con un testo che affronta una tematica molto “vecchioniana”, cioè quella del doppio che è in ognuno di noi) e l’altra, “La prima volta”, più intimistica, in cui si parla delle delusioni d’amore.
Gli arrangiamenti e la produzione sono curati da Pino Massara.

1) In me ci sono due me (Antonella Bottazzi)
2) La prima volta (Antonella Bottazzi)