....e dopo qualche giorno, ritorniamo a parlare di musica e dischi...
Daniele Pace, nato a Milano da genitori pugliesi, è una di quelle figure rilevanti della storia della musica leggera italiana, la cui importanza è stata forse recuperata solo post mortem: per anni la critica seria e paludata ha accostato il suo nome, insieme a quelli di Mario Panzeri e Lorenzo Pilat, come simboli della canzonetta orecchiabile e leggera di bassa qualità, mentre invece la storia di Pace, a partire dall’esperienza con i Marcellini per passare a quella di autore (senza tralasciare peraltro quella come componente degli Squallor), è la storia di un paroliere e compositore sempre personale, spesso ironico e giocoso ma anche profondo, con una capacità di scrittura non comune.
Su Pace sono in preparazione molti post, anche su alcune incisioni risalenti ai primi anni ’60; tuttavia iniziamo con quella che è sicuramente la sua canzone da solista più nota, “Che t’aggia fa”, che era la sigla della trasmissione televisiva “La sberla” nel 1979.
Il brano, in napoletano, non avrebbe sfigurato all’interno di uno degli album degli Squallor, e ricorda lo stile di Totò Savio, per intenderci; il testo è di Pace e Francesco Grossi, mentre la musica di Pace e Corrado Conti, maestro del teatro La Scala di Milano e spesso collaboratore di Pace.
Sul retro vi è la versione strumentale del brano.
1) Che t'aggia fà (Daniele Pace-Francesco Grossi-Corrado Conti-Daniele Pace)
2) Dimme che t'aggia fà (Corrado Conti-Daniele Pace)
Vito, mi aggancio a questo tuo "pezzo" per rimarcare una cosa: dal momento che molte canzoni del periodo (quelle di Pace comprese) portano la firma di C(orrado) Conti, spesso vengono attribuite (con una certa faciloneria e pressappochismo) a Carlo Conti, che - a parte una breve parentesi canterina all'inizio dei '90 - non ha avuto a che fare col mondo delle sette note. Grazie dello spazio e... continua così!
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